Giovani per la pace in piazza per l'Ucraina: «Ai bimbi insegniamo l'italiano e i valori per crescere insieme»

Giovani per la pace in piazza per l'Ucraina: «Ai bimbi insegniamo l'italiano e i valori per crescere insieme»

Educare alla pace. Manifestare per la pace. E pregare per la pace. E' concreta e idealista l'agenda dei Giovani per la Pace, movimento giovanile della Comunità di Sant'Egidio.
Nato vent'anni fa con le Scuole di pace, per il doposcuola e l'educazione dei bambini nelle periferie, Giovani per la pace oggi si misura con una guerra vicina. Loro, non ancora nati ai tempi del conflitto nell'ex- Jugoslavia, venerdì a Roma erano in duemila e più a manifestare per la pace al Teatro Brancaccio e a piazza Vittorio.
In realtà tra loro c'è anche chi la guerra l'ha conosciuta. Elissar Al Attal, 19 anni è siriana e vive ad Acilia, tra l'Eur e Ostia. A 11 anni scappa da Homs coi genitori e le tre sorelle. Cinque anni a Beirut poi, grazie ai corridoi umanitari, arriva a Roma. È ortodossa, si dà al volontariato: «Sono responsabile della Scuola di Pace di Acilia». Cinquanta bambini italiani, rom e stranieri trovano aiuto, nei compiti e nelle difficili situazioni familiari.
Elissar, primo anno di Scienze dell'educazione, fatica a credere a quello che sta succedendo: «Sono fuggita dalla guerra e proprio non mi aspettavo di ritrovarla in Europa. Ma non perdo la speranza. I giovani davano per scontata la pace, ora hanno capito quanto vale. Chiediamo a gran voce il dialogo. E preghiamo, insieme ai bambini».
Sara Angotzi ha 15 anni e studia al liceo Cinematografico Rossellini. Tutti i venerdì aiuta i bambini della Scuola della Pace di Viale Marconi. «Una volta Mohamed mi ha detto: voglio tornare in Egitto, non riesco a imparare l'italiano. L'abbiamo aiutato, abbiamo parlato con gli insegnanti. Ora io e lui siamo molto legati. I bambini potranno dare una svolta al futuro: bisogna fargli capire che i problemi si risolvono con l'amicizia, parlando. Dopo l'inizio della guerra abbiamo fatto un corteo in strada con i bambini, cantando e gridando "viva la pace" e molti passant
i si sono uniti a noi felici. Ma dobbiamo pregare, senza vergognarci di dirlo. La preghiera aiuta davvero».
Matteo Mangeruga, di Ostia, 18 anni, quinto anno al Classico. «La Scuola per la pace è importante nelle periferie, per trasmettere valori, là dove spesso c'è razzismo e violenza. È un porto felice dove si impara a risolvere i problemi con le parole, non con le botte. E siamo orgogliosi di essere stati i primi, a piazza Sant
i Apostoli, a manifestare contro la guerra, siamo stufi di studiare date di battaglie. Martin Luther King diceva che la forza della preghiera lo ha aiutato tanto nella sua lotta. La nonviolenza è la forma di resistenza più coraggiosa».


[ Luca Liverani ]