Partiamo dall'ascolto

Anna Baldi 25 ANNI, laureata in filologia moderna, supplente, aspirante giornalista umanitaria, membro di Giovani per la Pace

Era il 20 febbraio quando la Comunità di Sant'Egidio di Padova è scesa in piazza del Santo a manifestare in difesa dell'Ucraina. Nel ruolo di presentatrice dell'evento, mi sono ritrovata per la prima volta in vita mia a parlare di fronte a quasi cinquecento persone, al grido di "No alla guerra, Sì alla pace".
È stato il momento in cui mi sono resa conto di come tutto il nostro continente, che dava ormai per scontata la propria condizione di pace, capisse all'improvviso di doverne ribadire a gran voce l'importanza. Si dice che la generazione dei millenials occidentali non abbia idea di cosa significhi tutto questo. È un dato di fatto: provo un senso di orrore solo a immaginare i miei amici venire arruolati e penso con immensa ammirazione ai Giovani per la pace di Kiev, che ora rischiano la vita in prima persona per portare aiuti. Mi domando se al loro posto avrei altrettanto coraggio, se non avrebbe la meglio l'istinto repentino della fuga. Spero di non essere mai costretta scoprire la risposta.
Eppure, se c'è una cosa che ho imparato, è che essere una Giovane per la pace è un antidoto al senso di staticità che si prova di fronte al compiersi della storia. Un antidoto che deriva anche dall'attitudine all'ascolto. Il raccoglimento intorno alla parola "pace" — come accade ogni primo martedì del mese, quando viene celebrata la preghiera in suo nome, nella chiesa dell'Immacolata, a Padova — aiuta a non cedere all'assuefazione di fronte alle notizie di morti e di bombardamenti. Negli anni, ho capito come "ascoltare" significhi innanzitutto allenarmi a mettere a disposizione il mio tempo, a intrecciarlo a quello di chi mi sta vicino.
L'attitudine all'ascolto mi ha permesso di diventare custode delle storie dei tanti miei amici rifugiati, che da anni mi raccontano gli orrori di guerre altrettanto crudeli e inutili: sono state anche le loro parole a prepararmi a questo momento di emergenza, a farmi scoprire che questa guerra rende più poveri e soli anche tutti i rifugiati in fuga dalle altre parti del mondo, sia pure l'Afghanistan, il Mali, lo Yemen e quant'altro.
È grazie a loro e alla Comunità se oggi sono davvero consapevole di come vivere in un tempo di pace sia dare per scontato di poter uscire semplicemente a fare una passeggiata, sentendomi al sicuro. Solo oggi i millennials occidentali vedono che la pace non è scontata Penso che dall'ascolto, nella sua apparente condizione di stasi, parta un imperativo ad assumere su di sé la responsabilità della parola pace nel proprio piccolo quotidiano. E infatti sono tante le persone che ora hanno deciso di "adottare" famiglie di rifugiati ucraini, senza dimenticare chi arriva nelle condizioni più critiche. È il caso, ad esempio, di alcune persone in dialisi, in parte ospitate con le loro famiglie nella casa d'accoglienza Sant'Angela Merici in via Falloppio a Padova, e assistite quotidianamente e fedelmente dalla Comunità.
Grazie alla strada percorsa come Giovane per la pace, ho capito che camminando insieme siamo molto meno impotenti di quanto cercano di far credere a noi giovani: il cambiamento si può fare anche abbracciando una persona alla volta.


[ Anna Baldi ]