«Servono sostegno concreto e relazioni capaci di dare fiducia»

La tavola rotonda con i rappresentanti di istituzioni ed enti del territorio

L'«anello debole»: i più vulnerabili, i poveri. Persone spesso «sfiduciate» e «disilluse», che hanno smesso di sognare. Persone che, ricorda don Alessandro Amodeo, direttore della Caritas diocesana di Trieste, «se solo ne avessero gli strumenti, potrebbero darsi una seconda possibilità».
Chiamato ad aprire la tavola rotonda "L'Anello debole" di mercoledì scorso, don Amodeo ha invitato a riflettere sul sentire degli ultimi, i poveri appunto. «Loro, i più deboli — ha continuato il direttore della Caritas — sono persone come noi, con una storia: dobbiamo ascoltarla». Ne è seguito un coinvolgente confronto, durante il quale rappresentanti di istituzioni e enti del territorio, incalzati dalla giornalista Laura Tonero, hanno riflettuto sulla condizione di disagio sociale a Trieste e sulle nuove sfide che si delineano sui temi della povertà.
Il primo passo è quello di intervenire sulle cause strutturali del fenomeno. Secondo l'assessore comunale al Sociale Carlo Grilli, necessarie in tal senso sono «politiche efficaci, sulle quali la nostra amministrazione è costantemente al lavoro: sostegni alle famiglie e ai bambini, accesso al lavoro e allo studio, disponibilità di alloggi, e ogni forma di assistenza per i più vulnerabili». E poi importante agire sulla consapevolezza, tutelando la persona in difficoltà anche sul piano legislativo. Perché, ha precisato Francesca Vucas della Comunità San Martino al Campo, «le persone spesso non richiedono i propri diritti perché non sanno di averne».
Vi è poi un aspetto più intimo: «Tra le persone che si rivolgono a noi, sono molti coloro che non cercano beni o servizi, ma solo ascolto e consiglio», ha spiegato don Sergio Frausin della parrocchia di San Giovanni Decollato. Pensando alle persone più direttamente esposte alla povertà e all'esclusione sociale, è dunque necessario attivare percorsi di inclusione e ricucitura delle catene interrotte. E al centro dev'esserci sempre «il contatto con l'altro», come ha ricordato Paolo Parisini, presidente della Comunità di Sant'Egidio.
Tre sono le parole chiave: ascoltare, accompagnare e dare fiducia alle persone. «Perché anche la persona più in difficoltà possa tornare a sognare — ha spiegato Marco Aliotta della Caritas di Trieste — è necessaria una relazione che sia capace di dare speranza e fiducia, di offrire sguardi diversi e sostegno per affrontare le difficoltà quotidiane». Una relazione che sappia invertire il paradigma: «Non più persone in difficoltà, ma persone con tante possibilità e occasioni». 


[ F.C. ]