In centro tra gli ultimi della strada

Daniela Sironi, responsabile della Comunità di Sant'Egidio: "In inverno almeno cento persone si fermano tre mesi per la questua e poi tornano in patria"
A mezzanotte i marmi della Galleria San Federico riflettono un raggio di luce fioca. Cristina, 50 anni, se ne sta sdraiata accanto al marito davanti alla vetrina del negozio di antichità. Sogna la sua casa nelle campagne di Focsani, in Transilvania. Ha le mani nere, i capelli arruffati dalla vita di strada. «Sono arrivata due mesi fa - racconta tendendo i lembi di una coperta color carta da zucchero - non ho soldi per tornare in Romania. Gli altri sono partiti tutti».
Il popolo dell'elemosina spa" è come evaporato, svanito. Le donne e gli uomini di mezza età, i pensionati che ogni anno calano in città a bordo dei pullman partiti dall'Est Europa per fare la questua in via Roma, sono tornati nei loro Paesi d'origine. Così il centro storico si è riappropriato del suo profilo più bello e nobile.
La temperatura è scesa di qualche grado e il dopo cena ai tavoli del Caffè Torino mercoledì sera è più gradevole del solito. Sorseggia metodo classico il popolo della movida, mentre la povertà resiste alla durezza della propria condizìone tirando l'ultima boccata da una cicca raccolta sull'asfalto. I circa 700 senzatetto di Torino non sono spariti. Non hanno trovato una casa né una condizione migliore. Non si sono piegati alla politica degli sgomberi settimanali della polizia locale. Sono solo diminuiti. Si nascondo con più facilità. Come Cristina del resto, che se non fosse per i suoi capelli biondi, sarebbe quasi invisibile, inghiottita nel gruppo dei suoi 15 compagni di sventura, tutti radunati in galleria San Federico. Lì in mezzo Cristina è l'unica vittima
della tratta. Per bisogno certo, come quasi tutti i suoi connazionali ormai andati via.
«Il viaggio in pullman dalla Romania costa 200 euro - aggiunge - ci vogliono due giorni per arrivare in Italia. Gli altri sono partiti, io sto ancora qui perché non avevo i soldi per tornare a casa». Quando lo farà? «Quando riesco a racimolare almeno 500 euro - dice - non è bello vivere così, ma in Romania siamo poveri, con 500 euro ci vado avanti tutto l'anno». Annuisce la responsabile della Comunità di Sant'Egidio di Torino Daniela Sironi. «In inverno ci sono almeno 100 persone che arrivano dall'Est Europa e che chiedono le elemosina sotto i portici di via Roma spiega - arrivano dalla Romania, dall'Ungheria, molti sono vittime della tratta di esseri umani, ma bisogna tenere presente che l'illegalità subentra dove c'è la necessità».
Perché? «Nei loro Paesi hanno pensioni da fame - aggiunge Sironi - un'insegnante in Romania percepisce 60 curo al mese di stipendio: con le poche centinaia di euro che racimolano qui vivendo circa tre mesi in strada, riescono a mantenere la famiglia per tutto l'anno». Il fenomeno, ricorda Sironi, non è nuovo. «Nel '91 - continua - ho visto le donne ucraine attraversare la frontiera con i sacchi in spalla per andare a vendere i loro averi in Polonia: vivevano in strada esattamente come fanno i romeni oggi a Torino».
Per amministrare la questione e rispondere alla domanda di decoro dei commercianti, «servirebbero dei centri di bassa soglia per garantire a queste persone un posto letto al sicuro e una doccia - suggerisce Sironi - il Comune potrebbe mettere a punto un piano degno di un Paese moderno e civile». La 20 anime che sonnecchiano sdraiate sui cartoni, nascoste dietro alle colonne che guardano le oltre 40 vetrine di alta moda in via Roma, raccontano un'altra Torino. Sfinita dalla droga, orfana delle politiche sociali. È la Torino di Marco, che a 50 anni, ha appena compiuto un mese di strada: «Sono scappato da casa di mia madre, a Cuneo - sottolinea - sono venuto qui per drogarmi. Dopo la morte di mio padre, nel 2019, sono ricaduto nell'eroina: faccio "colletta" per racimolare 20 euro e bucarmi. Vorrei rialzarmi».
Si tiene lontano dalle droghe Diego, che a 28 anni di strada ne ha macinata tanta. Insieme a Giacomo, 26 anni, dorme dietro a una colonna in piazza San Carlo, all'angolo con via Alfieri. Figlio di un padre «alcolista e violento» è scappato di casa molto presto. «Ho iniziato a dovermela cavare da solo a 16 anni - rileva - a 21 sono entrato in un progetto di agricoltura sociale della Regione, spalavo letame per un coltivatore diretto del torinese in cambio dell'alloggio: a dicembre del 2020, con il Covid, mi ha cacciato via».
Diego ha sofferto di depressione. «Ho passato mesi rannicchiato in posizione fetale in un angolo di marciapiede - sospira - poi mi sono rialzato: adesso mi arrangio scambiando i libri usati con i punti di book crossing: sto cerando Todo modo, se avete Sciascia portatemelo». Diego ha studiato all'alberghiero, si rifiuta di chiedere l'elemosina. «Cerco un lavoro anche io - insiste Giacomo - facevo l'imbianchino a Ivrea, in nero». Finché il titolare ha iniziato a non pagarlo più e lui è stato «sfrattato dall'alloggio in affitto». Giacomo ha una famiglia alle spalle: «I miei genitori sono in Puglia, non sanno nulla, non voglio dar loro dispiacere», conclude. Mentre un raggio di luna illumina l'ultimo giaciglio (vuoto) di fronte alla vetrina della Lego. Le tracce di un'altra vita in pezzi nel salotto di Torino.
 
 
 

[ Luca Monaco ]