«Siamo fratelli uniti nel comune dolore»

La guerra in Ucraina. Da Sant'Egidio alla campagna #abbraccioperlapace
Inna arriva dalla zona di Odessa, Natalia da Mosca: «Non è un conflitto tra popoli e culture», dicono entrambe, «Siamo tutti intrecciati nelle nostre famiglie»

«Noi ucraini e russi siamo intrecciati nel comune dolore. È impossibile separarci, dividere le nostre sofferenze». Inna e Natalia lo ripetono, con forza e commozione, insieme, in un'unica voce. Inna, 62 anni, è ucraina, Natalia, 41, è russa. Si sono conosciute alla scuola di lingua e cultura italiana della Comunità di Sant'Egidio di Milano. Insieme, raccontano della loro vita, le loro famiglie lasciate nei rispettivi Paesi. E condividono la loro sofferenza. La guerra non le ha divise, messe una contro l'altra.
La pace si costruisce dal basso, partendo dalla volontà delle persone, dal dialogo e dalla relazione tra le comunità, i popoli, le genti. La pace, quella concreta e duratura, si intesse ogni giorno negli spazi di incontro tra culture diverse, nei luoghi di inclusione e integrazione. Come la scuola di italiano della Comunità di Sant'Egidio e il movimento Genti di pace.
«La scuola di italiano è uno spazio di dignità e di incontro tra culture e popoli diversi», osserva Marzia Pontone, consigliera comunale, una delle responsabili della scuola di Sant'Egidio a Milano. «L'apprendimento della lingua è la prima strada per compiere un percorso di inclusione e integrazione in un Paese. Lo vediamo con grande evidenza in questi giorni, con i flussi di persone provenienti dall'Ucraina. E Genti di pace riunisce migranti di tutte le nazionalità, italiani inclusi, con il sogno di costruire una società migliore, realizzando percorsi di cittadinanza attiva al servizio dei più fragili. Che oggi sono coloro che fuggono dalla guerra, madre di tutte le povertà».
La pace la costruiscono persone come Inna e Natalia. «Dopo lo scoppio della guerra», racconta Pontone, «noi di Sant'Egidio abbiamo organizzato un incontro nella scuola per parlare della situazione. All'incontro sono venute persone russe, ucraine e anche di altri Paesi, per esempio dall'America latina. Inna e Natalia hanno espresso le loro idee. Insieme abbiamo maturato una visione comune basata sulla volontà di andare oltre il conflitto e trovare gli strumenti per costruire una pace reale fondata su strade alternative alle armi».
Per Natalia l'incontro è stato un momento particolarmente sofferto. «Anche oggi, faccio fatica a parlare senza scoppiare in lacrime. È troppo doloroso», confessa. Natalia arriva da Mosca, vive in Italia da dodici anni. Lavora come interprete per il Tribunale di Milano e ha un'agenzia immobiliare. «I miei genitori sono russi, mia zia, la sorella di mio padre, tantissimi anni fa è andata a vivere a Kyiv con suo marito. Mia cugina, che ha la mia età, è nata in Ucraina. Lei è ucraina. Oggi mia zia e mia cugina sono scappate in Austria».

Anche ora la voce di Natalia trema nella commozione. «Nessuno poteva immaginare una cosa del genere. Nessuna guerra può mai essere giustificata. Ma in particolare in questo caso, non è un conflitto tra popoli e culture diversi. Noi siamo tutti legati, incrociati nelle nostre famiglie. In tantissimi nuclei familiari ci sono russi e ucraini insieme. Nessuna guerra può essere giustificata. Questa ancora di meno».
Oltre al dolore, a opprimere Natalia è anche il fardello del senso di colpa per un'invasione decisa dal vertice del suo Paese. «Nessuno dei miei amici mi ha giudicato o stigmatizzato in quanto russa. Ma alcuni giorni fa mi è successo che una persona, leggendo il mio nome, abbia commentato: "Porti un cognome impegnativo in questi tempi". Ecco, in quelle parole c'era già un giudizio».
Inna vive in Italia da quasi vent'anni, dove lavora come collaboratrice domestica, frequenta la scuola di italiano da almeno 7-8 anni e a Sant'Egidio, dice, deve davvero tanto. «Vengo dal Sud dell'Ucraina, una cittadina che si trova fra Mykolaiv, Kherson e Odessa, una regione russofona. Mia zia ha sposato un russo. lo parlo russo, ma ci sentiamo tutti ucraini», osserva Inna. «Io davvero non capisco il perché di questa guerra, non abbiamo fatto niente. Gli ucraini sono un popolo molto amichevole».
Inna è riuscita a fare arrivare a Milano sua figlia, che è scappata con il suo bambino di 4 anni. «Quattro giorni di viaggio, con solo due zainetti. Ma hanno trovato una grande accoglienza, persone pronte ad aiutarli. Le famiglie italiane aiutano tantissimo». Lei e Natalia ripetono: «Con Sant'Egidio andremo avanti a portare la nostra testimonianza. Noi 
vogliamo la pace».
Dialogo e pace: li invoca anche una campagna di mobilitazione nazionale promossa dall'Alleanza "Per un nuovo welfare", che riunisce oltre cento associazioni. La campagna si chiama #AbbraccioperlaPace, ha raccolto molte adesioni e l'obiettivo è promuovere tavoli di incontro e confronto fra comunità e persone russe e ucraine nei diversi territori, a partire da alcuni testi di riflessione raccolti nell'instant book Letture di pace curato da Riccardo Bonacina. Come hanno fatto a Messina Tatiana e Dina, la prima ucraina, docente di Lingua russa, la seconda proveniente dalla Russia e allieva di Tatiana, che hanno accolto l'invito del Movimento cristiano lavoratori e della Fondazione Èbbene a dialogare partendo da un brano di Svjatlana Aljaksandraúna Aleksievic - giornalista e scrittrice bielorussa nata in Ucraina, premio Nobel per la letteratura 2015 - dal titolo Assumiamo un tono umano. 

 


[ Giulia Cerqueti ]