Una casa, finalmente

La storia: un anno fa dormiva al freddo, su un giaciglio improvvisato
Un passato misterioso. La dura vita da clochard. Poi l'incontro decisivo con la Comunità di Sant'Egidio. Grazie alla quale è rinato.

Un anno fa dormiva accoccolato sotto i portici, nel cuore di Torino. Oggi ha una casa. Una casa vera, calda e accogliente. Quella di Gabriele F. (54 anni) è una storia di rinascita, fiorita grazie all'impegno della Comunità di Sant'Egidio, che nel capoluogo piemontese (come in tantissime altre città in Italia e nel mondo) cammina a fianco degli ultimi, a cominciare proprio dalle persone senza dimora.
Gennaio 2021: inverno in piena pandemia, zone rosse, vita cittadina 
ridotta all'osso. Durante un giro serale con i volontari di Sant'Egidio (che a chi dorme in strada offrono cibo e tè caldo, ma soprattutto amicizia) avevamo conosciuto Gabriele. La sua dimora di cartone era sistemata davanti alla filiale di una banca, in quello che i torinesi chiamano "il salotto buono", la centralissima piazza San Carlo, erede di antichi fasti ma, negli ultimi anni, divenuta (anche) rifugio per tanti, uomini e donne, che vi passano la notte sotto coperte di fortuna. Lì, come dappertutto, l'inverno sa ancora essere feroce con chi vive all'aperto.
Guanti di lana e cappello calato fin quasi a coprire gli occhi, Gabriele 
F., 54 anni, ci aveva raccontato la sua quotidianità: la durezza di una città piena di gente in cui, però, ci si sente soli, le tante paure, la fatica di andare avanti, le code sfibranti nelle mense cittadine, ma anche l'amicizia con i volontari, le serate nella chiesa dei Santi Martiri (un punto di riferimento che la Comunità di Sant'Egidio mette a disposizione di tutti i suoi amici), perfino la fugace vicinanza di qualche passante, forse incuriosito dai modi gentili e distinti che Gabriele ha sempre mantenuto.
Elisa Ferrero, volontaria della Comunità, conserva un'istantanea precisa del loro primo incontro: in una notte d'inverno, un uomo smarrito, avvolto in un loden, forse l'ultimo appiglio a una vita precedente. In piazza San Carlo c'era chi si fermava a scambiare due parole con lui e magari gli regalava un libro, conoscendo la sua grande passione per la lettura. Un'esistenza fragile come cristallo, costantemente in bilico, ma che, grazie al legame con amici speciali, ha trovato lo slancio per ripartire.
«Stare in strada non è una condanna a vita. 
E questa esperienza è una scommessa affettiva vinta» spiega Daniela Sironi, responsabile regionale Comunità di Sant'Egidio. «Persone vittime delle malattie, delle dipendenze, della fragilità psichica, delle fratture sociali, possono trovare una liberazione e riprendere in mano la propria vita, se c'è chi crede in loro. Una persona è sempre più dei suoi problemi. E nessuno è mai perduto per sempre».
Così, un piccolo appartamento di edilizia popolare (che non poteva essere assegnato perché ormai inagibile) è stato completamente rimesso a nuovo dalla Comunità, diventando la Casa di Modesta 
(così chiamata in ricordo di Modesta Valenti, donna senza dimora morta tragicamente, senza soccorsi, il 31 gennaio 1983, una figura molto cara ai volontari di Sant'Egidio e un simbolo per chi vive la sua stessa condizione). È in questa casa che oggi Gabriele abita, insieme con Angelo (anche lui con un passato in strada). Due persone diversissime, che però hanno trovato un loro equilibrio e hanno appena festeggiato il primo anno da coinquilini. Il giorno di Natale hanno potuto ospitare, per pranzo, un paio di amici. Ed è andato a salutarli anche l'arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia.
Ogni giorno è un passo, piccolo ma decisivo: le cure mediche, il vaccino anti-Covid, i documenti da ricostruire, le pulizie in casa, la soddisfazione di cucinare una cena, nei prossimi mesi forse anche una borsa lavoro. Passi sempre accompagnati da una rete di sostegno e affetto, «perché autonomia», spiega ancora Sironi, «non vuol dire solitudine. E una casa non è fatta solo di muri, ma è un posto nel cuore di qualcun altro».
Oggi Gabriele è una persona trasformata: ci mostra, sorridendo, i suoi nuovi vestiti, i libri ben ordinati negli scaffali (ne ha ben 76, di ogni genere, da Ken Follett a Luciana Littizzetto), la poltrona dove è bello sedersi a leggere, l'orchidea da innaffiare ogni lunedì. Pochissimo sappiamo del suo passato (pare abbia girato il mondo), anche perché Gabriele resta una persona fragile e spesso, nella sua mente, realtà e fantasia s'intrecciano.. Ma ora il passato, per quanto doloroso, è alle spalle. Ciò che conta sono il presente e il futuro. E Gabriele è pronto ad andarvi incontro, con fiducia, potendo sempre contare su una grande famiglia che non lo lascerà solo.

 

 


[ Lorenzo Montanaro ]