«La Chiesa con il governo per gli anziani»

Parla monsignor Paglia
Monsignor Vincenzo Paglia, 77 anni, è nato a Boville Erpica, in provincia di Frosinone. Dal 15 agosto 2016 è presidente della Pontificia accademia per la vita e gran cancelliere del Pontificio istituto Giovanni Paolo II. È inoltre consigliere spirituale della Comunità di Sant'Egidio. Ha collaborato alla cattedra di Storia contemporanea all'Università la Sapienza di Roma: significativi sono i suoi studi sul dialogo tra credenti e laici

«Non può esistere un paese civile se questo non si prende cura della sua popolazione anziana». Chi parla è monsignor Vincenzo Paglia arcivescovo cattolico italiano dall'agosto del 2016 e presidente della Pontificia Accademia per la vita. Monsignor Paglia, per il suo impegno per la pace, nel 1999 ha ricevuto la Medaglia Gandhi dell'Unesco.
Come mai, monsignor Paglia, gli anziani sono per lei una priorità, per il nostro paese, dal punto di vista sociale?
«Non semplicemente una priorità, una vera e propria emergenza. E' la prima volta nella storia del nostro Paese, infatti, che esiste una vecchiaia di massa, basti pensare che in Italia le persone con più di sessantacinque anni di età sono ben quattordici milioni ma, su questa che è una vera e propria generazione, non c'è pensiero».
E questo cosa significa?
«Innanzitutto questa situazione pone la nostra società di fronte ad una grande contraddizione: da una parte la scienza, la medicina e la tecnologia permettono di vivere più a lungo (dai 20 ai 30 anni) anche se non sempre in buone condizioni; dall'altra questa stessa società abbandona gli anziani e li relega in totale solitudine nelle loro abitazioni o negli ospizi. Consideri che l'Italia, dopo il Giappone, è la nazione con il maggior numero di anziani».
E cosa si potrebbe fare?
«Si deve cambiare il paradigma: l'intera società italiana deve prendersi cura, e con urgenza, degli anziani che a tutt'oggi sono "scartati" come ama dire spesso papa Francesco. Serve una vera e propria rivoluzione culturale perché il peggior nemico della vecchiaia è l'idea che ne abbiamo».
Secondo lei quale è l'idea che la società ha degli anziani?
«Che siano una "età di scarto" ed è assolutamente necessario rovesciare questa concezione e far diventare l'anziano una risorsa per la nostra società e non un peso. Lei pensi cosa si è inventata la società per accompagnare e sostenere i primi trenta anni di vita di una persona, legittimo e giusto per carità. Da quando si nasce fino a poco meno dei trenta anni c'è un itinerario organizzato (anche se non mancano problemi enormi, penso al mondo giovanile). Per un anziano, da quando va in pensione, c'è un vuoto assoluto, ciascuno è abbandonato a sé stesso, e da questo si deve partire con urgenza in un cambiamento culturale nella nostra società».
E lei cosa propone, monsignor Paglia?
«Abbiamo lavorato in questi anni per predisporre, attraverso una commissione creata dal Ministero della salute e poi del lavoro un disegno di legge delega che affronti il tema della organizzazione di una nuova politica per la popolazione anziana. Nell'ultimo consiglio dei Ministri del presidente del Consiglio Draghi è stato approvato il disegno di legge delega presentato dalla Commissione. Ne ho già parlato con il presidente Meloni e mi è parsa disponibile a portare avanti questo importante progetto. Ovviamente aspetto con ansia che venga accolto e messo in opera».
Cosa si prefigge questa proposta di legge?
«Innanzitutto una riorganizzazione su come prendersi cura della popolazione anziana. L'intera società italiana, dal governo centrale a quelli delle regioni e dei comuni passando anche attraverso il volontariato e il terzo settore, deve offrire un continuum assistenziale che permetta agli anziani di scegliere tra un'ampia offerta di servizi e di risposte, soprattutto che permetta loro di restare là dove da sempre vivono. È triste relegare gli anziani nelle Rsa, lontani da casa, dai parenti, dagli amici e abbandonati nella solitudine! Di contro c'è, nella proposta che questa settimana sarà sul tavolo del Presidente Giorgia Meloni, la ricerca del primato della domiciliarità. L'anziano ha diritto di restare a casa. E la società il dovere di permetterglielo. Dobbiamo realizzare una società che possa far vivere gli ultimi anni della propria vita nella serenità e nella convivialità, interrompendo il dramma dell'abbandono e della solitudine. Va attuata una Assistenza Domiciliare Integrata sociale e sanitaria, continuativa, per permettere cure adeguate. Vanno costruiti Centri Diurni integrati, va favorito il cohousing, vanno organizzati servizi di rete e inclusione sociale. Infine, raggiunti gli 80 anni tutti i cittadini devono essere valutati almeno una volta l'anno da una equipe multidisciplinare capace di disegnare un piano assistenziale personalizzato quando e dove necessario».
E le Rsa che fine farebbero?
«Per quel che riguarda le Rsa si apre un grande spazio nella gestione di tutto il continuum: non devono essere solo la fine del processo assistenziale, ma possono e debbono erogare tutti i servizi previsti. Noi auspichiamo che possano anche trasformarsi in centri diurni multifunzionali soprattutto nei piccoli comuni, dove mancano del tutto i servizi e gli anziani sono tanti. Infie le RSA possono e debbono assolvere al grande compito delle cure di transizione, alle dimissioni protette e, perché no, essere accreditate come ospedali di comunità (previsti dal PNRR col DM 77), per ricoveri di sollievo e un rapido ritorno a casa».
Ma quanti operatori sanitari servirebbero per una simile proposta?
«Centomila nuovi operatori socio-sanitari specializzati». 
E non sarebbe un costo insostenibile?
«Assolutamente no. Con il tema della prevenzione e del monitoraggio, oltre a quello dell'assistenza domiciliare irrobustita sul versante sociale, abbiamo calcolato un sostanzioso risparmio, ricavabile da un riequilibrio tra spese ospedaliere, oggi francemente in eccesso anche nel confronto europeo, e spese in assistenza primaria, territoriale e
 domiciliari».
Lei sa quanto?
«Penso che a regime il riequilibrio potrà garantire alcuni miliardi di risparmio oltre a ottimizzare e migliorare la qualità della vita degli anziani e delle famiglie astesse. Vede, già oggi se non ci fossero i nonni ad occuparsi dei nipoti salterebbe la società perché loro sono davvero un ammortizzare sociale naturale oltre ad essere un tesoro per il livello di complicità affettiva che forniscono ai propri nipoti. Il tempo dell'anziano è sempre segnato dalla gratuità in una società troppo spesso vittima esclusivamente di fatti economici
»
Monsignor Paglia, secondo lei sarebbero ben disposte le famiglie ad accettare questo?
«Oggi le famiglie, oltre ad essere frantumate, versano in difficoltà economiche e qualora lo Stato si prendesse cura dei loro anziani si supererebbero moltissimi ostacoli e certamente sarebbe più facile per le famiglie prendersi cura dei propri anziani. Aggiungo che per prendersi cura dei propri anziani è necessario che  l`intera società si svegli dal proprio torpore individualista egocentrico. E qui anche le comunità cristiane sono chiamate a prendersi cura dei più deboli, cosa che già in molte parti accade. Spero davvero che il governo metta in atto il progetto di legge: sarebbe un grande e bel regalo di Natale per  tutti gli anziani d'Italia». 
Abbiamo parlato di diritti degli anziani ma esistono anche i diritti umani che troppo spesso vengono negati in alcuni paesi. I mondiali di calcio in Qatar ci stanno riportando le proteste di alcune squadre nazionali, come l`Iran, di fronte ai diritti negati dagli ayatollah nel loro paese. Cosa ne pensa?
«Credo che far sentire lo sdegno sia doveroso e che la comunità internazionale deve ribellarsi a ciò che sta avvenendo in Iran ed anche in Qatar. Oggi non possiamo coprire con l`indifferenza il fatto che la dignità della vita dell`uomo e della donna siano abdicati facendo passare sotto silenzio le violenze e le ingiustizie».

Sui temi dei diritti umani Marco Pannella si è sempre battuto. Lei è stato suo grande amico. 
«Devo dirle che sono stato amico di Marco, anche se non poche volte stavamo su sponde opposte. Va riconosciuto a Pannella che pagava di persona le sue battaglie: in questo senso oggi manca un uomo come lui. Non a caso il motto "spes contra spem" guidava la sua azione. E mi sottolineava che erano parole di San Paolo. E aggiungeva che senza una "fede" come quella era difficile essere radicale, ossia coltivare una fede incrollabile in un futuro migliore senza mai stancarsi e scoraggiarsi. La rassegnazione per lui non esisteva. Mai bisognava perdere la speranza in una società più giusta».
E sull'aborto non eravate d'accordo.
«Ovviamente non ero d'accordo con lui. E gli dicevo che la mia convinzione era ancor più radicale della sua, perché difendo la vita dall'inizio alla fine. Questo è un paradigma della Chiesa e non solo. Marco Pannella amava la vita ma era contro, come diceva lui "la macelleria dei tavoli su cui si praticavano gli aborti clandestini" però mi lasci dire un'ultima cosa...».
Mi dica...
«Oggi che mi sto occupando degli anziani vorrei che il sostegno alle donne fosse più forte e robusto, e che si declini in quell'aiuto alla maternità che oggi non esiste, tanto è vero che lo squilibrio tra popolazione giovane e anziana è amplissimo e gravissimo. Ne va del futuro del nostro Paese».
Monsignor Vincenzo Paglia, 77 anni, è nato a Boville Emica, in provincia di Frosinone. Dal 15 agosto 2016 è presidente della Pontificia accademia perla vita e gran cancelliere del Pontificio istituto Giovanni Paolo II. È inoltre consigliere spirituale della Comunità di Sant'Egidio. Ha collaborato alla cattedra di Storia contemporanea all'Università la Sapienza di Roma: significativi sono i suoi studi sul dialogo tra credenti e laici 


[ Giovanni Terzi ]