Il vescovo di cittadinanza: "Bologna sa accogliere"

Il pubblico riconoscimento a Zuppi. Prima di lui ne fu insignito solo Lercaro
Don Matteo benvenuto due volte, in quella che adesso è a tutti gli effetti la sua città. «Essere bolognesi vuole dire essere accoglienti - ha detto il Cardinale ricevendo ieri la cittadinanzia onoraria a Palazzo D'Accursio - Della bonomia, che è il tratto distintivo della città, c'è tanto bisogno. Bologna dimostra a tutti che è possibile pensarsi insieme».
In una cerimonia calorosa, 
fatta di abbracci e di applausi, di tante strette di mano, di foto ricordo con la sorella Cecilia e con il
presidente della Comunità di Sant'Egidio, Marco Impagliazzo, Zuppi ha seguito le orme del Cardinal Lercaro, che ha ricevuto dalle mani del sindaco Guido Fanti la stessa onoreficenza, nel 1966. 
Prima di Don Matteo, solo il grande interprete del Concilio Vaticano II aveva ricevuto dalle mani del sindaco Guido Fanti la stessa onoreficenza, L'esempio è stato seguito dal sindaco Matteo Lepore, che ha accolto tra i bolognesi il vescovo. «Quando Don Matteo è arrivato, si è subito messo a disposizione, ha deciso di camminare nelle strade, sotto i portici, in tutti i luoghi - ha detto Lepore - ci ha richiamato a non essere vittime della tortura della solitudine, ma a risolvere grandi questioni, con uno sguardo più ampio verso il mondo, con la protezione della Madonna di San Luca ma citando Lucio Dalla».
All'arrivo di Zuppi nel 2015, i rapporti tra la Chiesa e il Comune sono cambiati. «È stata una novità l'intensità delle collaborazioni tra noi e lui - ha detto Lepore - a partire dall'inclusione nel mondo del lavoro di centinaia di persone. Ci siamo ritrovati a Marzabotto e nella sua lettera aperta sulla Costituzione, nei principi che ci devono condurre a portare avanti in modo condiviso percorsi importanti per la città». Zuppi come una guida in tempi molto difficili «ha il compito di aiutarci ad accendere la lanterna per andare avanti e a guardarci sempre dal lasciare qualcuno indietro».
L'accoglienza che Zuppi trovò «sorprendentemente festosa fin dall'inizio» si è ancora una volta manifestata e ora il Cardinale sente di avere «una responsabilità in più per corrispondere a questo sentimento così personale e affettuoso».
Il Cardinale ha ricordato la strage di Ustica, il 2 agosto 1980, le «ferite della città» e anche personalità straordinarie come monsignor Luigi Bettazzi, 99 anni, che al Concilio Vaticano II partecipò personalmente («anche ieri sera siamo stati fino alle 11 di sera a discutere». «Bologna è il nostro noi», ha detto Zuppi che ha citato figure della Chiesa: san Vitale e Agricola e san Petronio.
«E' un riconoscimento al "noi" che è la Chiesa alla quale appartengo. Oggi sarebbe qui anche monsignor Vecchi, uno dei più bolognesi, papa Francesco direbbe santi della porta accanto, ha detto. Il "noi" della Chiesa è molto articolato, è una famiglia dove tutto è comune. La Chiesa di Bologna ha alla sua origine un padrone e uno schiavo che morirono insieme, Vitale e Agricola, annullando le classi e vincendo i pregiudizi. L'amore non ci rende uguali ma complementari.»
Anche nel Liber Paradisus, il primo trattato di abolizione della schiavitù, 
«i capitoli non sono finiti».
Un pensiero Zuppi lo ha rivolto anche a don Mattia, dopo che la procura di Modena ha chiesto l'archiviazione per le minacce ricevute dal sacerdote, dicendo anche che gli ambiti tradizionali del mandato pastorale sono "riservati e silenziosi", a differenza dell'operato del cappellano della Ong mediterranea. 
«Don Mattia lo conosco, è una persona che ha sempre avuto attenzione per il problema di chi muore in mare - ha detto Zuppi - e anche di chi viene trattato come un animale in quelli che, come ha detto il Papa, sono dei veri e propri campi di concentramento».
Poi il Cardinale ha messo il suo nome nel librone d'onore del Comune, tra quelli di Dario Fo, Rigoberta Menchù, Martin Scorsese e Sinisa Mihajlovic. «Grazie per questo "noi" che mi ha accolto e che è la mia comunità». Firmato Zuppi, il bolognese.

[ Eleonora Capelli ]