Se tra i combattenti manca la volontà di fare pace

Le trattative di pace sull'Ucraina languono, il tavolo di mediazione aperto pochi giorni dopo l'inizio dell'offensiva russa è stato accantonato, così come si è dimostrato inutile l'intervento diplomatico tentato in queste settimane da Francia, Italia, Turchia, Cina. I rapporti tra Russia e Ucraina sono talmente difficili che si è dimostrata un'impresa anche l'apertura di corridoi umanitari per i civili intrappolati in zone di guerra. E anche le trattative per lo scambio di prigionieri non si concretizzano quasi mai.
In queste condizioni ho paura che la guerra proseguirà ancora per molto tempo, con il rischio che il gelo dell'inverno provochi una nuova catastrofe umanitaria per i civili. Di fronte a questo scenario, aumenterebbero i rischi di una crisi energetica per l'Europa. Possibile che non esista una realtà sul campo capace di fare ragionare le parti almeno sulla possibilità di una tregua?
Un libro piuttosto recente, intitolato "Fare Pace", racconta la mediazione di Sant'Egidio nelle guerre che hanno avvelenato angoli del mondo. L'elenco è piuttosto lungo: Mozambico, Algeria, Centrafrica, Burundi, Guatemala, Albania, Kosovo, Liberia, Costa d'Avorio, Togo, Guinea, Niger. In questi conflitti la comunità cristiana veniva accettata tra gli interlocutori ai tavoli non in quanto braccio laico della Santa Sede, ma perché si tratta di una realtà da tempo presente in quei territori, che opera con iniziative di solidarietà per la popolazione. Per queste ragioni la loro azione non è stata vista come l'ingerenza di una parte portatrice di interessi ed è stato più facile farsi accettare.
Come scrive Andrea Riccardi nella prefazione, "La possibilità della pace comincia a essere intravista quando nasce il contatto umano tra le parti che porta al dialogo... Questo richiede una trasformazione, almeno parziale, nella visione dell'altro. Perché la pace è sempre la scelta di vivere con l'altro". Secondo l'esperienza di Sant'Egidio, questo accade soltanto quando "matura la coscienza che la vittoria non è possibile, che continuare a combattere costa troppo dolore e sangue, che il futuro può essere migliore per tutti senza un accordo".
Purtroppo, l'impressione è che per l'Ucraina nessuna di queste condizioni sia oggi possibile. Non è stata individuata una realtà al di sopra delle parti e senza alcun interesse sul campo che sia riconosciuta dai contendenti come un possibile mediatore. E, soprattutto, né gli aggressori russi né gli aggrediti ucraini hanno rinunciato all'idea di vincere militarmente. Zelensky non chiede pace ma armi, e Putin è impermeabile a ogni proposta di tregua. Eppure, rassegnarsi all'impossibilità di aprire un canale di dialogo, sarebbe la scelta sbagliata


[ Giovanni Rapetto ]