lus scholae, un atto di giustizia: la nuova Italia nasce in classe

Primo Piano
La norma (cittadinanza a chi frequenta per 5 anni uno o più cicli d'istruzione) sarebbe una scelta di buonsenso

E' la versione aggiornata dello ius culturae, proposto come via maestra per ottenere la cittadinanza da Andrea Riccardi, storico, fondatore della Comunità di Sant'Egidio, nostro editorialista da anni, quando era ministro della Cooperazione e dell'integrazione del Governo Monti, dieci anni fa.
Lo ius scholae (diventa italiano chi ha studiato qui) risulta sostenuto dalla maggioranza della popolazione (stando a un recente sondaggio è appoggiato dal 59%), è sicuramente caldeggiato da importanti settori della società civile (l'elenco di chi si è espresso a favore è lungo e trasversale; tra gli altri, oltre a Sant'Egidio
, figurano Acli, Amnesty international, Arci, Caritas italiana, Cgil, Save the children), ma inciampa in Parlamento: il 30 giugno l'assemblea di Montecitorio ha deciso di non decidere, rinviando l'esame del provvedimento. Segno evidente di crescenti tensioni: Pd, Movimento 5 stelle, Leu e Italia Viva da una parte, Lega e Fratelli d'Italia dall'altra, Forza Italia in mezzo, cautamente possibilista, sostanzialmente spaccata.
Le elezioni politiche si avvicinano. La propaganda di parte sottrae spazio alla riflessione e al dibattito costruttivo. Il testo giunto all'esame dell'assemblea di Montecitorio consente «l'acquisto della cittadinanza italiana al minore straniero che sia nato in Italia o vi abbia fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età e che abbia risieduto legalmente e senza interruzioni nel nostro Paese, qualora abbia frequentato regolarmente per almeno cinque anni nel territorio nazionale uno o più cicli presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione o percorsi di formazione professionale».

Il ministero dell'Istruzione scrive nei suoi report che durante l'anno scolastico 2019-2020 gli studenti di cittadinanza non italiana erano 877.000, il 10,3% del totale. Allievo più, allievo meno, l'universo di riferimento è quello. Rimangono due o tre certezze e un timore. Cominciamo dall'ultimo: si rischia che anche questa legislatura termini (la fine naturale è prevista nel marzo 2023) con un nulla di fatto. Sarebbe la seconda volta. Una riforma del diritto di cittadinanza cadde a un passo dal traguardo nel 2017, pochi mesi prima di andare al voto.
Le certezze? Questa legge sfugge alla tenaglia ius sanguinis-ius soli e ci consegna un'interpretazione originale della questione. Nelle nostre aule i figli degli stranieri già oggi vivono, parlano e sognano da italiani. Le nuove norme pongono classi e insegnanti al centro del processo di formazione dell'identità nazionale. Una conferma, non una novità. La scuola, per limitarci a un esempio, ha sigillato l'Unità del Paese forgiando generazioni di italiani post risorgimentali. Ha trasformato in sentire comune il desiderio di ripresa dopo la Seconda guerra mondiale. Insomma, lo ius scholae crea, e non sgretola, identità. Prenderne atto, traducendolo in pratica il prima possibile, oltre che un atto di giustizia è esercizio di buon senso. 


[ Alberto Chiara ]