L'audacia della pace

Berlino 10-12 settembre 2023 Incontro internazionale promosso da Sant'EgidioNello "spirito di Assisi" la comunità si fa mediatrice di pace, a cominciare dal Sud Sudan, in dialogo con le religioni. Di fronte al rischio di una Terza guerra mondiale occorre essere più audaci nel cercare vie di dialogo
La guerra è "la madre di tutte le povertà", occorre sognare, pregare e agire per un ritorno della pace
La pace come realtà da vivere ogni giorno, aspirazione dei popoli che soffrono per la guerra e respiro per il mondo, è entrata ormai da anni nel Dna di Sant'Egidio, tanto da costituire - insieme a preghiera e poveri - una delle 3 P con cui papa Francesco ha voluto esprimere, in sintesi, l'essenza della comunità.
Le notizie più recenti di questo impegno riguardano l`intervento al Consiglio di sicurezza dell'Onu sulla situazione del Sud Sudan e la presentazione dell'Incontro internazionale nello "spirito di Assisi", che quest'anno si terrà a Berlino nel mese di settembre. Si tratta di due cardini dell'azione di Sant'Egidio per la pace: l'opera di mediazione per aiutare a risolvere i conflitti in corso (o aiutare a prevenirli) e il dialogo tra le religioni, che tanto ha contribuito in passato al vivere insieme tra popoli diversi e all'interno delle stesse nazioni.
Per quanto riguarda il primo aspetto occorre precisare che tutto nasce dalla conoscenza di un Paese e dall'ascolto di chi ci vive. Non si improvvisa, infatti, un impegno per la pace senza una sollecitazione che viene da chi vive il dramma della guerra. In questo senso si può affermare che il rapporto con i poveri, che la comunità ha vissuto sin dai suoi inizi, è stata la chiave per capire la sofferenza dei popoli. È, innanzitutto, per questo motivo che, alla fine degli anni Ottanta, Andrea Riccardi e l'attuale cardinale Matteo Zuppi, allora giovane prete, insieme all'arcivescovo di Beira, Jaime Gongalves, recentemente scomparso, si posero il problema di come arrestare una guerra civile che durava da sedici anni e che aveva fatto un milione di morti.
Proprio perché nel frattempo Sant'Egidio aveva cominciato a radicarsi nel Paese e aveva toccato con mano la drammatica realtà di una nazione ridotta alla sopravvivenza quotidiana. Avevamo visto che la guerra era "la madre di tutte le povertà" e occorreva quindi sognare, pregare e agire per un ritorno della pace. Ci vollero più di due anni e mezzo, ma finalmente si arrivò, il 4 ottobre del 1992, alla firma dell'Accordo generale tra Frelimo (al potere) e Renamo (l'ex guerriglia). Da allora il Mozambico ha conosciuto uno sviluppo significativo rispetto a tanti altri Stati africani. Pur ripartendo quasi da zero.
È una storia che ci dà l'idea del valore che ha la pace, non solo per la cessazione delle ostilità e quindi delle vittime (che è la cosa più importante), ma anche per l'economia e la crescita di un Paese. Sant'Egidio, da allora, è intervenuto spesso su richiesta delle stesse parti in conflitto, per mediazioni in numerose regioni dell'Africa, dell'Asia e dell'America Latina.
Uno dei Paesi per il quale si stanno spendendo attualmente energie è il Sud Sudan, il più giovane Stato africano che dalla sua nascita non ha mai conosciuto la pace. Una terra africana che è nel cuore di papa Francesco: basta ricordare la sua implorazione per la pace inginocchiandosi ai piedi dei responsabili sud sudanesi in Vaticano nell'aprile del 2019 e la sua visita nel Paese del febbraio scorso. La comunità ha realizzato per il Sud Sudan la Rome Initiative che dà la possibilità a tutte le parti, anche quelle che inizialmente non avevano firmato l'accordo del settembre 2018, di poter dialogare in un nuovo quadro negoziale. Un lavoro faticoso e impegnativo, ma che risulta essere al momento l'unica luce nel tunnel della guerra civile ed etnica in cui è sprofondato il Paese.  Di questo ho parlato del mio intervento al Consiglio di sicurezza, il 20 giugno scorso, invitato dall'attuale presidenza del Consiglio di sicurezza, che ha voluto in questo modo riconoscere il contributo di una realtà non governativa o statale come Sant'Egidio al processo di pacificazione del Sud Sudan.
Il secondo, importante, cardine dell'impegno della comunità per la pace è, senz'altro, il dialogo tra le religioni e le culture. Si tratta dello "spirito di Assisi", che è eredità della storica preghiera voluta da Giovanni Paolo II nell'ottobre del 1986. Attorno all'evento, che Sant`Egidio da allora ha riproposto ogni anno in diverse città europee (gli ultimi tre a Roma, con la partecipazione di papa Francesco), è cresciuta significativamente una fitta rete di leader religiosi, personalità delle istituzioni e del mondo della cultura, che rappresenta una preziosa riserva di pace soprattutto nei momenti più difficili, come quello che stiamo vivendo con la guerra in Ucraina.
Il prossimo Incontro internazionale - che la comunità organizza in collaborazione con la Chiesa evangelica di Berlino e la sua diocesi cattolica - si svolgerà dal 10 al 12 settembre, e avrà come titolo "L'audacia della pace". La scelta della città fa pensare ai tanti muri che ancora esistono e sono innalzati nel mondo, ma anche alla possibilità di farli cadere una volta per tutte, come avvenne nel 1989.
Occorre essere più audaci - è la profonda convinzione espressa nel titolo dell'incontro - nel cercare vie di dialogo in questo nostro mondo. Basta pensare alla guerra in Ucraina e ai suoi tragici effetti sulla popolazione locale, ma anche a quelli che sta avendo nello scenario globale. Non sembra infatti che la politica, la diplomazia, gli Stati abbiano cercato la pace con l'urgenza e la forza necessaria di fronte al rischio di una Terza guerra mondiale non più solo a pezzi.
La nostra speranza è che questo incontro - che non vedrà solo la partecipazione di importanti leader religiosi (come il grande Imam Al Tayyeb e il Rabbino Capo di Israele, David Lau) ma sarà di popolo, con la partecipazione di migliaia di persone da diversi Paesi europei - riesca, con audacia, a penetrare i cuori di chi può fermare i conflitti, per il bene dei tanti, troppi, che ne soffrono ancora. 
 

[ Marco Impagliazzo ]