Sironi: «Servono subito alternative abitative alla Tav»

«Ancor prima della creazione nell'area del quartiere finanziato dai fondi del Pnnr, occorre trovare e costruire nuove alternative abitative per coloro che vivono all'ex Villaggio Tav». A lanciare l'appello alla città è Daniela Sironi, responsabile della Comunità di Sant'Egidio, realtà che segue i residenti di via Alberto da Giussano dagli inizi, sin da quando la struttura, cui la Comunità è sempre stata contraria, era giunta anche a ospitare 500 persone.
Un'azione che Sant'Egidio, con tanti aiuti direttamente all'ex Tav - dai pasti caldi all'accompagnamento di bambini e ragazzi nella scuola - ha già attivato. Da qualche tempo «tre uomini - spiegano Sironi e le volontarie Cristina Ticozzi e Patrizia Fornara - due ex residenti della Tav e un terzo che viveva per strada e dormi
va sui treni sono accolti in una nostra casa in corso Risorgimento, nella Casa di Modesta, dove sperimentano un'esperienza di convivenza solidale. Ciò che serve per ripartire è una casa, non un container. E, soprattutto, serve un accompagnamento».
Si chiama Casa di Modesta, in memoria di una senzatetto friulana morta a Roma senza essere stata soccorsa da nessuno. L'idea di Sant'Egidio è quella di riqualificare alloggi popolari abbandonati, da destinare a chi è senza casa, come appunto chi vive all'ex Tav. «Di recente - riprende 
Sironi - abbiamo ottenuto 4 alloggi al Villaggio Dalmazia, dove già ne avevamo 5, che ristruttureremo e dedicheremo per accogliere persone che emergono dalla vita di strada. La casa è basilare, è il luogo dove puoi essere te stesso e dove, vivendo con altri, ti risollevi e riconquisti la tua dignità».
Quell'accompagnamento che ha permesso di rialzarsi,pur se per ora ancora alla Tav, a Vasile, 54enne albanese, da 25 anni in Italia. «Sant'Egidio - racconta - mi ha aiutato e ancora oggi la ringrazio. Avevo problemi di alcolismo e con loro sono riuscito a uscirne. Mi sono sentito accettato e non giudicato. Con loro sto imparando molte cose. Vivo nei moduli con altre due persone».
Un sostegno che Sant'Egidio ha proseguito anche in pieno lockdown portando la cena 4 sere a settimana. Si tratta di 500 pasti cucinati tra la mensa di via Dolores Bello, Sant'Agabío, Sant'Andrea e la Tav. Se possibile, questa vicinanza è stata anche più concreta dopo l'incendio delle scorse settimane.Un aiuto è stato dato ai bimbi e ai ragazzi, che, nel lockdown, spiegano Ticozzi e Fornara, «erano abbandonati. Abbiamo promosso, giochi e attività varie». 

 

[ Monica Curino ]