Centinaia in piazza per la pace «Così aiuteremo chi soffre»

Il sindaco: no a questa aggressione così come a ogni guerra ovunque nel mondo

«Sono nata nel '39, i miei primi anni di vita sono stati sotto i bombardamenti. Ve lo chiedo a nome di noi anziani: mettete fine a questa guerra». Bastano poche parole senza retorica - le pronuncia un'ultraottantenne livornese - perché chiunque avverta l'eco della storia in una piazza del Luogo Pio che è stata testimonianza delle devastazioni belliche con le macerie rimaste per più di mezzo secolo.
Mentre nell'aria si ascoltano le note di "Viva la vida" (cit. C oldplay) , non poteva esserci scenario migliore per la manifestazione organizzata dalla Comunità di Sant'Egidio con una parola d'ordine semplice semplice: "No alla guerra sì alla pace". Da aggiungere l'applauso che saluta gli esponenti delle comunità islamica e ebraica- e quello ancor più forte per gli ucraini - quando lo speaker ne ricorda la presenza in piazza.
Davanti ai bambini delle scuole Bartolena, Benci e Micheli che mostrano i loro cartelli di pace, c'è una folla di alcune centinaia di persone, una parte delle quali di origine ucraina: qualche bandiera giallo-celeste, i colori della 
bandiera di Kiev, le fiaccole e gli striscioni, alcuni vessilli pacifisti color arcobaleno.
Del resto, i legami fra comunità ucraina e livornesi vengono da lontano, come dice Anna Ajello, esponente della Comunità di Sant'Egidio (che chiuderà la manifestazione così come Sabatino Caso l'ha aperta invitando a firmare l'appello di Andrea Riccardi per "Kiev città aperta") : «Numerose famiglie labroniche hanno ospitato i "bambini di Chernobyl", arrivano dall'Ucraina tante donne alle quali abbiamo affidato la cura dei nostri anziani o dei nostri disabili e sono così indispensabili nelle nostre case». Aggiungendo poi: «È stata aggredita la democrazia, il nostro modo di vivere: li abbiamo un po' sperperati».
L'ha preceduta la voce di Lada, donna ucraina: «Mio figlio finora non sapeva usare il fucile, ora è a difendere il nostro Paese». Lei sostiene che «ora siamo noi a essere aggrediti ma chi ci ha aggredito non si fermerà e toccherà anche all'Europa». Cosa chiede? «Prima di tutto, nessuno resti indifferente». E poi aiuti: giubbotti antiproiettile, cibo («nei 
bunker sta scarseggiando»), vestiti caldi, elmetti, medicinali e materiali di pronto soccorso ma anche la «disponibilità di locali e di mezzi».
Il sindaco Luca Salvetti insiste sull'aspetto della concretezza della solidarietà. Lo fa in tre direzioni: 1) no alla guerra di Putin così come a «tutte le altre guerre che in altre parti del mondo stanno portando dolore, morte e distruzione»; 2) sì a una «linea di tutti i governi che punti ad evitare l'escalation del conflitto e faccia dei negoziati e della diplomazia lo strumento reale per la pace»; 3) bisogna «attivare tutte le risorse per aiutare i profughi e le popolazioni che in qualche maniera vedono anche nella nostra città un riferimento».
A questo proposito, il sindaco ha annunciato che è stato attivato «un conto corrente per una raccolta di fondi da destinare a chi soffre» (queste le coordinate per le donazioni: Bban: X 01030 13900 000006911545, Iban: IT 43 X 01030 13900 000006911545, Bic - PASCITMMLIV). È stata anche varato «con le farmacie comunali un progetto per la raccolta di medicinali utili ai territori in guerra». A ciò si aggiunga l`azione con la prefettura e le associazioni di volontariato per offrire accoglienza.
«La guerra è una vittoria di Satana, è la vittoria illusoria di Caino su Abele: oggi Caino ha assunto il volto di Putin che colpisce a morte il fratello». Durissime le parole del vescovo Simone Giusti, che «in quest'ora tragica» richiama «le responsabilità tremende dei governanti della Russia e dell'Ucraina, in primo luogo ma ovviamente non solo loro»: non hanno «saputo o voluto evitare per i propri popoli questo momento di sofferenza drammatica». Ma la colpa non è solo loro: Giusti chiama in causa le cancellerie europee e anche quelle al di fuori dell'Europa. Per il vescovo poteva essere «trovato un compromesso» e questo al momento «non è giunto»: lo dice elogiando l'arte della mediazione e del compromesso fra interessi contrapposti. «Stiamo di fatto registrando, sinora, una sconfitta della politica. Mi auguro solo che queste ore non siano state previste freddamente da alcun stratega, nel tragico gioco politico dei nuovi equilibri fra i blocchi delle superpotenze». 

 


[ M.Z. ]