Nel nome del Papa democratico

Bergoglio e il popolo secondo Dante Monda

Assieme a politica e democrazia è forse una delle categorie più antiche, il popolo. Più antiche e anche abusate, verrebbe da dire. Spesso tirata da una parte e dall'altra dalle contrapposizioni di campo, necessita oggi di una nuova formulazione al di là degli schieramenti politici troppo spesso dettati da interessi di parte.
È quanto sta provando a fare papa Francesco che parla di «crisi globale» che «solo un pensiero davvero aperto può affrontare». È quanto prova a fare Dante Monda docente di Filosofia e Storia presso il Collegio Villoresi San Giuseppe di Monza, intellettuale esperto di pensiero politico e teologia politica - proprio alla luce del pensiero di Jorge Mario 
Bergoglio in "Papa Francesco e il popolo. Una sfida per la Chiesa e la democrazia (Morcelliana)".
«Il racconto scelto in questo libro è quello del popolo, un mito antico e forse dimenticato: la trama di quella storia si è sfibrata, soprattutto in Occidente. Nel volume però non si propone una toppa, un "rammendo", come direbbe il Papa, ma si intravede e si racconta una nuova tessitura, una nuova trama: si prosegue il racconto, si abita la Storia», scrive padre Antonio Spadaro nella prefazione.
Così, invece, Andrea Riccardi, nel secondo prezioso contributo offerto al volume dopo quello del direttore di Civiltà Cattolica: «Questo libro è un contributo originale, che fa pensare e che arricchisce il dibattito, ponendo papa Bergoglio come un interlocutore per tutti, cioè per chi voglia pensare il tùturo in modo aperto e per chi senta che stiamo andando verso il domani un po' come ciechi che hanno l'illusione di vedere o come persone (governi, popoli, decisori) troppo trascinate da processi incontrollati».
La visione di Bergoglio, nella crisi attuale della democrazia occidentale, apporta nuove riflessioni e prospettive. Infatti, dopo vent'anni, a partire dal terribile 11 settembre 2001 fino al ritiro dall'Afghanistan nel 2021, si è passati dalla baldanzosa fiducia nella democrazia liberale e occidentale come panacea per rigenerare le società politiche di tutto il mondo, alla quasi rinuncia a far crescere la democrazia. Certo, Bergoglio difende la democrazia in quanto tale, perché, come ricorda lui stesso «il sistema democratico è l'orizzonte e lo stile di vita che abbiamo scelto di avere e in esso dobbiamo dirimere le nostre differenze e trovare i nostri consensi». Ma la democrazia la vuole difendere anzitutto a partire dall'identità del soggetto storico autonomo che l'ha scelta e la costruisce: appunto il popolo.
La democrazia è l'orizzonte normativo attuale, ma solo in quanto essa è inscritta nella cultura storicamente data. Cultura che, paradossalmente, rappresenta «la totalità della vita di un popolo», ma al contempo resta contingente e non chiusa e definita una volta per tutte.
La democrazia, secondo la visione di Bergoglio, non esiste una volta per tutte, né deve esistere in senso astratto come norma morale generale, ma, spiega ancor Riccardi, «si fa a partire dal costruirsi del singolo popolo, che al contempo conserva e innova le proprie strutture democratiche. È un orizzonte aperto, ancora non deciso, che più che analizzare Francesco profetizza e, più che progettare, spera».
Qui sembra esserci anche il senso più profondo del prezioso quanto coraggioso lavoro di Monda. Non la volontà di chiudere la riflessione ma semmai di lasciarla aperta, come aperto è da sempre il pensiero dell'attuale Pontefice che non offre facili soluzioni ma apre cammini di conoscenza e realizzazione.


[ Paolo Rodari ]