"Da Macron a Jinping. Tutti uniti per la pace"

Domani a Roma. Parla Riccardi (S.Egidio)
"Se non si punta sulla diplomazia si dovrà investire per forza nelle armi"

"Tanta gente in questo momento in Italia ha dentro una preoccupazione di pace e ha bisogno di socializzarla con gli altri e trasformare la convinzione personale in un grido comune. Andare in piazza è creare un legame tra tante istanze personali, superare un mondo caratterizzato da una frammentazione in tanti io. Da soli tutto sembra impossibile".
Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant'Egidio, sarà alla manifestazione per la pace domani a Roma, insieme a Maurizio Landini e a Don Ciotti. Perché "bisogna ristabilire come obiettivo centrale il tema della pace".
Professore, il pacifismo è davvero utile in questo momento? O è meglio usare la categoria di 'pacificatori'?
La nostra cultura ha cominciato a cedere, credendo che la guerra sia compagna obbligata delle nostre vite. Anche perché sono scomparsi i testimoni della Seconda guerra mondiale e della Shoah. E questo non inizia con la guerra in Ucraina. Ma c'è da almeno due decenni. La pace resta il fine, poi ci saranno i percorsi della diplomazia. Persino la guerra ha come obiettivo la pace, se no diventa una guerra eterna, una condizione maledetta. Siamo in un mondo in cui si combatte la guerra senza prospettiva. In Siria non esiste la pace e la pace si chiama guerra: ho incontrato ragazzi che non hanno visto che la guerra.
Le notizie che arrivano dall'Ucraina parlano di un conflitto destinato a durare ancora a lungo.
Non si vede una prospettiva, ma bisogna cercarla. Altrimenti la guerra si eternizza, come avviene in Siria. Siria e Ucraina sono legate: non dimentichiamoci che i russi hanno sperimentato in Siria i lori metodi di guerra, alcuni ufficiali sono gli stessi.
Putin ha appena consentito la riapertura dei corridoi del grano. Un segnale?
Non so se si tratta del mio desiderio di pace molto forte, ma qualche piccolo segnale qua e là lo vedo. La guerra si risolverà non solo tra russi e ucraini, ma se lo vogliono Usa e Cina, se l'Europa sa fare una politica. La situazione è talmente polarizzata dopo l'invasione russa e ha coinvolto talmente tanti paesi che è necessaria un'operazione a livello mondiale.
Il punto è: come?

C'è bisogno di Usa e Cina per arrivare a un cessate il fuoco, gelare il conflitto, riprendere a parlare.
A quali segnali di pace si riferiva prima?
Non ho elementi sicuri ma qualcosa c'è, proprio perché c'è un'esigenza diffusa di pace. Penso per esempio ai ragazzi russi venuti in Europa per non combattere, ai quali peraltro taluni paesi europei non hanno facilitato l'ingresso. Terribile. La guerra porta a demonizzare l'altro. Pensi alla caricatura degli ucraini come nazisti, ma anche al disprezzo della Russia e della sua cultura. Bisogna parlare, creare circuiti. L'assenza dell'Onu è il simbolo di come un circuito non esista.
C'è appena stata un'iniziativa di Sant'Egidio (Il grido della pace), alla quale ha partecipato anche Macron. La sua mediazione ha avuto qualche effetto?
Purtroppo sono processi lunghi. L'incontro di Roma ha significato un rafforzamento dell'idea che bisogna tentare la pace. Macron ha un ruolo importante in Europa e il suo discorso è stato molto interessante, perché è il discorso di un leader molto leale con l'Ucraina, ma consapevole della necessità della diplomazia. Ha visto anche il Papa, poi andrà negli Usa.
Lei ha appena scritto un libro sul tema dei Papi e della guerra (La guerra del silenzio. Pio XII, il nazismo, gli ebrei). Pensa che Bergoglio possa ancora avere un ruolo incisivo?
Il Papa è una voce importante che bisognerebbe ascoltare. Come scrivo in quel libro, la posizione dei Papi è spesso destinata a dispiacere a tutti gli altri, perché il papato è alla testa di un'internazionale, come la Chiesa. Sovente non viene ascoltata neanche dai cattolici.
Intanto, il governo ha sul tavolo un altro decreto con invio di armi a Kiev. D'accordo?
Credo alla legittima difesa. E l'Ucraina ha scelto la legittima difesa. Quando parlo di pace, non sono filo-putiniano: ho visto 10 milioni di ucraini in giro per l'Europa, ho visto città distrutte. Voglio che tutto questo smetta. E non smette con la guerra. L'attività diplomatica ora è fiacchissima rispetto all'impegno militare, ma il problema non è degli ucraini. C'è un nanismo diplomatico, ma l'impegno va rafforzato diffondendo la coscienza della pace nel mondo. Quando c'è nanismo diplomatico restano le armi. Ma è importante sottolineare che oggi le guerre non si vincono e' non si perdono. E non lo dico perché sono pacifista o pacificatore o paciofilo o pacioccone. Penso alla Siria, al nord del Mozambico, al Tigrai:le guerre non si vincono e non si perdono, si eternizzano.
Siamo arrivati a considerare quasi parte del 'paesaggio' la minaccia atomica.
Ma infatti, dico, siamo pazzi? Stiamo legittimando l'uso della bomba atomica. Stiamo entrando in un canale in cui stiamo perdendo il controllo di noi stessi. Il baratro. E poi la guerra significa soldi e non solo quelli che noi tutti stiamo pagando. C'è gente che con le armi ci guadagna. Ma serve un controbilanciamento con un poderoso investimento sulla pace, sulla diplomazia. Guerra vuol dire molti soldi. A parte il prezzo che noi paghiamo. c'è gente che ci guadagna. Pensiamo a ciò che ha detto il Papa sul commercio internazionale di armi.
Ma proprio sulle basi di questo discorso, mandare altre armi non significa contribuire all'eternizzazione del conflitto?
Il modo per diminuire l'investimento sulle armi è investire sulla diplomazia. Meno investi sulla diplomazia, più lasci le sorti di tutto alle armi: questo nasce dal fatto che hai perso l'obiettivo politico di fondo che è la pace. E stiamo attenti a non farci prendere da una purezza pericolosa come scrive Bernard Henry Levy. Macron ha ben detto: ogni pace è impura.


[ Wanda Marra ]