Imparare a vivere insieme

La Scuola della pace: la prima opera della Comunità di Sant'Egidio
«Il mondo è pieno di violenza, dobbiamo lavorare per la pace partendo dai bambini». Avviata nel 1968 a favore dei figli di immigrati dal Sud Italia, ora è presente in 70 Paesi del mondo
Nelle periferie geografiche, sociali ed esistenziali del mondo, le contraddizioni e le miserie si riverberano in modo tutto particolare sui bambini. Il loro destino sembra segnato già dai primi passi, ma l`educazione è fondamentale per cambiare i percorsi già scritti delle persone. «Un bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo», come ha detto la giovane pakistana, premio Nobel, Malala Yousafzai.
La prima opera a favore dei periferici creata dalla Comunità di Sant`Egidio, a partire dal 1968, fu la Scuola della pace. Avviate in quell`anno per i bambini di allora, figli di immigrati dal Sud dell`Italia, che vivevano nelle baracche romane sotto il Ponte Marconi, oggi le Scuole della pace sono una realtà educativa e formativa presente in oltre 70 Paesi del mondo di tutti i continenti, là dove esiste una Comunità di Sant`Egidio. Sono luoghi gratuiti di studio, di socializzazione, di educazione alla pace e alla convivenza pacifica per bambini e adolescenti cui manca la scuola o a cui la scuola arriva poco.
I bambini che le frequentano sono molto diversi, come profondamente differenti sono le situazioni in cui vivono. Sono bambini periferici: abitano periferie geografiche, come nelle grandi città italiane, o nelle baraccopoli di Lima, nelle bidonvilles di Abidjan, in Costa d`Avorio, nelle villas miserias della grande Buenos Aires o nei campi profughi. Ma anche periferie esistenziali, come la condizione dei bambini orfani a causa dell`Aids, quella di chi è costretto a crescere in carcere accanto alle madri detenute, o quella di chi subisce abusi.
Alcune Scuole della pace si dedicano, in particolar modo, ai bambini di strada che hanno perduto la famiglia e vivono di elemosine o piccoli espedienti. Accolgono minori con storie dolorose e difficili: bambini malati, additati come stregoni, venduti, abbandonati. Negli anni si sono presentate realtà e sfide nuove: dal lavoro precoce dei minori, quasi ridotti in schiavitù, all`arruolamento dei bambini-soldato, al moltiplicarsi drammatico dei bambini malnutriti.
Molte Scuole della pace oggi operano in contesti tormentati dalle guerre, come in Ucraina o nell`Est del Congo. Ne hanno dato testimonianza, con i loro disegni, toccanti e drammatici, raccolti in una mostra, Facciamo pace?! , recentemente allestita a Roma, al Palazzo delle esposizioni. Alcune Scuole della pace sorgono anche nei campi profughi dove svolgono un`azione di supplenza di una scuola che non esiste più: accade tra i rifugiati sud-sudanesi a Nyumanzi, in Nord Uganda o tra gli sfollati interni a Goma, nella Repubblica Democratica del Congo.
In tutte le situazioni le Scuole della pace operano per tirar fuori quelle capacità di recupero post-traumatiche che permettano loro di liberarsi di pesi a volte insopportabili e di iniziare nuovi percorsi di apprendimento e di vita. Perché - lo crediamo e lo abbiamo sperimentato - bambini marginali non saranno necessariamente adulti emarginati.
La globalizzazione pone con forza un`altra sfida, quella del vivere insieme, sentita in modo acuto soprattutto nelle grandi metropoli del mondo dove, in spazi stretti, si concentrano diversità enormi, di cultura, di stile di vita, di religione. In questo senso "vivere insieme fra diversi" è anche una questione europea, là dove siamo di fronte alla realtà di un`integrazione mancata, a periferie divenute ghetti, in cui nazionalità o etnia rischiano di essere l`unico elemento per costruirsi un`identità forte.
Imparare a vivere insieme è sempre di più, nel mondo di oggi, il volto della pace. Nelle zone dove la mafia o le bande criminali sono radicate, le Scuole della pace favoriscono un cambiamento di mentalità: «Si imparano regole che non sono quelle della prevaricazione e della violenza. Laddove il linguaggio mafioso, fatto di omertà e aggressività, sembra essere l`unico possibile, qui si parla, si raccontano difficoltà, si esprimono sentimenti, si chiede aiuto agli altri: tutto questo non è debolezza, ma forza». 
I giovani insegnanti volontari della Scuola della pace diventano così, per i bambini, modelli alternativi cui ispirarsi. Questo può dare molto fastidio alle mafie. Alcuni anni fa, un ragazzo della Comunità di Sant`Egidio di San Salvador, William Quijano Zetino, venne ucciso in un quartiere periferico, dove viveva ed era coordinatore di una Scuola della pace, dalle maras, gruppi di giovani che, associandosi, condividono un codice di violenza fatta di rapine e omicidi, e si identificano attraverso i tatuaggi. La sua "colpa" era quella di fare concorrenza con la sua umanità pacifica e amica alla brutalità dei mareros, che ne temevano la popolarità. Scriveva: «Il mondo è pieno di violenza, perciò dobbiamo lavorare per la pace partendo dai bambini. Dobbiamo avere il coraggio di essere maestri, perché un Paese che non ha scuole o maestri è senza futuro né speranza».
In Sicilia la via scelta dalle Scuole della pace è vicina a quella che fu anche di don Pino Puglisi, assassinato dalla mafia nel 1993. Fu proprio Puglisi a far conoscere a Sant`Egidio di Palermo il Capo, quartiere degradato del centro storico, in cui poi sarebbe iniziata una Scuola della pace.
Ogni Scuola della pace rappresenta un "ponte" fra mondi separati. Ricrea quel legame che la città ha reciso con le sue periferie e lenisce il senso di emarginazione che si vive in molti contesti urbani.
 

[ Marco Impagliazzo ]