Andrea Chiappori: "Sant'Egidio in marcia: serve più accoglienza"

La marcia della pace «contro il virus della guerra», seguendo le parole di papa Francesco, domani dalle 15.15 alla basilica dell'Annunziata guidata dall'arcivescovo Marco Tasca è un invito a rimettersi in marcia. Per affrontare una doppia frattura: quella del conflitto, con oltre cinquemila profughi ucraini in Liguria e «uno slancio all'accoglienza che si è un po' raffreddato proprio ora che ce n'è più bisogno». E' quella lasciata dalla pandemia, «che ha acuito la povertà e il bisogno di relazione».
Andrea Chiappori è il rappresentante della Comunità di Sant'Egidio della Liguria: che di questo disagio è un termometro preciso. A segnarne la misura, infatti, è la moltiplicazione dei centri che in città consegnano cibo, medicinali e beni di prima necessità a chi ha bisogno: due anni fa erano due, uno in via delle Fontane e uno in via Stennio, a Sampierdarena. Adesso sono dodici, sparsi in tutti i quartieri: «Alla Commenda arriviamo a 1.600 distribuzioni al mese».
A dieci mesi dall'inizio dell'invasione russa in Ucraina, Genova marcerà per la pace fino in piazza San Lorenzo con l'arcivescovo Marco Tasca. Ma il conflitto si annuncia ancora lungo.
«È importante tornare a parlare di pace: mostrare un "noi" coeso che non si rassegna alla guerra, ma cerca vie nuove di riconciliazione e manifesta ai potenti della Terra che sono tanti quelli a cui la pace sta a cuore».
A che punto è l'accoglienza de profughi dall'Ucraina sul territorio?
«L'iniziale ondata di solidarietà oggi si sta restringendo. Ed è un paradosso, proprio ora che aumenta la necessità di accogliere».
A proposito di migranti, il governo ha appena approvato il decreto con la stretta sulle Ong per frenare i flussi: cosa ne pensa?
«Assurdo. Bisognerebbe cambiare totalmente registro: perché i flussi, in realtà, andrebbero favoriti. L'Italia ha bisogno che arrivino persone che si inseriscano nel tessuto sociale e lavorativo: invece si cerca di impedirne l'arrivo. L'approccio andrebbe rovesciato: soprattutto in una regione come la nostra che ha bisogno di coprire i buchi dell'inverno demografico».
Si diceva che dalle crisi si sarebbe usciti migliori.
«Bisogna ancora fare i conti con quello che è avvenuto: e non è detto che l'umanità abbia capito qualcosa. Dalla pandemia è derivato un indebolimento generale, un senso di fragilità: soprattutto tra giovani e anziani. Quello che registriamo in seguito a pandemia e guerra è la richiesta di parole di senso. E non sempre queste richieste incontrano una risposta dalle istituzioni».
La sensazione è che il mondo del volontariato si stia sostituendo alle istituzioni nel provare a ridurre le diseguaglianze. E così?
«Il volontariato ha il polso concreto della realtà delle cose. E credo che lo spirito di gratuità sia la marcia in più che consente di essere più flessibili e pronti a rispondere ai bisogni. In una fase come questa, come Comunità di Sant'Egidio ci stiamo impegnando a non dire no a nessuno. Ma penso che la collaborazione tra associazionismo e pubblico possa essere una strada».


[ Erica Manna ]