L'Italia invecchia. Si muovono gli immigrati

Delfina Licata analizza il fenomeno migratorio

Un volume fuori dagli schemi, «L'Italia e i figli del vento», in libreria con i tipi dell'editore Donzelli (pp. 136, euro 16). Pagine che sono frutto del lavoro della sociologa Delfina Licata per la Fondazione Migrantes della Cei. L'autrice - curatrice dell'annuale «Rapporto italiani nel mondo», componente di commissioni scientifiche e tavoli tecnici inerenti «flussi migratori» o fenomeni come il «turismo di ritorno» -presenta una ricerca che individua nella mobilità un «segno dei tempi», uno dei valori e delle risorse più grandi del nostro presente e del nostro futuro. Non solo per chi si muove, ma anche per chi accoglie.
Tesi su cui poggia la sua analisi nella piena consapevolezza che l'immigrazione in Italia è un fenomeno ben consolidato da decenni ma che, sul piano politico, continua a essere trattato in modo frammentario e contraddittorio come un'emergenza speciale. Analisi, poi, che rivela la realtà innegabile di un'Italia alle prese con uno spaventoso crollo delle nascite e un progressivo invecchiamento della popolazione, mentre si continua a credere che vadano alzate barriere e muri per arrestare invasioni massicce di stranieri.
Dunque un Belpaese sempre più vecchio, tuttavia non fermo, come fa notare Licata. Perché si muovono gli immigrati, molti dei quali per esigenze di sopravvivenza, ma anche gli italiani. Partono i giovani che all'estero ci resteranno, e oltralpe o oltreoceano faranno famiglia, avranno figli e torneranno in Italia forse solo per le vacanze estive. Se ne vanno uomini e donne. Anzi, a salutare la penisola è una rilevante percentuale femminile in continuo aumento, come indicano i dati presentati in questo testo che ne interpreta poi le conseguenze. Non dimenticando che la tecnologia consente nuove modalità per essere presenti nei luoghi dai quali ci si è staccati solo fisicamente, e i voli low cost dai collegamenti continui permettono trasferimenti più frequenti (insieme a «persone migranti» si parla ormai di «persone multi situate», «globetrotter» o «pendolari di lungo raggio»).
A far riflettere il lettore, insieme all'autrice di questo saggio, sta innanzitutto un dato: i nostri connazionali che lasciano l'Italia non sono più un rivolo, ma corrispondono ora agli stranieri che vi arrivano. Il cui flusso, dopo vent'anni di crescita costante, si è arrestato. Rammentando che, sempre più spesso, chi arriva nel nostro Paese, presto riparte.
Ha ragione dunque lo storico Andrea Riccardi quando osserva nella prefazione: «L'immigrazione è un bisogno della società italiana e della sua economia, tanto che l'Italia ha integrato i suoi immigrati, seguendo modelli che non ricalcano quelli sperimentati in precedenza dalla Francia, dalla Gran Bretagna o dalla Germania». E continua: «Più che le istituzioni sono le comunità e la scuola che integrano». Ecco perché, concordando con le riflessioni di Licata circa sperimentazioni di modelli recettivi in atto a dispetto di una legislazione sempre in ritardo, «ciò che serve» - continua il fondatore della Comunità di Sant'Egidio, oggi presidente della Società Dante Alighieri - «è guardare agli italiani in modo nuovo, non statico e non fermi a vecchie rappresentazioni".
Sarà questo sguardo rinnovato ad aiutare la vera sfida che per Licata consiste soprattutto nel "riportare in essere in Italia una sorta di ascensore sociale, permettendo ai giovani di contribuire da protagonisti al progresso e al futuro italiano ed europeo». 


[ Elisa Roncalli ]