Accoglienza, corridoi umanitari e Ius scholae vie d'integrazione

Il presidente della CEI, Zuppi, e il ministro dell'Interno ieri all'Ambasciata d'Italia presso la Santa Sede.

Se non c'è accoglienza non c'è futuro, perché quando si parla di integrazione in realtà si parla di qualcosa che è «vitale» per il nostro Paese. E soprattutto il modello ormai consolidato dei corridoi umanitari ha dimostrato di saper attivare il "rinascimento" della società civile italiana.
L'occasione è la presentazione del volume di Mario Marazziti "Porte aperte. Viaggio nell'Italia che non ha paura", organizzata dall'Ambasciatore d'Italia presso la Santa Sede Francesco Di Nitto, che diventa spunto per una riflessione a tutto tondo sulla necessità di affrontare il tema dell'immigrazione e dell'integrazione in maniera diversa, prendendo spunto proprio dall'esperienza dei corridoi umanitari. Ma è lo Ius scholae a tornare spesso al centro del dibattito.
«Sono quindici anni che i miei predecessori hanno detto che la cittadinanza garantisce l'integrazione - sottolinea il presidente della Cei, l'arcivescovo di Bologna cardinale Matteo Zuppi-, mi auguro che la politica faccia la politica». La realtà è che il nostro Paese ha bisogno di persone, in particolare in alcuni settori produttivi, «la politica deve guardare al futuro. Qualcuno pensa che la lettura della Chiesa sull'accoglienza sia una lettura di parte, ma senza accoglienza non c'è futuro. Non si arrivi tardi».
Quella dei corridoi umanitari, vie di ingresso sicure e legali per i migranti, «è la strada corretta anche perché aiuta l'inclusione e l'integrazione», aggiunge poco dopo la ministra dell'Interno Luciana Lamorgese, ricordando che «dal 2015 sono stati circa 7mila i corridoi umanitari». Inoltre la responsabile del Viminale sottolinea come anche in Europa sia cambiato l'approccio culturale, perché adesso «è passata la linea della solidarietà mentre finora si era parlato di responsabilità».
Oggi infatti «l'immigrazione per noi è vitale, ma la politica non lo ha ancora capito», sottolinea il presidente della Comunità di Sant'Egidio, Marco Impagliazzo, aggiungendo che lo Ius scholae «aiuterà ancora di più il processo di integrazione perché la lingua è la premessa per l'integrazione. L'Italia ha bisogno di lavoratori, di immigrati che sostengano il sistema Italia e allo stesso tempo queste persone hanno bisogno di protezione. E' una miscela di successo che speriamo possa essere allargata ai migranti economici».
La Comunità, dopo aver lanciato i corridoi umanitari insieme alla Conferenza episcopale italiana e alla Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (Fcei), adesso rilancia l'ipotesi del "garante" per poter agevolare l'ingresso regolare degli stranieri nel nostro Paese e il modello dei corridoi raccontato nel volume di Marazziti. «Ci sono storie di persone che hanno riscoperto la bellezza dell'essere italiani nell'accogliere chi arriva - spiega l'autore -, singoli che si mettono insieme per organizzare l'accoglienza, sono risorse della società civile». La consapevolezza che deve tornare - gli fa eco Daniele Garrone, presidente Fcei - è che «la cittadinanza non è una concessione, ne ha bisogno la nazione»


[ Alessia Guerrieri ]