L'accoglienza dei rifugiati mostra l'unione dell'Europa

L'accoglienza dei rifugiati mostra l'unione dell'Europa

Il viaggio di Nelly
La democrazia dei paesi spaventa la leadership russa. Nell'impegno generoso degli europei che accolgono i profughi ucraini si vede il legame che fonda l'Ue democratica

Nelly viveva sola in una cittadina vicina alla centrale nucleare di Zaporizhzhia che, com'è noto, è stata bombardata all'inizio dell'aggressione russa all'Ucraina. Alla sua età aveva difficoltà a scendere le scale verso il rifugio perché cammina a stento a causa di problemi alle gambe. Ogni giorno Nelly descriveva al telefono alla figlia, emigrata da anni in Italia, la paura che la guerra provoca. Piangeva tanto e, dopo l'ennesima notte di terrore, si è finalmente lasciata convincere a mettere la sua vita in una valigia e raggiungere la frontiera con il primo trasporto utile.
Un viaggio duro e pericoloso, al freddo, pigiata su treni o autobus, fino a quel momento inimmaginabile per una donna sola e anziana. Arrivati a Chelm, primo avamposto polacco passato il confine, Nelly ha visto le giovani donne ucraine con cui aveva condiviso lo scompartimento ritrovare incredibilmente vigore dopo oltre un giorno e una notte in treno: tutte gettavano i bagagli dal finestrino e si affrettavano a scendere, trascinando i figli mezzo addormentati quasi fossero bagagli.
Nella piccola stazione affollata Nelly non conosce nessuno, si perde e si dispera pensando con rimpianto alla sua casa lontana e alla figlia che non riesce a raggiungere.
Alla ricerca di "babushka"
All'altro capo d'Europa, a Bologna sua nipote sta guardando sconsolata le notizie alla TV, in pensiero per la sua "babushka". Katerina si mette in contatto con la comunità di Sant'Egidio
 che sta operando con i rifugiati alla frontiera slovacca e in Polonia: l'ha visto alla televisione.
Al centralino di Roma le passano un volontario, Eugenio, professore di matematica in pensione che parla russo. Le consiglia di far aggregare la nonna ad un gruppo di persone che dalla frontiera si sta spostando in treno a Lublino e poi a Varsavia.
Finalmente Nelly riceve le indicazioni, sale su quel treno e giunge nella capitale polacca. I volontari si fanno trovare al binario con indosso la pettorine con l'arcobaleno e la colomba della pace. È notte e fa freddo, portano subito Nelly nella Casa delle sorelle, due ex senza dimora aiutate anni fa a uscire dalla vita in strada e che ora si offrono a loro volta di aiutare. Intanto viene organizzato il trasporto per l'Italia.
L'arca di Noè
La sua storia è quella di migliaia di donne ucraine che stanno fuggendo dal loro paese e trovano rifugio nei paesi dell'Unione europea. Da alcuni anni il colonnato del Bernini in piazza san Pietro è arricchito da un'opera imponente in bronzo dell'artista canadese Timothy Schmalz: Angels Unawares. Si tratta di una moderna arca di Noè che al posto delle vele ha due ali spiegate di angelo: anziani, bambini, donne, uomini di ogni ceto sociale e provenienza, accalcati sulla barca, coi loro vestiti di diversa foggia, fagotti, zaini o valigie e con gli occhi che fissano supplici il cielo o i passant
i o anche socchiusi ad implorare la terra e il mare di salvarli.


Papa Francesco ha voluto quest'opera come segno dell'accoglienza agli stranieri che fuggono e Timothy Schmalz ha creato una rappresentazione plastica 
di quanto il papa va ripetendo da inizio della pandemia e che forse adesso, in questi tempi di guerra, abbiamo finalmente compreso: "Siamo sulla stessa barca".
Chi vi sale diventa angelo: alcuni come rifugiati altri come quelli che accolgono. La Bibbia, invitando all'accoglienza degli stranieri, dice che alcuni, "praticando l'ospitalità, senza saperlo hanno accolto degli angeli".
Teatro dell'accoglienza
Come nei dipinti di Chagall, nato a pochi chilometri dai quei luoghi ora squassati dalle bombe, gli angeli sono visibili e trasformano la realtà. In queste settimane di calvario per l'Ucraina la Polonia è teatro forse della più grande operazione di accoglienza ai profughi dalla fine della Seconda guerra mondiale. La gente della Polonia sta dimostrando spontaneamente una solidarietà quasi senza limiti, malgrado il governo di Varsavia quasi non coordini tale immenso sforzo.
Molti polacchi sono convinti dell'inutilità degli sforzi diplomatici e pensano che sarebbe giusto che l'occidente (quindi anche il loro paese) intervenga direttamente con le armi nel conflitto. Ma questo significherebbe guerra mondiale. Niente è ineluttabile: né la guerra e nemmeno la pace. A tale riguardo è utile ricordare che la Guerra fredda, che numerosi "sovietologi" prevedevano dovesse finire con un nuovo conflitto armato, terminò con le rivoluzioni pacifiche del 1989 e la caduta del muro.
In realtà il potere sovietico di Brežnev, prima che Gorbaciov lo cambiasse dall'interno, aveva più paura delle parole di Giovanni Paolo II e del sindacato Solidarnosc che degli eserciti nemici. Ancora oggi la democrazia europea spaventa la leadership russa.
Nell'impegno generoso e creativo di tanti europei che accolgono i rifugiati ucraini, si intravvede quel legame di pace che fonda le basi dell'Europa democratica. Così nasce l'Europa unita: un sogno pacificatore che
da diversi ci rende vicini. Più che dalla guerra, le nostre fondamenta comuni vengono da questo sforzo.
Per tornare a sperare nel domani. oggi occorre trovare il modo di comunicarlo anche al popolo russo. 


[ Massimiliano Signifredi ]