Così l'arte ci insegna che l'identità si costruisce con lo straniero

Il seminario "Oltre il confine, un rifugio: patrimonio culturale e nuove cittadinanze"

"Corne dice Papa Francesco, gli immigrati non sono dei numeri, non sono una categoria, ma sono persone con un volto, una storia, un passato di sofferenza, sogni e speranze", così Daniela Moretti, responsabile della Scuola di Lingua e Cultura Italiana della Comunità di Sant'Egidio, apre il suo intervento nel corso del seminario "Oltre il confine, un rifugio: patrimonio culturale e nuove cittadinanze", tenutosi il 18 gennaio presso la "Curia Iulia" del Parco archeologico del Colosseo.
L'incontro si colloca nell'ambito del progetto "Paesaggi di confine. Modelli di narrazione partecipata", promosso dal Dipartimento di Storia Antropologia Religioni Arte Spettacolo dell'Università Sapienza di Roma. Si è trattato di un'occasione per parlare anche dei progetti avviati nelle scuole, come nel caso del liceo classico Pilo Albertelli, rappresentato dalla docente Michela Nocita: «Abbiamo cercato di far capire agli studenti — ha spiegato —, attraverso l'arte, l'archeologia e la storia come il fenomeno migratorio non sia un fenomeno estemporaneo ma un processo complesso, cosa che noi sappiamo ma che non è detto che loro sappiano». E' stato così facile far osservare come la storia di Roma sia la storia di molte immigrazioni e di come la città eterna sia stata la prima grande metropoli multietnica.
«Il titolo del seminario mi dà spunto per ricordare la storia di Sheikh Ali Mohamed, un rifugiato somalo dato alle fiamme il 22 maggio 1979 mentre dormiva tra i cartoni sul sagrato dell'antica chiesa di Santa Maria della Pace, dietro Piazza Navona — racconta ancora Moretti —. La comunità di Sant'Egidio fu molto colpita da questa morte e scrisse una lettera a Papa Giovanni Paolo II che lo ricordò all'Angelus della domenica successiva». L'uomo, nato a Mogadiscio nel '47,perseguitato dal regime, fuggì in Yemen e poi in Italia per cercare protezione, ma non fu riconosciuto dalla legge come rifugiato e finì per strada. Di lì a poco morì.
Moretti cita anche la storia di Jerry Essan Masslo, un sudafricano arrivato a Roma nel 1988, a cui venne riconosciuto lo status di rifugiato dall'Onu ma non dall'Italia. L'uomo fu ucciso a Villa Literno da alcuni malviventi per derubarlo, mentre si recava nei campi a raccogliere pomodori. «Era stato uno dei primi studenti della nostra Scuola di Lingua e Cultura Italiana, aperta nel 1982 con l'idea che la lingua fosse ed è la chiave d'oro con cui si possono aprire tante porte: quella del lavoro, dell'amicizia, dell'incontro con gli altri, della conoscenza e della cultura — prosegue Moretti —. Nel 2022 a Roma, sono oltre 250.000 gli stranieri di 200 nazionalità diverse che hanno frequentato i nostri corsi. Lo scorso anno più di 300 rifugiati di 40 paesi hanno avuto la possibilità di ammirare i capolavori della Galleria Borghese. Non è difficile immaginare lo stupore di ucraini, siriani, venezuelani, somali, davanti alla scultura del Bernini "Enea, Anchise e Ascanio", che descrive l'episodio della fuga di Enea da Troia con l'anziano padre sulle spalle e il figlioletto dietro. Enea, che scampa alle fiamme e alla guerra ed è costretto a fuggire lontano, in cerca di una nuova patria e di una nuova vita, è l'eroe antico che incarna le sorti di milioni di rifugiati e migranti ancora oggi».
E sulle tracce di Enea si colloca anche l'intervento di Irene Baldriga, storica dell'arte, che ricorda un passo del I libro dell'Eneide: "Quando Enea giunge a Cartagine e si addentra in un bosco per visitare il tempio di Giunone dove attende Didone, accade un fatto straordinario che sorprende il lettore e prima di tutto il protagonista. All'interno del tempio, Enea scopre una narrazione visiva che racconta la storia di Troia, ritrova la sua identità, la sua memoria. Nella casa dell'altro, egli si rispecchia nella sua stessa storia, nelle stesse vicende. E si commuove», spiega Baldriga, evidenziando come l'eroe greco si emozioni nel ritrovare parte della sua storia in un luogo che non è casa sua. «Paesaggi di confine è un progetto nato nel più alto spirito di "Terza Missione", che pone al centro il tema del confine geografico, fisico, ma anche e soprattutto simbolico, ideologico, culturale. Noi vogliamo riconoscerlo per disinnescarlo quando diventa barriera, separazione».
«Il 2022 è stato un anno segnato da vecchi e nuovi conflitti, dalla pandemia, dal cambiamento climatico — osserva Francesca Cuomo, Responsabile della comunicazione del Centro Astalli, il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati —. Il numero di persone in fuga nel mondo ha superato la soglia di 100 milioni, dato che equivale a un abitante su sette (fonte UNHCR, l'Agenzia dell'Onu per i Rifugiati)». Anche il fattore climatico gioca un ruolo importante: «Circa 23,7 milioni di persone sono state costrette a lasciare le proprie case per ragioni di questo tipo — sottolinea Cuomo —. E sono tutti sfollati "invisibili", poiché esclusi dallo status di rifugiati».
Tra le nazioni che maggiormente soffrono il cambiamento climatico, guardando ai flussi migratori verso l'Italia, nel 2021 tra í primi figurano Tunisia, Egitto, Bangladesh, Afghanistan, Siria, Costa d'Avorio, Paesi su cui impattano anche le guerre che si svolgono in altri paesi. «La maggior parte delle persone costrette a fuggire spesso non varca il confine internazionale e scappa nella prossimità; sono 51,3 milioni di sfollati interni che si sono spostati in zone più sicure del loro paese. Il 74% di rifugiati trova ospitalità in aree limitrofe all'Europa, a basso e medio reddito, Paesi in via di sviluppo; quelli con il più alto numero di rifugiati sono la Turchia, per la vicinanza alla Siria, con 3.7 milioni di persone e la Colombia che, per la prossimità con il Venezuela, conta 2.5 milioni di rifugiati. Dunque, né l'Europa né l'Italia — conclude Cuomo — offrono ospitalità al maggior numero di migranti e rifugiati, contrariamente a ciò che molti pensano».
Sin dall'antichità, come emerso da uno studio del 2019 che ha analizzato il profilo genetico dei primi abitanti di Roma, ricostruendo 12mila anni di migrazioni, la Città Eterna ha accolto donne e uomini provenienti da tutto il mondo, da Oriente a Occidente, diventando un crocevia di civiltà che proprio sulle tante stratificazioni ha fondato il suo Impero, la sua storia millenaria, la sua identità. 


[ Lorena Crisafulli ]