Roma dice No alla Guerra

In tantissimi in piazza con la Comunità di Sant'Egidio

Sì alla pace, no alla guerra. Consapevoli che il conflitto in Ucraina può essere evitato e che non è "ineluttabile" come per molti è stato quello in Siria, e forti della convinzione che anche nelle situazioni più cupe nell'uomo "c'è uno spiraglio di bontà".
Appelli e suggestioni che arrivano da piazza Santi Apostoli, nel cuore di Roma, a due passi da piazza Venezia, dove centinaia di persone si sono ritrovate su iniziativa della Comunità di Sant'Egidio per dire no alla possibilità di una guerra tra Ucraina e Russia. Prima a prendere la parola sul palco, davanti a una prima fila di coetanei e rifugiati con cartelli inneggianti al rifiuto della guerra, Giulia dei giovani di Sant'Egidio. "Siamo una generazione nata nella pace ed è nella pace che vogliamo anche invecchiare", ha detto l'attivista."Un conflitto è l'ultima cosa che ci serve dopo due anni di pandemia".
Il presidente di Sant'Egidio, Marco Impagliazzo, si è invece detto "sorpreso delle tante e trasversali adesioni all'iniziativa, da politici di tutti i colori a ong e organizzazione della società civile". Realtà diverse, insieme finalmente "dopo tanto tempo", con la consapevolezza che "dieci anni fa non c'è stata in Italia alcuna grande 
manifestazione per protestare contro la guerra in Siria, come se fosse ineluttabile", ma che in realtà "il desiderio della pace è forte e va ascoltato". Impagliazzo ha anche accennato alle "lezioni del secolo scorso, dalla Seconda guerra mondiale al conflitto nei Balcani".
A testimoniare gli orrori del ventesimo secolo, sul palco, Edith Bruck, scrittrice, regista e attivista ungherese naturalizzata italiana sopravvissuta all'Olocausto, passata per i campi di concentramento di Auschwitz e di Dachau. Bruck ha ricordato alcuni dei passaggi più dolorosi della sua esperienza come bambina di religione ebraica e deportata, dalla scomparsa della madre al 
rischio corso più volte di essere uccisa, ma ha poi messo l'accento su diversi episodi di bontà e solidarietà incontrati sul suo cammino e ha ricordato che "la speranza c'è sempre, anche nei momenti più oscuri".
I ricordi della Seconda guerra mondiale tornano anche nella parole dell'attivista della comunità ucraina in Italia Svetlana Brovach, che lavora nell'assistenza a persone anziane e che da loro "ha potuto ascoltare i racconti del conflitto". La posizione dell'attivista è chiara ed è quella delle donne ucraine che vivono nel nostro Paese, "che si tengono in contatto in questi giorni e che sono contro la guerra", afferma.
La violenza e le armi del resto, 
"sono lo strumento delle persone incapaci", ha evidenziato Dawood Yousefi, rifugiato afghano ed esponente del gruppo `Genti di pace` di Sant'Egidio. La pace invece, ha sottolineato l'attivista, forte dell'esperienza del suo Afghanistan "attraversato da conflitti da decenni e ora alle prese con una guerra silenziosa" è "una responsabilità comune di tutti".
Responsabilità universale quindi, di cui Roma si è fatta portavoce per un pomeriggio, come sottolineato dal sindaco Roberto Gualtieri: "Far sentire la voce della pace è la scelta più politica in assoluto. La Capitale vuole mandare oggi un messaggio semplice ma universale: sì alla pace"