Corridoi umanitari. Appello della Sant'Egidio

Livorno
Medì, l'appello: per più corridoi umanitari ed evitare nuovi naufragi
No, non si può morire così: di freddo, scalzi dopo avere percorso una delle rotte verso la libertà, come quella balcanica in cui si avventurano giovanissimi e intere famiglie che fuggono da contesti come quello afghano. Non si può morire come a Cutro. Dalla Comunità di Sant'Egidio, che ha promosso "Medì" a Livorno, due giornate sulle città del Mediterraneo - città ferite, città rifugio, città laboratorio dove si radica in modo nuovi le fede delle tre grandi famiglie monoteiste - l'appello a consentire più corridoi umanitari, aprire strade alternative ed ed evitare nuovi naufragi per tanti che cercano rifugio.
All'incontro internazionale, realizzato da Sant'Egidio con il Comune di Livorno, il patrocinio e il sostegno della Regione Toscana, la collaborazione della Diocesi e di Istoreco, Andrea Riccardi, storico e fondatore di Sant'Egidio ha detto che «la tendenza si deve invertire, ma per questo occorre fare molte e diverse cose: prima di tutto non terrorizzarsi e non gridare all'allarme. Secondo, aumentare i flussi legali e i corridoi umanitari per i rifugiati, anche perché la 
nostra società ha bisogno dei migranti e della manodopera straniera. «Quindi non è solo buon cuore, ma anche una nostra necessità». Infine «non dobbiamo vergognarci di dire che quando qualcuno si perde nel Mediterraneo è un pezzo della nostra anima che se ne va. E questo è italiano, umano e cristiano».
Dalla Toscana, ha osservato Eugenio Giani, Presidente della Regione Toscana, con Medì è venuto un contributo importante nell'unire le città e i popoli che si affacciano sul Mediterraneo, il viaggio da banditi e guardie. «Possiamo scegliere, fare la differenza e non l'indifferenza
», sintetizza efficacemente Vittorio Mosseri, presidente della Comunità Ebraica di Livorno.
Intanto il giorno dopo la conclusione di Medì, nella Sala Nervi a Roma, migliaia di persone hanno festeggiato il ritorno alla vita, insieme a Papa Francesco. «Quando abbiamo iniziato - ricorda la delegazione livornese che ha accolto famiglie arrivate dalla Siria - ci dicevano: i corridoi umanitari? Sono una goccia nel mare. Oggi vediamo di quante gocce è fatto il mare, un mare che salva». 

[ MICHELE BRANCALE ]