«Lo sdegno è passato in soli quindici giorni. Ora un modello diverso»

La Comunità di Sant'Egidio

 «La solitudine emerge drammatica: non si riescono a integrare nella vita della città debolezza e fragilità. Gli anziani sono spesso invisibili. È urgente una riflessione». Maria Luisa Cito è responsabile dei servizi agli anziani per la Comunità di Sant'Egidio, presente ieri ai funerali delle sei vittime della Casa per coniugi.  
Sei bare, Il Duomo vuoto.
«E purtroppo come Comunità di Sant'Egidio abbiamo accompagnato tanti funerali di persone sole, in cui c'eravamo solo noi. Oggi va dato atto della presenza delle istituzioni, del Comune, delle forze dell'ordine, del prefetto. Era importante».
Ma è mancata la Milan col coeur in man. Ci si è già dimenticati della strage del 7 luglio?  «Quindici giorni sono bastati per raffreddare l'indignazione. Sicuramente non è facile assistere a un funerale. C'è un analfabetismo di fronte alla morte, difficile da accettare, da vivere. Spesso anche malattia e debolezza sono emarginate perché creano disagio. Si fa finta che non esistano. Una frontiera umana e culturale di cui bisogna prendere consapevolezza».
Anche a fronte di un dato di fatto: non solo la città invecchia, ma invecchia sola.
«Abbiamo nove milioni di anziani soli a rischio isolamento in Italia. E sono numeri spaventosi. Milano, purtroppo, è la campionessa delle famiglie monopersonali, formate da un unico individuo. Urge una riflessione».
Cosa si può fare?
«La scorsa settimana, a Roma, con il presidente Marco Impagliazzo abbiamo cercato di offrire proposte concrete su come far sì che la popolazione si accorga degli anziani, del vicino che non apre le persiane, dell'anziano affaticato, confuso. Piccole attenzioni sono determinanti. Abbiamo chiesto collaborazione all'Anci per una mappatura delle fragilità».
Il modello Rsa funziona?
«Non è una questione di pro e contro. Troppo semplicistico. Ma bisogna trovare nuovi modelli: penso ai minialloggi, alle case protette assistite, ai custodi sociali. Il Covid ha dimostrato in modo drammatico come le grosse strutture non siano la risposta. Le risorse limitate vanno impiegate in modo oculato. E invece si taglia sull'assistenza domiciliare e non si sviluppano realtà che funzionano. A Lambrate abbiamo una micro-comunità, meno disumanizzante: ne esistono poche».
Il Covid ha acuito la solitudine?
«Sì. Prima la chiusura, necessaria, poi si è riaperto con la giusta prudenza, ma in alcuni casi in modo immotivato si è continuato con videochiamate. La presenza dei volontari si è ridotta. Vuol dire ridurre anche un occhio esterno aperto, che nota pecche, criticità».
Anche il sindaco ha fatto appello al volontariato: come coinvolgere i più giovani?
«Incentivando la conoscenza: i giovani delle nostre scuole della Pace incontrano gli anziani, che a loro volta partecipano a iniziative nelle scuole. Occasioni da potenziare. C'è bisogno di mediazione culturale, generazionale, che aiuti a capire epoche diverse e anche il mondo della confusione, di chi perde ganci col presente. Senza paura: i rapporti umani sono sempre possibili». 


[ Si.Ba. ]