I capelli bianchi un dono e una benedizione per tutti

In un volume le catechesi di Papa Francesco sulla vecchiaia
«Noi "vecchi" - ha detto il Papa all`udienza generale del 24 agosto - dovremmo essere luce per gli altri. L`intera nostra vita appare come un seme che dovrà essere sotterrato perché nasca il suo fiore e il suo frutto. Nascerà, insieme con tutto il resto del mondo. Non senza doglie, non senza dolore, ma nascerà»

Papa Francesco ha voluto raccogliere la sfida spirituale della vecchiaia. Già da arcivescovo di Buenos Aires era intervenuto sul tema. Da Papa ha sviluppato ancor più il suo insegnamento sulla vecchiaia sino a istituire un'apposita festa liturgica per celebrare la figura dei nonni. Ma è attraverso le presenti Catechesi che Papa Francesco propone un aiuto più articolato e complessivo agli anziani — in particolare i credenti, ma non solo — perché affrontino questa ultima età della vita come un tempo di grazia, un tempo opportuno, un tempo di crescita anche se il corpo si infragilisce. È il tempo che conduce al compimento la propria esistenza. (...)
La vecchiaia possiede una sua speciale capacità di cura nei confronti della giovinezza, che inverte il rapporto considerato più ovvio e naturale. La vecchiaia deve costituire un presidio insostituibile per la custodia della nostra iniziazione al valore trascendente della vita, comunicando alla giovinezza la certezza della sua sperata destinazione al compimento. Nelle catechesi di Papa Francesco, la meditazione che deve incoraggiare il rilancio di questa alleanza segue un filo preciso, pur nella comprensibile flessibilità di una trattazione esperienziale e non sistematica.
La cadenza di questo percorso trae luce da molti passaggi significativi della testimonianza biblica, spesso legati a episodi e pagine di più rara meditazione. Un primo tratto del percorso è legato al simbolo della lunghezza degli anni della vecchiaia, che caratterizza l'età delle prime generazioni della storia e dei patriarchi della fede. Il libro della genealogia di Adamo (Genesi 5), che enumera le generazioni fino a Noè, elenca numeri spropositati per la nostra percezione delle durate. Numeri che consentono una sovrapposizione a noi totalmente estranea delle generazioni. Come se — così la interpreta il Papa — la vita propriamente umana fosse, nelle prime stagioni dell'umanità, un'esperienza a tal punto inedita e avventurosa, da necessitare di una lunga iniziazione alla sua esperienza. A quello scopo la lunga sovrapposizione delle generazioni — dei padri e dei figli — doveva quindi offrire un lungo margine di sperimentazione condivisa, un ampio spazio di alleanza e di cooperazione prolungata.
I nostri tempi di sovrapposizione si sono ridotti (anche se vanno riconquistando un'ampiezza che fino a ieri era impensabile: già ora viviamo, almeno in Occidente, alcune decine di anni in più). Ma la lezione rimane: la sovrapposizione è una benedizione, non un ostacolo all'esperienza compiuta della vita e del suo destino. Noè, il mediatore salvifico dell'umanità che deve scampare al diluvio e garantire la generazione che dovrà rinnovare la terra, è un vecchio gagliardo, al quale non devi insegnare la vita. Egli, dopo il diluvio ritorna al suo lavoro e conserva il suo rispetto.
Mosè era ultracentenario alla sua morte, in vista della terra promessa, nella quale il suo popolo — non lui — potrà finalmente entrare. Simeone e Anna, di cui parla il Vangelo della presentazione di Gesù al tempio, sono più vicini alla nostra vecchiaia. La loro fedele attesa del Signore ha affinato la loro percezione: lo vedono e lo sentono arrivare prima di tutti. E' bellissimo quando gli anziani confermano con esultanza la visita del Signore, e in essa, la benedizione di una nuova nascita. Questa rassicurazione, i giovani, non se la possono dare da sé, con la stessa forza, con la stessa certezza, con la stessa consolazione.
La sovrapposizione delle generazioni è un dono: e se i vecchi fanno la loro parte, è una benedizione che fa circolare la certezza della grazia nella nuova generazione. Certo, se gli anziani li guardi con commiserazione, o addirittura con risentimento, a ogni nascita e a ogni difetto, procuri un danno grave. Difficilmente rimarginabile.
Non c'è solo la testimonianza della sovrapposizione, che sostiene l'iniziazione. C'è anche quella del congedo, che lascia per tempo un'eredità buona, una testimonianza onorevole, una delicatezza amorevole. Eleazaro — l'anziano che testimonia la fede al Signore sino alla morte — rifiuta di fingere condiscendenza all'imposizione del rituale idolatrico, mantenendo il suo rifiuto e non simulando la sua accettazione. Lo fa per riguardo ai giovani, affinché possano apprendere che la coerenza della fede e la sincerità della testimonianza prendono il loro massimo valore proprio alla fine: quando la vita, ormai, è stata vissuta, e potrebbe sembrare che nella simulazione non ci sia più niente da perdere. Proprio allora invece, confessa Eleazaro, la fedeltà vale più di tutta la vita. E prima i giovani lo impareranno, più felici saranno della loro appartenenza alla generazione dei testimoni.
Giuditta ha compiuto, nella sua maturità, un'azione memorabile per la salvezza del suo popolo: un'impresa che molti giovani guerrieri e molti esperti generali non hanno avuto il coraggio di affrontare. Impresa di eccezione. Non è il tema del suo insegnamento, però. La sua lezione, Giuditta la darà nella sua lunga vecchiaia, custodendo la sua famiglia, prendendosi cura dei suoi affetti, concedendo libertà agli schiavi, diffondendo il suo esempio di sobrietà, di generosità, di ospitalità come una benedizione per tutta la comunità.
L'alleanza dell'anziana Rut e della giovane Noemi dovrà superare molti ostacoli: psicologici, etnici, religiosi. La sua riuscita, però, farà risplendere la potenza e la bellezza dei doni reciproci. La giovane Rut si lascia guidare dall'amore per Noemi e sceglie non solo di non abbandonarla, ma di accompagnarla sino a scegliere Israele come il suo popolo. Non accetta che la vita dell'anziana Noemi sia finita. Lei, giovane e straniera, rischia l'amicizia con Noemi. Sconfigge così ogni chiusura e apre la strada di un futuro comune che sembrava sbarrato.
La vecchiaia, naturalmente, rimane esposta alle insidie della perdita totale e del disincanto radicale. Giobbe e Qoelet — vite di rettitudine e di saggezza, al vaglio dell'impatto con la tragedia degli affetti e l'enigma dell'insignificanza —, offrono una lezione biblica audace, dura, non reticente. La fede ne deve essere purificata come in un crogiuolo. La Parola di Dio non censura la reazione e il dubbio che si aprono la strada, apparentemente, al termine di una vita che ha fatto tutte le esperienze possibili, di una condotta che ha seguito le vie della giustizia e della saggezza. Ma si aspetta che la testimonianza del proprio attaccamento a Dio — in spe e contra spem — porti il cuore oltre l'ostacolo, come si dice.
La testimonianza dell'anziano è definitivamente credibile, a questo riguardo. Quando l'anziano non si arrende al risentimento e al disincanto, rifiutandosi di pensare a Dio come a un giocatore d'azzardo, indifferente alle perdite umane, la sua testimonianza è imbattibile. Naturalmente, nel passaggio attraverso il crogiuolo, la qualità dell'amore che l'anziano riceve farà la differenza, quanto alla possibilità di riappropriarsi di questo dono della testimonianza. Nel Nuovo Testamento, la spiritualità della vita e la sequela del Signore si aprono all'orizzonte della nuova nascita che significa risurrezione dalla morte. Nicodemo impara che la prima nascita non si ripete: essa è l'iniziazione a una seconda nascita che viene dall'alto. Questa seconda nascita, però, non è una sublimazione della mente o un'estasi dello spirito. Questa seconda nascita è la risurrezione, la vita nuova della creatura nell'intimità di Dio, il compimento dell'atto creatore che trasfigura i corpi e i mondi. Vuol dire che gli affetti — che noi abbiamo coltivato nel corpo — non sono rimossi, cancellati, dimenticati. Il Signore va a preparare un posto per noi e ritornerà per «un brindisi inaugurale» di una nuova e inedita età della vita: quella nell'eternità.
La vecchiaia che dura — e non tocca a noi sindacare su quanto tempo avrà Pietro e quanto invece ne avrà Giovanni — si specializza nell'affinamento dell'essenziale: che ci sarà restituito cento volte, insieme con la vita eterna. Le doglie della prima nascita sono riservate alla giovinezza. Le doglie della seconda nascita, che stanno sullo sfondo della nostra inquietudine circa la destinazione della vita vissuta, sono una prerogativa della vecchiaia. Lei le sente, queste. Se ne trae soltanto paura, siamo perduti. Se invece ne apre la testimonianza, i nostri capelli bianchi saranno una benedizione per tutti. Avranno i riflessi dell'Antico dei Giorni di cui parla la profezia di Daniele. Saranno il lampo di confidenza che accompagna il gesto del Vegliardo dell'Apocalisse, che mette una mano rassicurante sulla spalla del Veggente che si sente morire. Fino a che si scopre che la candida figura di Vecchio che occupa il trono di Dio dall'eternità, in realtà, è il giovane Gesù appena risorto da morte, che è il Primo e l'Ultimo di ogni generazione: perché nessuno entra nel mondo per cadere fuori dalla generazione di Dio.
Per una generazione cne si sente morire già in tenera età, la mano rassicurante del vecchio dovrà fare la differenza. Deve accadere ora! Così ci dice Papa Francesco, con le sue parole sulla vecchiaia. 
"La vita lunga. Lezioni sulla vecchiaia" è il titolo del volume, a cura di Giuseppe Romano (Solferino editore, Milano, 2022, pagine 224, euro 17), che raccoglie i testi delle catechesi svolte sul tema da Papa Francesco durante diciotto udienze generali, a partire da mercoledì 23 febbraio fino a mercoledì 24 agosto. Corredano il libro alcuni altri interventi dedicati alla vecchiaia e i due messaggi in occasione della Giornata mondiale dei nonni e degli anziani, che a partire dal 2021 il Pontefice ha voluto istituire nella quarta domenica di luglio. Pubblichiamo in questa pagina ampi stralci della parte conclusiva della presentazione al volume, scritta dall'arcivescovo presidente della Pontificia accademia per la vita. 


[ Vincenzo Paglia ]