Vivere il Vangelo nelle strade del mondo

La parola ai laici
Il mondo si capisce guardandolo dalle periferie, a contatto con chi è scartato e con chi soffre. I laici sono chiamati a fermarsi accanto all'uomo mezzo morto d'oggi, a essere compagni di strada dei poveri
Una Chiesa in uscita è l'appello appassionato che papa Francesco ha rivolto fin dagli esordi del suo ministero. Ragionare sul ruolo dei laici nella Chiesa non può che prendere le mosse da questo invito. Non si tratta di un modo di guardare al laicato, un po' datato, che affida ai laici l'impegno nel mondo del lavoro, della politica, della cultura, dell'informazione. Sì, certo, sono tutti ambiti in cui i cristiani operano professionalmente o come impegno civile. Tuttavia la questione è più profonda e più complessiva. I laici non possono che essere protagonisti del movimento di estroversione della Chiesa che è chiamata a condividere «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono» (Gaudium et spes 1).
C'è un appuntamento con la storia che, in ogni tempo, la Chiesa non può mancare, pena il venir meno della sua missione. Bisogna essere tra le donne e gli uomini del nostro tempo, parlare con loro, ascoltare, comprendere, vivere una simpatia verso l'umanità. È un compito primario in cui i laici sono attori privilegiati. Il posto dei laici è con il Vangelo dentro la storia. Leggere i segni dei tempi, cioè provare a comprendere il tempo in cui si vive.
Non è un esercizio da affidare a esperti, sebbene occorra fare ricorso anche a strumenti culturali. Ma è un compito che le comunità cristiane possono svolgere solo se sono calate nelle pieghe della vita reale del nostro mondo. Per questo, occorre visitare quegli spazi dove la gente vive e si incontra, uscendo dai luoghi abituali dove si riuniscono le nostre comunità. Il mondo si capisce guardandolo dalle periferie: è la scelta di laici che vivono il Vangelo nelle strade del mondo, a contatto con chi è scartato, con chi soffre, con chi è in ricerca.
I laici, oggi come sempre, sono chiamati a fermarsi accanto all'uomo mezzo morto del nostro tempo, a essere compagni di strada dei poveri. Andare incontro ai poveri, stabilire con loro una relazione umana autentica, soccorrerli nei loro bisogni, cercare con loro la giustizia, che è il cambiamento delle condizioni di vita anche di una sola persona, comunicare loro il Vangelo è compito di ogni cristiano.
Due sfide tra le tante che si potrebbero evocare. Gli anziani sono sempre più numerosi e, a volte, sempre più dimenticati, soli e abbandonati, in attesa di una presenza amica. I migranti, i profughi, chi è straniero: accompagnano la vita quotidiana di tutti, nelle città e nei paesi. Le comunità cristiane svolgono un ruolo decisivo per l'accoglienza e l'integrazione.
C'è un fondamento spirituale, che si alimenta in un rapporto vivo con la parola di Dio, la preghiera e la liturgia, da cui derivano l'attenzione, la cura, la passione per i poveri. La festa dei poveri e la domenica della parola di Dio, istituite e inserite nel calendario liturgico da Francesco, costituiscono i due poli tra i quali si gioca il ruolo dei laici nella Chiesa. Laici che amano e frequentano la parola di Dio e che sono compagni appassionati dei poveri.
Vorrei, infine, toccare un ultimo punto. Con la guerra tuttora in corso in Ucraina ci siamo trovati di fronte a una sfida di portata tale, quale la generazione di chi è nato dopo la Seconda guerra mondiale non ha mai conosciuto. In tale scenario, nelle nostre comunità sembra a volte prevalere il ripiegamento sui problemi interni. La ricerca della pace è un compito cristiano per eccellenza. «La pace è un cantiere aperto a tutti», fu il richiamo di Giovanni Paolo II ad Assisi nel 1986. I laici, oggi più di ieri, possono essere artigiani di pace in un tempo che ne ha drammatico e urgente bisogno. 
 

[ Adriano Roccucci ]