Ucraina, Andrea Riccardi: "La guerra sarà lunga. La tenuta dell'Europa si misurerà sull'accoglienza dei profughi"

Ucraina, Andrea Riccardi: "La guerra sarà lunga. La tenuta dell'Europa si misurerà sull'accoglienza dei profughi"

Il fondatore di Sant'Egidio: "Serve un mediatore di alto livello, Putin e Zelensky devono parlarsi."

Andrea Riccardi, fondatore di Sant'Egidio, storico, ex ministro nel governo Monti, 
che idea si è fatto del conflitto in Ucraina?

"Una guerra terribile, che sarà lunga e con conseguenze per anni. E anche se gli ucraini saranno sconfitti, i russi non vinceranno"

Cosa bisogna fare subito? 
"Serve un mediatore di alto livello, che crei un minimo di dialogo tra delegazioni contrappose. Avevo proposto Angela Merkel".
Non lo vuole fare? 
"È una persona seria e lo farà, credo di capire, se glielo chiederanno: a cominciare da Macron e Scholz. Ciò al momento non è avvenuto".
I negoziati non vanno bene.
"Devono parlarsi Putin e Zelensky. Perciò serve un negoziatore autorevole". 
Finora cosa non ha funzionato?
"Ma le mediazioni vanno percorse tutte sempre. Sono complicate. Ne ho fatte alcune e so che è così. Alla fine però mettono sempre in movimento qualcosa di buono".
Cosa osserva dopo queste prime settimane?
"Siamo dentro un tempo nuovo. Non è quello della guerra fredda, e nemmeno il mondo che seguì alla caduta del Muro. Si apre una stagione di incognite e minacce".
Quali?
"È in corso un rimescolamento, in cui molti giocano una partita propria. I Paesi si muovono in modo totalmente disallineato. Guardi la Turchia. È membro della Nato. Acquista armi dalla Russia ma vende all'Ucraina"
L'Occidente però, per una volta sembra compatto. 
"È un risultato insperato. Si sono verificati due miracoli. È stata resuscitata la Nato, di cui Macron aveva decretato la morte cerebrale. Gli ucraini si stanno dimostrando straordinariamente compatti nonostante la componente russofona e russofila". 
L'Europa reggerà la prova? 
"Il banco di prova è dato dall'accoglienza dei profughi. Si parla di sei milioni di persone. È un numero enorme, che andrà distribuito, e che non ha eguali. Basti pensare che gli ungheresi che fuggirono, dopo l'invasione del 1956, furono alcune centinaia di migliaia". 
Teme spaccature? 
"Mi sembra di capire che gli inglesi non sono generosi. Vedremo come sarà l'evoluzione nei Paesi di Visegrad. Al momento la Polonia si è rivelata molto accogliente, aprendo le sue porte  a un milione di profughi". 
L'Italia ospita una grande comunità ucraina. 
"E questa comunità sta dando una grande prova di dignità e impegno. La badante di mia madre, originaria di Leopoli, in Italia da tanti anni con la figlia, il suo giorno libero lo trascorre alla parrocchia ucraina di Santa Sofia per portare aiuti". 
Non è vera la narrazione di Putin che non sono un popolo. 
"Al contrario è un popolo che vuole vivere la sua identità anche nella diaspora. L'aspirazione all'indipendenza era forte anche ai tempi dell'Urss. Negli anni Ottanta andai a Leopoli e lì mi dissero che il loro sogno era di essere il Piemonte dell'Ucraina". 
In che senso? 
"Si riferivano al Risorgimento, al desiderio di farsi Stato. Tuttavia russi e ucraini sono popoli fratelli, con un intreccio di legami tra di loro".
Quindi l'aspirazione di soffocarli non potrà che fallire?
"Durante la prima guerra mondiale Benedetto XV disse che le nazioni non muoiono. È una lezione più attuale che mai". 
Pensa che la Nato abbia le sue colpe nell'allargamento a Est? 
"Ogni riflessione è preziosa, perché produce pensiero, ma oggi bisognerebbe pensare di più a come agire per la pace, più che alle cause che hanno prodotto l'invasione. Non si sarebbe dovuto umiliare la Russia negli ultimi decenni". 
Perché va a Varsavia e al confine slovacco oggi?
"Per incontrare gli amici di Sant'Egidio che sono lì. A Varsavia gestiamo un campo profughi e una cinquantina di appartamenti, che offrono un rifugio a chi è scappato". 
Come spiega la grande partecipazione emotiva della pubblica opinione? 
"C'è stata una maturazione politica dopo la pandemia. L'Ucraina è vicina, ma non basta solo questo. È tornata la volontà di capire dove va il mondo. E poi nel mondo globale gli eventi anche lontani ci toccano da vicino". 
Anche altre guerre erano vicine. 
"Certo, la Libia, e anche la Siria, ma erano già più difficili da capire e più complicate da raccontare. E poi oggi è un momento diverso, di fronte a un'aggressione che sentiamo drammatica".
Qui la contesa è più chiara? 
"Sì, uno Stato ha invaso un altro".
Cosa vuole esattamente Putin? 
"Allargarsi il più possibile. E forse resuscitare una parte dell'eredità sovietica".
E Zelensky?
"Oscilla tra proposte di mediazione e annunci di resistenza".
È stato giusto mandargli le armi?
"Non è la prima cosa che avrei fatto, ma ormai la decisione è presa. Zelensky ha poi chiesto la No Fly Zone e la Nato gli ha giustamente detto di no, perché il conflitto sarebbe passato ad un altro piano".
Come si ferma però uno che bombarda persino gli ospedali pediatrici? 
"E io ho come tutti il cuore pieno di sdegno. Per cosa, poi, fa tutto questo? Guardi, alla fine non vincerà nessuno. Inizia solo una spirale di violenza che non finisce". 
Quindi è pessimista? 
"Le guerre sembra che non si concludano più. E' il caso di quella in Siria, che dura il doppio della prima guerra mondiale".


[ Concetto Vecchio ]