A Capodanno in marcia per la pace con diocesi e comunità di Sant'Egidio

Domani alle ore 15 in Carmine

Ucraina, ma anche Siria, Yemen, Repubblica Centroafricana e tutti i Paesi delle guerre dimenticate faranno capolino sui cartelloni che apriranno domani il corteo della Marcia per la Pace che concluderà il momento di preghiera e riflessione in programma alle 15 alla chiesa del Carmine nell'ambito della Giornata Mondiale della Pace.
L'appuntamento, organizzato da diocesi di Pavia e comunità Sant'Egidio insieme ad altre associazioni socialmente impegnate sul territorio, inizierà con le testimonianze di un ucraino fuggito dal conflitto, un giovane medico in prima linea in tempo di Covid e un volontario di Sant'Egidio che ha iniziato la propria esperienza durante la pandemia. La marcia partirà poi da piazza del Carmine e percorrerà via XX Settembre, piazza Vittoria e piazza Duomo. Conclusione alle 17 in Cattedrale con la Messa presieduta dal vescovo Sanguineti.
Di seguito pubblichaimo un intervento di Giorgio Musso , responsabile della Comunità di Sant'Egidio di Pavia .
Non è stato possibile raggiungere una tregua natalizia in Ucraina. Era stata chiesta da più parti come segno di buona volontà e anche come rispetto per il forte sentimento religioso che alberga nel popolo russo e in quello ucraino. Ma i combattimenti si sono susseguiti senza sosta e i cristiani si sono dimostrati impotenti di fronte ad una guerra che non conosce tregua e che approfondisce le loro divisioni, le strumentalizza, ne trae giustificazione. Papa Francesco appare come l'unico leader ad insistere sulla necessità di compiere ogni sforzo per arrivare alla pace.
Ma alle classi dirigenti di questo mondo multipolare, complesso e confuso la pace non sembra interessare. Eppure sarebbe il primo ed unico interesse da perseguire, perché senza pace non possono esserci sviluppo, democrazia, rispetto dei diritti, mentre tante risorse vengono sottratte alle vere sfide del nostro tempo, su tutte l'emergenza climatica.
E' sufficiente guardare a cosa è oggi la Siria, una terra ricca di cultura, arte e archeologia, divenuta dopo più di un decennio di guerra un deserto fatto a brandelli dal proprio stesso governo, dalle milizie, dagli interessi delle potenze circostanti e, sempre più, dalle mafie. Non è certo questo il destino che vogliamo per l'Ucraina, da cui già un cittadino su sette è scappato all'estero, mentre la vita si fa sempre più dura per chi è rimasto.
Eppure alla fine di questo anno sembra di constatare come il conflitto sia divenuto parte del panorama quotidiano per un'opinione pubblica stanca, che desidera solo un po' di tranquillità dopo il logorio di due anni di pandemia. E' in questo modo che le guerre contemporanee diventano eterne, senza una fine all'orizzonte, perché alimentate da interessi che non conoscono tregua e che non trovano un argine né nella politica né nella società.
Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant'Egidio, parlando dei sentimenti diffusi dopo la pandemia, ha usato queste parole: «Sembra che quasi tutto sia impossibile. La lenta polvere che, dalla pandemia, è caduta sui cuori, provoca un senso disilluso d'impotenza. Spinge a restringere i confini dello sguardo e dell'impegno. Il recinto dell'io è l'unico rassicurante. La polvere depositata sui cuori smussa gli slanci e restringe i sentimenti. Perché occuparsi di quel che è lontano? Ci si perde. Ci si illude. Si fa fatica per niente. La vita è il recinto dell'io».
Abbiamo bisogno di una reazione, perché l'irrilevanza non è un destino ma una scelta dettata da pigrizia e conservazione. In un mondo che non si dà tregua, ciascuno può strappare un pezzo di tregua alla tela dei conflitti. Dei tanti conflitti quotidiani che lacerano famiglie, quartieri, città. Tregua da una mentalità iper-competitiva che lascia indietro chi è più fragile. Tregua da quell'avidità che diventa predazione delle risorse e sfruttamento, anche della vita degli altri. Dopo due anni di isolamenti forzati, forse abbiamo capito che la solitudine non è una scelta di indipendenza, ma una condanna alla tristezza.
Per questo mi sembra di avvertire oggi una profonda voglia di stare insieme, per affrontare un tempo che intimorisce. Lo abbiamo spesso ripetuto negli ultimi anni: nessuno si salva da solo e rafforzare il "noi" è l'unica sicurezza che abbiamo. Noi di Sant'Egidio lo abbiamo visto a Natale: mai così tante persone avevano partecipato ai nostri pranzi, quasi 500, e mai così tanti cittadini ci avevano offerto il loro aiuto. E' un segnale importante. La generosità è il passo in avanti di chi non accetta di lasciarsi vivere, magari cullandosi nel vittimismo, ma sente di doversi assumere una responsabilità.
In questo senso, la solidarietà è la nostra risposta alla guerra. E torneremo in piazza domani, 1° gennaio, assieme a tutti coloro che non vogliono rassegnarsi a considerare la guerra come un'abitudine.