Scommettere sulla pace. Recensione del libro di Andrea Riccardi "Il grido della pace"

Scommettere sulla pace. Recensione del libro di Andrea Riccardi "Il grido della pace"

Attualità. Il fondatore della Comunità di Sant'Egidio analizza la situazione internazionale in un saggio pubblicato da San Paolo
Andrea Riccardi difende le ragioni del dialogo in nome della coscienza europea

L'invasione dell'Ucraina da parte della Russia ha provocato una profonda frattura all'interno del mondo cattolico italiano tra quanti ritenevano e ritengono necessario schierarsi senza esitazioni a fianco dello Stato aggredito e chi invece si richiama al valore primario della pace e invoca il ripudio della guerra, in continuità con il magistero pontificio sviluppatosi all'indomani del secondo conflitto mondiale, condensato nel grido «Mai più la guerra!» lanciato da Paolo VI nel celebre discorso all'Onu (4 ottobre 1965) e ribadito dalla ferma opposizione di Papa Wojtyla agli interventi militari occidentali in Iraq nel 1991 e nel 2003.
Si inserisce in questo dibattito il libro Il grido della pace (san Paolo) di Andrea Riccardi, storico e fondatore della Comunità di Sant'Egidio, da sempre impegnata sul duplice fronte del dialogo interreligioso e della promozione della pace e della convivenza tra culture e popolazioni diverse. Da storico, Riccardi colloca il conflitto in Ucraina all'interno dei più complessivi fenomeni di disgregazione, conflittualità e riconfigurazione geopoEtica avviatisi dopo la caduta del Muro di Berlino e il crollo dell'Unione Sovietica, individuandone il precedente immediato nella guerra civile siriana scoppiata nel 2011: anche in questo caso, l'intervento russo appariva motivato dalla volontà di non perdere un'area percepita come una propria zona di influenza e fu condotto con straordinaria brutalità, senza riguardo alcuno per i civili e per il territorio.
A questo proposito, si potrebbe far risalire anche più indietro la percezione russa dell'ostilità delle potenze occidentali, dal momento cioè della dissoluzione della Jugoslavia negli anni Novanta del secolo scorso sino alla nascita del Kosovo nel 2008, che hanno determinato il progressivo isolamento della Serbia, da sempre legata alla Russia da profondi vincoli. religiosi, storici e culturali.
Da leader di un movimento ecclesiale, Riccardi si domanda invece perché il conflitto in Ucraina non abbia suscitato nell'opinione pubblica italiana ed europea , se non mondiale, un movimento analogo a quello che si ebbe ancora nel 2003, in occasione della seconda guerra del Golfo, e la stessa predicazione e azione per la pace di papa Francesco non abbiano avuto altrettanto seguito. Ciò appare ancor più paradossale, nel momento in cui la guerra ha fatto la sua ricomparsa in un continente, l'Europa, che nel secolo scorso ne ha conosciuto le due più devastanti e tragiche della storia umana, specie la seconda cui si associa lo sterminio degli ebrei europei, ma che da allora aveva goduto di un periodo di pace e prosperità sconosciute ai secoli precedenti.
Riccardi coglie tre cause per questo paradosso. Anzitutto, è venuta meno la memoria vivente delle sofferenze che le due guerre mondiali hanno provocato, dato che gli ultimi testimoni consapevoli (ovvero quanti potevano avere almeno sei o sette anni allo scoppio del secondo conflitto) stanno ormai scomparendo: nell'assenza di una testimonianza viva e diretta, l'orrore della guerra appare qualcosa di lontano, anestetizzato dalle mille altre notizie da cui siamo quotidianamente inondati. In secondo luogo, il prepotente riemergere dei nazionalismi ha creato un sentimento di chiusura nei confronti dell'altro, che ha reso la convivenza tra culture e religioni più difficile: ne sono testimonianza città come Sarajevo o Salonicco, un tempo multietniche e ricche di comunità di differente ascendenza, ora invece culturalmente e religiosamente omogeneizzatesi (e a proposito del riemergere dei nazionalismi Riccardi propone una fine riflessione sul simbolo per eccellenza della nazione, la bandiera, in questo caso quella italiana). Infine, il diffondersi in Europa di una sensazione di paura, di incertezza, legata all'invecchiamento della popolazione e all'insicurezza, anche economica, generata dai fenomeni di globalizzazione e d'immigrazione che paiono mettere a rischio il futuro immediato.
In un quadro certamente problematico, Riccardi individua tuttavia altrettante risorse che possono aiutare ad ascoltare il grido della pace, come recita il titolo del libro. Anzitutto, la memoria storica, che deve mantenere viva la conoscenza e la consapevolezza degli orrori e dei costi che le due guerre mondiali hanno comportato. Poi, l'integrazione europea, quale garanzia di pace, anche al di fuori del continente: essa ha preso avvio proprio dalla coscienza di come fosse necessario superare i nazionalismi e gli esclusivismi etnici e culturali per evitare il ripetersi di simili tragedie. Infine, le religioni: negli ultimi vent'anni hanno mostrato di poter essere una riserva di pace, in un mondo pieno di guerre che però ne ha perso l`orrore. «Chiese sorelle, popoli fratelli», ha scritto nel lontano 1969 il teologo ortodosso Olivier Clément: una condizione che mai come nel caso del conflitto russo-ucraino mostra tutta la sua drammatica necessità e, al tempo stesso, problematicità.

 
Lo storico
• II libro di Andrea Riccardi  Il grido della pace è pubblicato da San Paolo (pagine 239, € 18)
• Nato a Roma nel 1950, Riccardi ha fondato nel 1968 la Comunità di Sant`Egidio ed è presidente della Società Dante Alighieri
• Storico ed ex ministro per la Cooperazione internazionale, Andrea Riccardi è autore di molti saggi. Tra i suoi libri più recenti: La guerra del silenzio (Laterza, 2022): La Chiesa brucia (Laterza, 2021)
 

[ Marco Rizzi ]