Catania, la grande fuga dai banchi. "Gli istituti vuoti iniziano a chiudere"

In Sicilia il record di giovani che lasciano gli studi: "Legame con il reclutamento da parte della criminalità organizzata" Pronta una task force: stop al reddito di cittadinanza e segnalazione per i genitori di chi somma troppe assenze

Tre settimane fa, nella città che celebrava in grande stile la sua patrona Sant'Agata dopo due anni di Covid, con la processione in piazza e migliaia di fedeli a indossare il «sacco» - la lunga tunica bianca della devozione -, è stato il vescovo Luigi Renna a tuonare: «I nostri genitori - ha detto - avevano forse solo la quinta elementare, ma ci hanno tenuto a mandarci a scuola, anche se qualche giorno eravamo svogliati, per farci il dono di un futuro da persone libere». E ancora: «Tu, caro devoto, hai portato a Sant'Agata il tuo bambino vestito con il sacco e hai fatto una cosa bellissima. Ma mi chiedo se fra qualche settimana gli metterai il grembiule scolastico e gli darai lo zaino  con i libri».
Parole taglienti come lame, qui a Catania, la città che quest'anno detiene il record italiano della dispersione scolastica, più del 25%, oltre il doppio del 12,7 della media nazionale. Significa che uno su quattro dei ragazzi trai 6 e i 16 anni non vanno a scuola, percentuale che in quartieri difficili come Librino e San Giovanni Galermo sale fin quasi a raddoppiarsi. E basta venire in queste periferie avvolte nell'afa, dove si sente solo lo sfrecciare degli scooter truccati, per toccare con mano l'allarme.
San Giovanni Galermo, comune autonomo e rurale fino al 1926, scelto negli anni Sessanta per insediamenti popolari, poi travolto dall'abusivismo e oggi quartiere-dormitorio per 14 mila abitanti. E poi Librino, ideato come new-town modello da Kenzó Tange, a due passi dall'aeroporto di Fontanarossa che trabocca di turisti stranieri, diventato in breve un'esemplare incompiuta aggredita dalla criminalità. Quartieri dove lo Stato è un'astronave che di rado emette qualche segnale di esistenza, sin dai primi vagiti dei bambini che vi nascono.
«A San Giovanni Galermo non esiste nessun asilo nido, a Librino ce ne sono due, decentrati, ma è in tutta Catania che la situazione è drammatica per i bambini da zero a 3 anni, solo il 5% trova posto, cioè 300 su circa 6.500», spiegano gli attivisti di una rete di associazioni ed enti (tra cui Save the children) che ha costituito un coordinamento di iniziative e monitoraggio del Pnnr per far sì che i fondi europei servano a cambiare le cose. Disegnano campi sportivi, parchi, strutture ricreative dove oggi vedi solo asfalto e cemento.
Ma non va meglio per la scuola dell'obbligo. Oggi, mentre otto milioni di studenti tornano in classe in tutta Italia (in Sicilia, regione a statuto speciale, si ricomincerà tra qualche giorno), c'è un quarto dei futuri cittadini di Catania che manca all'appello. Banchi vuoti, classi decimate, ma schiere robuste di giovani utilizzati dalla criminalità per spacciare, lavorare in nero, partecipare al grande business della corse clandestine. «Vede questa strada? Qualche mese fa un ragazzino di origine kosovara che non andava a scuola per le corse è finito in ospedale perché un cavallo gli ha dato un calcio sulla schiena e per poco non restava paralizzato», racconta camminando Emiliano Abramo, presidente della Comunità di Sant'Egidio, oggi candidato per il Pd alla Camera. E' lui a rilanciare un allarme che già l'anno scorso, nell'aprile 2021, ha spinto il presidente del Tribunale dei minorenni, Roberto Di Bella, a promuovere la costituzione dell'Osservatorio metropolitano per i minori a rischio, una cabina di regia di cui fanno parte tutte le istituzioni locali, dal prefetto Maria Librizzi (che lo coordina) al sindaco (che, dopo le dimissioni di Salvo Pogliese candidato alle politiche per Fratelli d'Italia, l'altro ieri è stato sostituito da un commissario), dalla procura alle forze dell'ordine, dall'Ispettorato del lavoro all'Ufficio scolastico.
Una task force poco burocratica e molto operativa che ha portato al traguardo due provvedimenti concreti: la sospensione del reddito di cittadinanza per i genitori che non iscrivono o non mandano i figli a scuola, con un accordo che coinvolge l'Inps, e la segnalazione diretta della scuola all'autorità giudiziaria, nel caso di un certo numero di assenze dal banco: Di Bella, che nel suo precedente incarico a Reggio Calabria ha realizzato il progetto «Liberi di scegliere» (l'allontanamento in altri contesti dei minorenni dalle famiglie di 'ndrangheta, un progetto che ha salvato più di ottanta ragazzi), spiegava alla vigilia del provvedimento la lentezza delle procedure ordinarie: «C'è un vecchio decreto legislativo il quale prevede che la scuola segnali ai servizi sociali. I servizi sociali contattano la famiglia: si prova ad esperire un tentativo di avvicinamento alle istituzioni e, se questo fallisce, la segnalazione deve essere fatta al sindaco che può contattare l'autorità giudiziaria». Tempi biblici, che adesso vengono notevolmente ridotti: «Dopo la segnalazione scattano provvedimenti progressivi, con delle prescrizioni nei confronti dei genitori. Se non vengono rispettate, arriviamo alla decadenza della responsabilità genitoriale e all'inserimento dei ragazzi in comunita».
Perché una cosa è chiara a tutte le istituzioni: il travaso dai banchi di scuola alle file della criminalità giovanile, dove Catania raggiunge pure tassi da record. La dice lunga il fatto che la Commissione antimafia del Parlamento regionale a lungo presieduta dal deputato etneo Claudio Fava ha appena pubblicato un rapporto sulla dispersione scolastica in Sicilia (regione che ha tutta il record negativo in Italia, 21,1 per cento), frutto di otto mesi di lavoro e di 65 audizioni, realizzato in collaborazione con l'ex magistrato Teresa Principato.
«C'è un legame preciso — si legge — tra l'evasione dell'obbligo di frequenza e il reclutamento dei giovani da parte delle associazioni criminali». Ma proprio a San Giovanni Galermo e a Librino — racconta ancora Emiliano Abramo della Comunità di Sant'Egidio —«due istituti comprensivi sono stati accorpati per mancanza di studenti, due porte dello Stato che si chiudono, e questo è un pessimo segnale, i bambini bisogna andare a prenderli uno per uno a casa». Ci provano in Comunità nei pomeriggi di laboratorio, dove vedi i bambini che imparano di nuovo a scrivere, a leggere, a contare, «bambini che lo hanno dimenticato negli anni di didattica a distanza, che nelle periferie è stata sostanzialmente impossibile da seguire, senza dispositivi digitali e senza genitori che si occupassero dei figli». Ma provano anche a seminare speranza in questi padri e madri che non vedono per i loro bambini altro destino che il proprio. «Quartieri dove - conclude Abramo - un ex comandante dei carabinieri diceva che le mamme con una mano accarezzano i figli e con l'altra spacciano la droga». 


[ Laura Anello ]