In "vacanza" con i profughi

Il racconto delle ferie solidali trascorse da un medico nei campi di accoglienza delle isole greche
«Un libro che ben esprime l'accoglienza del prossimo e il rispetto della dignità umana, tratti distintivi — a differenza di quanto spesso si crede — del nostro essere italiani ed europei»

Ha detto più volte, giustamente, Papa Francesco che i rifugiati non sono un pericolo, ma sono in pericolo. Eppure, infondati quanto corrosivi allarmi sociali hanno voluto far passare l'immigrazione come uno dei problemi più gravi e urgenti del Paese. La gestione dei flussi migratori da anni è divenuta e continua ad essere un tema questione per l'agenda politica italiana ed europea, giocando un ruolo determinante nelle principali tornate elettorali.
L'ultimo 
volume di Michelangelo Bartolo, Samos. Un medico "in vacanza" nei campi profughi in Grecia, (Formigine, Infinito Edizioni, 2022, pagine 96, euro 12) - assai accattivante come i precedenti — è andato in stampa a poche settimane dallo scoppio della guerra in Ucraina e, per tragica casualità, ha fatto tornare la condizione dei profughi di estrema attualità.
Ancora una volta, un libro scritto in prima persona, con uno stile 
leggero, decisamente ironico, dall'autore, medico ospedaliero tra i pionieri dei servizi di telemedicina in Italia, attività medica che, prima del covid, era relegata a pochi avventurosi del settore. 
E' il racconto, quasi in presa diretta, di una "vacanza solidale" (termine timidamente di moda), compiuta nei campi profughi di alcune isole greche che, oltre ad essere un'ambita meta turistica, sono diventate luogo di "accoglienza" di migliaia di profughi provenienti dall'Oriente e dall'Africa. E' la descrizione, che passa attraverso luoghi, volti e storie che dipingono un'Europa spesso "distratta", che si volta dall'altra parte e non affronta questa realtà. Un libro che ben esprime l'accoglienza del prossimo e il rispetto della dignità umana, tratti distintivi — a differenza di quanto spesso si crede — del nostro essere italiani ed europei.
Per Andrea Riccardi 
esiste un «umanesimo italiano che è culturale e letterario, ma anche "vivente", rappresentato appunto dalla profonda umanità del nostro popolo. È vero, stiamo attraversando una stagione di transizione e di crisi che ci fa soffrire umanamente e antropologicamente. Penso che tutti dovremmo fare dì più: lo Stato, le comunità locali, ma anche noi cittadini dobbiamo essere più consapevoli della nostra identità». 
Il minimo comune multiplo delle tante storie narrate sono comunque guerra e povertà che talvolta si amplificano a vicenda, accanto al desiderio di una vita migliore che traspare dai tanti volti dipinti nelle pagine del libro. Contro il catastrofismo dei populisti e la retorica dei muri e dei porti chiusi, l'immigrazione si può e si deve governare. Senza paura, e soprattutto senza mettere in discussione, con il pretesto dell'emergenza, la qualità delle nostre democrazie. Se c'è un senso nel parlare di identità e stile di vita europei, esso è tutto nel difendere e promuovere un'idea ampia e plurale di Europa.
I diritti degli immigrati 
sono, semplicemente, una parte del sistema di diritti di cui tutti godiamo. Davanti al dramma dell'emigrazione, a oggi, i corridoi umanitari sono — osserva giustamente Bartolo — forse l'unica soluzione che può non costringere i migranti a raggiungere l'Europa senza dover attraversare prove pericolosissime, quasi un giro della morte, per raggiungere le nostre coste.
I dati forniti dall'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) riportano che tra il 2015 e il 2021 nel Mediterraneo ci sono stati almeno diciannovemila morti. Dati che ovviamente non tengono conto di chi, provenendo dall'Africa, muore nel deserto. Il primo corridoio umanitario con i campi profughi della Grecia fu realizzato in tempi record da Papa Francesco, che nell'aprile del 2016, dopo aver visitato il campo profughi di Lesbo, tornò in Italia con dodici profughi musulmani, di cui sei minori, successivamente ospitati dalla Comunità di Sant'Egidio.
Da allora i corridoi umanitari sono divenuti una realtà rodata che vede il coinvolgimento attivo della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, la Tavola Valdese, la Cei-Caritas e il governo italiano. Una volta arrivati in Italia con voli di linea, legalmente e in sicurezza, i profughi potranno presentare domanda di asilo. Dal 2016 attraverso i corridoi umanitari sono venuti in Italia quasi cinquemila persone provenienti da Siria, Eritrea, Afghanistan, Somalia, Sud Sudan, Iraq e Yemen. E' anche un modo per contrastare il business degli scafisti e dei trafficanti di esseri umani. 
L'introduzione del cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana, sottolinea che Bartolo: «con ironia e leggerezza e sempre con tanta intelligente passione, ci porta a vedere, capire, toccare i campi profughi di Samos, Lesbo e Chios con i suoi "non abitanti" condannati in tanti modi a restare fuori dalla porta. Vedendo loro capiamo i dettagli e le tante contraddizioni di un'Europa che non sa accogliere, che respinge, nell'indifferenza di molti e con la complicità di tutti, consapevoli e no. Ma anche l'autore ci aiuta a capire come la compassione è possibile sempre e per tutti, rende piena e ricca la vita di chi dona e di chi riceve. I campi profughi di Samos, Lesbo, Chios, possono diventare una porta o un muro impenetrabile: se sono un muro non solo neghiamo il futuro a loro ma anche a noi, se diventano una porta possono aprire anche la porta dell'Europa e fargli capire che nell'inferno dell'individualismo si rischia di perdere anche quello che si ha».

 


[ Antonio Salvati ]