Roma, una «chance» alla pace. «Conosciamo troppe guerre»

Roma, una «chance» alla pace. «Conosciamo troppe guerre»

La mobilitazione di Sant'Egidio
La risposta della gente in piazza Santi Apostoli è stata sorprendente. Gruppi cattolici, politici e Ong alla manifestazione

Si leva da Roma il grido forte delle associazioni, della società civile, delle religioni, dei cittadini che dicono no al braccio di ferro russo-ucraino, che rischia di riportare la guerra in Europa.
Piazza Santi Apostoli è piena: ragazzi, anziani, bambini, famiglie, stranieri. La manifestazione convocata ieri sera in fretta dalla Comunità di Sant'Egidio dà voce a tanta gente comune che ripudia la guerra. La scorciatoia vile che travolge la politica, produce odio, crea povertà.
Oltre 50 le adesioni arrivate: Focolarini, Giovanni XXIII, Centro Astalli, Amnesty, Emergency, Tavola della pace, Azione Cattolica, Acli, Caritas, Scout, Focsiv, Misericordie, Auxilium. Ci sono le organizzazioni di ortodossi, evangelici, ebrei, islamici, buddisti. Senza bandiere, i sindacati e i partiti: Pd, Iv, Si, Demos, Fi, con diversi parlamentari, e anche il ministro Andrea Orlando.
Sul palco comincia Giulia Ricca, dei giovani di Sant'Egidio. Poi il presidente Marco Impagliazzo: «Il nostro - scandisce- è un rifiuto radicale dell'utilizzo, in qualunque forma, dello strumento militare per risolvere contenziosi. Il Papa ha detto con chiarezza che la guerra è sempre una pazzia. La politica e la diplomazia risolvono i problemi, la guerra li moltiplica. Abbiamo visto centinaia di migliaia di profughi cercare un futuro in Europa». E avverte: «Se la casa del vicino brucia prima o poi brucerà anche la nostra. Senza ingenuità sappiamo che forze immense, interessi potenti e agende nascoste si stanno confrontando senza risparmiarsi. La Comunità di Sant'Egidio - chiarisce Impagliazzo - non è mai equidistante. E vicina alle crisi e alle sofferenze di chi vive nella guerra».
«Sant'Egidio negli armi ha fatto l'esperienza di tanti conflitti, soprattutto delle guerre abbandonate». Per questo dice no: «La nostra è una passione civile che si nutre di spiritualità evangelica». La scrittrice Edith Bruck la guerra in Europa l'ha conosciuta, «la peggiore di tutte». Racconta l'orrore vissuto nei lager, come fa da anni nelle scuole, luoghi di morte dove comunque, ostinatamente, ha riconosciuto piccoli segnali di speranza: il tedesco che la tira fuori brutalmente dalla fila per la camera a gas, il cuoco che le regala un pettinino, il soldato che le dà un po' di marmellata: «È importante sperare e apprezzare la vita, sempre - esorta - perché la pace è preziosa, se la si vuole non bisogna avere nessun sentimento di odio».
Poi parla Svetlana, ucraina, «felice che gli italiani dicano no alla guerra» E Dawood, afghano: «Sono nato in guerra e non è ancora finita». A nome della città il sindaco Roberto Gualtieri dice che «far sentire la voce della pace è la cosa più politica che c'è».
Accanto al palco un gruppo di rifugiati africani regge il grande striscione con le bandiere di tutto il mondo della cooperativa Auxlium: Angelo Chiorazzo, il fondatore, ribadisce «che L'Europa unita è nata, dopo due Guerre Mondiali, come un grande progetto di Pace, che purtroppo deve essere ancora compiutamente realizzato».
E anche per Domenico Giani, presidente delle Misericordie, «la pace si costruisce attraverso la solidarietà, promuovendo tutti i diritti umani per la dignità della persona. Ciò che accade è la pagina di un brutto libro che non vogliamo continuare a leggere».
Sotto al palco i bambini multicolori delle Scuole di Pace di Sant'Egidio ballano sulle note di
Give peace a chance di John Lennon: «Ciò che chiediamo è dare una chance alla pace»



[ Luca Liverani ]