La speranza sempre viva nella riconciliazione

Tra divisioni etniche e povertà dello Stato più giovane al mondo
Pubblichiamo stralci dall'articolo uscito sul numero di novembre-dicembre 2022 di «Vita e Pensiero» a firma del segretario generale della Comunità di Sant'Egidio

Nel Sud Sudan, pur dotato di abbondanti risorse naturali, fra cui petrolio, oro e legname pregiato, e ricco di acqua e di terreno fertile, per cui si è guadagnato il soprannome di breadbasket (cestino del pane) del Corno d'Africa per le sue potenzialità agricole, oggi più di 8 milioni di abitanti — su una popolazione di 12 milioni — dipendono dagli aiuti umanitari delle organizzazioni internazionali. Tra questi 8 milioni di persone alcune vivono, anche a causa degli effetti dei cambiamenti climatici, una situazione di carestia permanente a rischio della vita per fame.
La fine della guerra civile, faticosamente raggiunta con la firma del Revitalized Agreement on the Resolution of Conflict in South Sudan (R-Arcss) nel 2018, sponsorizzato dal Sudan e dall'Uganda, consente la nascita di un governo di unità nazionale fra i partiti dei due principali contendenti Salva Kür Mayardit e Riek Machar, senza però la partecipazione di alcuni partiti di opposizione, che hanno considerato l'accordo come un mero powersharing, cioè un'intesa per la spartizione del potere e del controllo delle ricchezze del Paese fra i due principali contendenti.
In questo quadro drammatico si inserisce l'iniziativa di Papa Francesco, che nell'aprile 2019 convoca in Vaticano, insieme all'arcivescovo di Canterbury e al moderatore della Chiesa di Scozia, un ritiro spirituale per i leader del Paese. Al termine di questo ritiro Papa Francesco compie un gesto dirompente e profetico, inchinandosi a baciare i piedi dei leader e implorando loro di costruire insieme la pace. Le immagini del Papa che bacia i piedi dei rappresentanti del Sud Sudan fanno il giro del mondo e rimarranno per sempre impresse nei cuori e nelle menti di tanti sud sudanesi di buona volontà, che da allora non si sono più sentiti abbandonati dalla Chiesa universale. A ciascun leader viene anche consegnata una Bibbia, su cui è scritto il programma per costruire la pace: «Cercare ciò che unisce e superare ciò che divide», prendendo in prestito il testamento di san Giovanni XXIII.
L'interesse e l'impegno di Papa Francesco nascono dall'incontro con alcuni seminaristi di diverse denominazioni cristiane, che lo hanno invitato a visitare il Paese, e attraverso l'incontro con il Consiglio ecumenico delle Chiese del Sud Sudan facilitato dalla Comunità di Sant'Egidio nel 2017. Le Chiese in Sud Sudan hanno da sempre un ruolo di primo piano nel sostenere le aspirazioni di questa giovane nazione e nel fornire i servizi essenziali come l'educazione e la cura. Nonostante l'Accordo di pace del 2018, l'etnicizzazione del conflitto provoca continui scontri in tutto il Paese, mentre i partiti che non hanno firmato l'intesa accusano gli altri di voler ridisegnare i confini delle province per dividere il Paese e assicurare il dominio di un'etnia sull'altra e il controllo delle risorse del sottosuolo.
In questo scenario di continua instabilità, la Comunità di. Sant'Egidio, forte della sua stretta collaborazione con il Consiglio Ecumenico delle Chiese, apre un canale di comunicazione con i partiti dell'opposizione che non hanno aderito al processo negoziale e alla formazione del governo di unità nazionale, come per rispondere al gesto di Papa Francesco e contribuire a costruire la pace nel Paese. All'inizio del 2020 Sant'Egidio riesce a portare allo stesso tavolo il governo e l'opposizione non firmataria coinvolgendo anche l'Igad — l'organizzazione regionale dei Paesi del Corno d'Africa —, la Comunità Internazionale, l'Onu e l'Ue. Con la Dichiarazione di Roma del 13 gennaio 2020 l'opposizione è riconosciuta come parte del processo. Da quel momento, l'impegno di Sant'Egidio è volto a costruire le condizioni per un'autentica riconciliazione di tutte le istanze del Paese.
Nonostante la pandemia, le difficoltà interne all'opposizione e il mancato rispetto del cessate il fuoco, l'Iniziativa di Roma continua il suo percorso portando alla firma di diversi documenti che stanno alla base di un processo di pace inclusivo e democratico comprendendo il coinvolgimento dei militari del governo e dell'opposizione, che giocano un ruolo fondamentale nel rispetto della tregua.
Nel 2022 si sarebbero dovute tenere le elezioni ma i ritardi nel completare la transizione spingono Salva Kür Mayardit e Riek Machar, di comune accordo, a rimandarle di due anni: una mossa necessaria al completamento della transizione e alla formazione dell'esercito unificato, unica garanzia al rispetto del risultato delle elezioni. L'estensione non è stata vista di buon occhio dalla comunità internazionale che l'ha percepita come un prolungamento dello status quo.
Se passi avanti sono stati fatti, continuano a destare preoccupazione il clima di violenza e l'ampia diffusione delle armi: le Nazioni Unite stimano infatti che ci siano più di 800.000 armi leggere nelle mani dei civili in Sud Sudan. Assume quindi un carattere del tutto particolare la visita ecumenica, prima nel suo genere, che Papa Francesco, l'arcivescovo di Canterbury e il moderatore della Chiesa di Scozia hanno deciso di compiere in Sud Sudan e che si tiene dal 3 al 5 febbraio, preceduta dal viaggio apostolico nella Repubblica Democratica del Congo dal 31 gennaio al 3 febbraio.
Il viaggio, programmato per la scorsa estate, non si era realizzato per le condizioni di salute del Papa che aveva comunque voluto manifestare la sua presenza attraverso la visita del segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, che è stata di grande consolazione per il popolo. La grande attesa per la visita ecumenica rivela la speranza che il popolo del Sud Sudan ripone nell'operato delle Chiese, protagoniste del processo di riconciliazione dello Stato più giovane al mondo.


[ Paolo Impagliazzo ]