Bologna prova la strada dell'integrazione

I percorsi di cittadinanza onoraria funzionano
Ai ragazzi stranieri nati in città e con un ciclo di studi effettuato, un kit con una copia della Costituzione
«E' istituita la Cittadinanza onoraria del Comune di Bologna per tutti i minori stranieri residenti a Bologna, nati in Italia da genitori stranieri regolarmente soggiornanti o nati all'estero, ma che abbiano completato almeno un ciclo scolastico o un percorso di formazione professionale in istituti appartenenti al sistema educativo di istruzione e di formazione italiano, come speciale forma di riconoscimento del loro ruolo di coesione tra popoli e culture diversi e per affermare pienamente le libertà fondamentali delle persone».
Con queste parole il 27 giugno scorso il Consiglio comunale di Bologna aveva approvato a maggioranza una deliberazione di modifica dello Statuto comunale, con la quale si è poi introdotto il riferimento al principio dello Ius soli (che è più propriamente, però, uno Ius culturae), affermando il riconoscimento della cittadinanza onoraria per i minori stranieri. Da allora, sono state due le iniziative principali che il Comune ha messo in atto: una cerimonia, che vede la partecipazione delle scuole cittadine, di simbolico conferimento della cittadinanza, che si ripeterà ogni anno intorno al 20 novembre, Giornata mondiale dei diritti dell'infanzia, durante la quale ai ragazzi di origine straniera viene consegnato un kit contenente, tra le altre cose, una copia della Costituzione - e una campagna comunicativa, "Bolognesi. Dal primo giorno", che ha coinvolto influencer e testimonial.
Sono quasi 12mila i giovani cittadini stranieri residenti in città, a fronte di un totale di circa 62mila persone immigrate (dato 2021), un dato che è pari circa al 16% della popolazione.
A votare a favore dell'iniziativa anche Filippo Diaco, consigliere comunale di maggioranza, di area cattolica. «Non è solo un atto simbolico - spiega - ma un gesto necessario, soprattutto per noi bolognesi che, per primi, col "Liber Paradisus" del 1259 abolimmo la schiavitù dal nostro Statuto». L'obbligo di rinnovare spesso i documenti, la mancanza di un'identità
definita, «discriminano, di fatto, giovani che, talvolta, non sono mai nemmeno stati nel Paese di origine dei loro genitori. Farli sentire diversi», osserva Diaco, «non fa altro che aumentare le loro fragilità e sappiamo bene quanto sia delicata, oggi, l'adolescenza, quanto la sfida educativa sia difficile. Spesso sono loro stessi ad aiutare i genitori con la lingua e la burocrazia, grazie alla scuola. Non dimentichiamo, poi, che riconoscersi bolognesi significa assumersi anche dei doveri, non solo diritti» spiega Diaco.
Dello stesso avviso è Simona Cocina, referente bolognese della Comunità di Sant'Egidio, secondo la quale «lo Ius soli rappresenta il riconoscimento della dignità di chi vive in Italia da anni. Ci sono migliaia di giovani nati in Italia da genitori stranieri residenti, con un percorso scolastico svolto in Italia, per i quali sarebbe giusto per noi contemplare il diritto alla cittadinanza: non farebbe altro che formalizzare un'integrazione nella nostra società che esiste già nei fatti. Affrontare il tema della cittadinanza è anche guardare con fiducia al futuro del nostro Paese». 
 

[ Chiara Pazzaglia ]