Ucraina, duemila al Vomero "Apriamo le nostre case"

Preghiere e marcia di solidarietà nelle strade dello shopping, dove viene srotolato uno striscione di trenta metri. Il console: "Medici e volontari sono pronti a partire"

«Mentre la diplomazia non riesce a riportare la pace, mentre la mia famiglia, mia madre, le mie sorelle, i miei nipoti, restano esposti al rischio, nascosti nei sotterranei di Kiev, noi ci affidiamo alla preghiera» dice Elena, occhi gonfi e mani che fremono stringendo un lembo della bandiera della pace che ieri pomeriggio ha portato nel cuore del Vomero la testimonianza di circa duemila persone.
«Chiediamo la pace per tutte le guerre, anche per quelle dimenticate» ha appena detto Mario De Finis, esponente della Comunità di Sant'Egidio, nella chiesa di San Gennaro al Vomero. Una 
hiesa che traboccava di gente, chiamata dal parroco don Massimo Ghezzi e da Sant'Egidio ad un momento di preghiera interreligiosa. Tanta gente da costringere molti a restare fuori, in strada.
Dopo il flash mob di piazza Mercato, due sere fa, ieri la preghiera e la fiaccolata al Vomero, partecipatissime: almeno 2 mila persone. In solidarietà all'Ucraina, contro «la guerra che si è abbattuta su un popolo grande e inerme - dice De Finis - Pensiamo ai profughi che hanno bisogno di tutto, a chi è caduto, ai volontari della Comunità di Sant'Egidio che sono impegnati a Kiev e Leopoli. La guerra è una sconfitta per tutti noi, che non cí siamo resi conto delle spinte sovraniste che hanno portato 
al conflitto».
Nella chiesa un popolo multietnico chiede pace, boccia la guerra «immorale e diabolica». Prega in italiano e in ucraino, ricorda che Kiev è città sacra per gli ortodossi. Poi quel popolo dalla chiesa si sposta in piazza Vanvitelli e comincia la fiaccolata silenziosa che si dipana per via Scarlatti, via Luca Giordano, piazza degli Artisti. Le vie dello shopping, le luci dei negozi, gli innumerevoli tavolini dei bar fanno a botte con lo spirito della guerra da una parte e con le istanze di pace dall'altra.
«Ecco qui le contraddizioni del nostro mondo» dice Katrina. «E queste contraddizioni non sono estranee a quello che sta accadendo in Ucraina. Io stessa sono venuta in Italia, 15 anni fa, per inseguire il be
nessere. Ero infermiera. Ora faccio le pulizie nelle case di questo quartiere, per una paga molto superiore. Ma sono pronta ad andare via, a tornare in Ucraina per difendere il mio Paese e quello che lì resta della mia famiglia».
Ha accanto centinaia di persone, soprattutto donne. Di ogni età, e molte hanno portato i bambini, che sventolano bandiere della pace, disegni che invocano il cessate il fuoco, candele schermate dai colori della bandiera ucraina. Ci sono anche i palloncini, di quegli stessi colori, ma stavolta i palloncini non trasformano la marcia in una festa. «I vostri bambini sono qui e sono tanti - commenta Sara, anche lei con un lembo della bandiera della pace (30 metri di colori arcobaleno) tra le mani - e domani andranno a scuola, mentre i nostri bambini saranno sotto le bombe».
In chiesa e in strada anche il vicesindaco Mía Filippone e l'assessore alle Politiche sociali Luca Trapanese. «Importante testimoniare qui e ovunque si chieda la pace - dice Filippone - Solidarietà al popolo ucraino a nome di tutta la giunta. Putin - aggiunge - esprime un modo arcaico di concepire la politica di un grande paese come la Russia, una politica arcaica che ci fa ripiombare in logiche del secolo scorso. Siamo vicini al popolo ucraino, ma anche ai russi che sono per la pace contro l'imperialismo e la sopraffazione». Poi il vicesindaco annuncia: «Accoglieremo nelle nostre scuole i bambini e i ragazzi che dall'Ucraina 
troveranno rifugio qui e nelle scuole troveranno una dimensione di calore umano».
Alla fiaccolata partecipano anche alcuni studenti del Sannazaro e del Mazzini. In forma privata, non con i collettivi studenteschi, mentre un cartello racconta la mobilitazione di alcuni genitori e bambini della scuola elementare Vanvitelli. Li avvicina Svetlana: "Le bombe stanno distruggendo le nostre case e le nostre vite. Stanno colpendo le scuole, gli ospedali, le strade. Putin dice che siamo neonazisti, noi vogliamo solo poter praticare la nostra religione, parlare la nostra lingua, esser fieri della nostra tradizione"

 


[ Bianca De Fazio ]