Sant'Egidio, 55 anni con la città

Nei 55 anni di vita che la Comunità di Sant'Egidio celebra oggi nella Basilica della Nunziata c'è anche una lunga storia genovese. Cominciata alla metà degli anni Settanta quando gruppi per lo più informali di giovani cominciano a organizzarsi al di fuori dell'associazionismo cattolico tradizionale per corrispondere al rinnovamento conciliare della Chiesa. I riferimenti sono piuttosto singoli sacerdoti e le loro parrocchie. Lo spirito è quello dei tempi, la partecipazione dal basso, l'autonomia generazionale, la vita in comune, l'impegno verso i poveri. In una chiave che non e più quella della carità e della beneficenza ma della fraternità, del rendere effettivi i nuovi diritti sociali dentro una cornice di più forti relazioni tra le persone. Danno vita a doposcuola, leggono "II Regno" e "La Rocca", costruiscono collegamenti nazionali e internazionali, come Taizè, si riconoscono più in Don Milani e Padre Turoldo che nella stagione del dissenso ecclesiale e della contestazione.
Ed è da queste esperienze diffuse nei diversi quartieri della città che nasce la Comunità di Sant' Egidio a Genova. È il 1976. L'impianto nazionale è ancora limitato ma vale l'attrattività del gruppo romano, il lavoro nell'altra Roma, quella delle baraccopoli e degli immigrati dal Sud, la coesione interna modellata su una più esplicita coerenza evangelica. La prima sede è a Bolzaneto, in locali concessi dalla parrocchia. È un gruppo già discretamente numeroso con forti legami amicali che inizia il suo costituirsi come Comunità realizzando una Scuola Popolare al Campasso e rivolgendosi alle solitudini dei più anziani. Un agire sulle marginalità in periferie ancora coese socialmente ma destinate a sfaldarsi e frammentarsi nell'arco di un decennio.
Nuove energie vengono dall'Università e dalle scuole superiori. L'impegno diretto e personale è una risposta in positivo al grande big bang culturale e sociale degli anni 80 e il volontariato rappresenta una delle alternative alla fine dei movimenti e alla lontananza dalla politica. Nel 1987 la sede si sposta nel centro antico della città, nell'Oratorio di via San Bernardo. Un centro storico che è in tante sue parti ancora un ghetto e dove i processi di svuotamento e di degrado abitativo coincidono con il primo arrivo delle nuove migrazioni dal mondo.
Per la Comunità si allarga il raggio di azione solidale, dalla scuola della pace, agli interventi di sostegno alle famiglie e negli istituti per gli anziani, alla distribuzione di cibo e coperte ai senza fissa dimora. Permane un tratto distintivo, anche rispetto al nascente terzo settore, che è quello di fondarsi sul volontariato, dell'autonomia dalle risorse pubbliche e dalle politiche istituzionali. E poi la preghiera serale comune, lo sguardo costante sul mondo. Con connotazioni identitarie forti che non di rado appaiono come una chiusura all'esterno.
Prevale l'aspirazione a misurarsi più sulla concretezza che nel dibattito pubblico, a privilegiare nell'appartenenza comunitaria. Carattere progressivamente attenuato negli anni a fronte di un riconoscimento sempre più forte da parte della città per la continuità e le modalità dell'agire solidale come della capacità di coinvolgimento dei píù giovani all'emergere di mia società individualizzata e consumista. Nel 1999 il nuovo trasferimento alla Basilica della Nunziata a rendere più forte l'essere punto di riferimento di una Chiesa che esce nella società e, insieme, un ruolo di supplenza sempre più evidente davanti dell'impoverimento diffuso e dell'impennata delle diseguaglianze.
Sono circa 5000 gli anziani oggi seguiti dalla Comunità a Genova, 600 i pasti quotidiani gratuiti nella mensa di Santa Sabina e in quella più piccola di Begato, 5500 le borse di cibo distribuite mensilmente, 600 i ragazzi iscritti alla scuola della pace in contrasto alla dispersione scolastica e alle povertà educative, 15 mila gli stranieri che nel corso del tempo hanno acquisito la certificazione di conoscenza dell'italiano. E poi l'intervento serale di cura verso i 150 senzatetto accampati in strada, l'attività nelle carceri e verso le disabilità. In quell'idea di città giusta e di città per la vita delle encicliche di Papa Francesco.
Con oltre mille persone coinvolte stabilmente nell'attività di Comunità in un ricambio di ruoli e funzioni, siamo ormai alla terza generazione, e oltre mille volontari, sempre più costituiti da credenti e non credenti. In quell'inedito ruolo del cattolicesimo sociale nel nostro paese, non più collaterale alla politica o alle gerarchie, ma con una propria forza di tenuta e di ricomposizione del tessuto sociale, di animazione civile e non soltanto religiosa.
La ormai lunga storia della Comunità di Sant'Egidio a livello nazionale come genovese è anche questa, la capacità di fare i conti con il mutamento, di assumersi responsabilità nuove, basti pensare alla credibilità internazionale acquisita, ai corridoi umanitari, alla cessazione delle guerre e alla lotta contro l'Aids in Africa, senza perdere il messaggio di speranza e di riconoscimento dell'altro come persona. Buon anniversario. 


[ Luca Borzani ]