In un mondo in frammenti, la pace è un grido che viene da chi soffre

Andrea Riccardi è intervenuto per l'Editrice Morcelliana sul tema "Rigenerare il futuro, dall'io al noi"
"Rigenerare il futuro: dall'io al noi`: È questo il titolo dell'incontro organizzato lo scorso mercoledì 6 settembre all'Università cattolica di Brescia, dalla Casa Editrice Morcelliana per la Lettura Scholè. Protagonista d'eccezione, Andrea Riccardi, lo storico italiano, noto internazionalmente come studioso della chiesa moderna e contemporanea e fondatore nel 1968 della Comunità di Sant'Egidio.
Il suo ultimo libro si intitola "Il grido della pace" (edito San Paolo).
Lei ha contribuito al raggiungimento della pace in diversi paesi, tra il Mozambico, il Guatemala e la Nuova Guinea. Perché si fa fatica a percorrere la strada della diplomazia?
La pace è sempre difficile perché i contrasti, politici, etnici e religiosi, tra i popoli sono tanti. In un mondo come il nostro, con i potenti armamenti che abbiamo, la guerra si comunica ovunque. Ma la pace è necessaria e doverosa. In questo libro, ho proprio voluto parlare di grido di pace: la pace è un grido che viene dai poveri, dai rifugiati, dai sofferenti, dai feriti e dalle città distrutte. Lo sentiamo ogni giorno dall'Ucraina. È un grido che dobbiamo ascoltare investendo nel dialogo e nella diplomazia, perchè la pace è interesse di tutti.
Ha citato gli armamenti. Quanto incidono le industrie armiere in questo processo?
Moltissimo. Papa Francesco insiste molto sul fatto che l'industria delle armi incrementa la guerra. lo credo che tante armi in giro per il mondo stimolano e fanno crescere le conflittualità. Proprio adesso ci troviamo davanti a guerra rischio atomico...
"Rigenerare il futuro, dall'io al noi" è questo il titolo dell'intervento. Da dove dobbiamo ripartire per trovare la pace quindi?
Dopo i conflitti mondiali, ci sono state le stagioni dei noi: il noi europeo, per esempio. Oggi viviamo invece in una società in frammenti. In fondo, i nazionalismi sono un'espressione di una frammentazione. A crescere è un io collettivo e non un noi.
Di fronte al fenomeno migratorio, la Comunità di Sant'Egidio, dí cui lei è fondatore, si è chiesta come fare a evitare le morti in mare di migliaia di persone, tra cui molti bambini. La risposta è stata: creiamo dei Corridoi Umanitari. Come si è evoluto questo percorso?
La Comunità di Sant'Egidio, insieme alla Chiesa Valdese e alla Caritas, sta lavorando per i corridoi umanitari: sono ormai 6mila le persone venute in Italia. Credo che l'esperienza dei corridoi umanitari suggerisca un metodo per giungere nel nostro paese sicuri e nella legalità, stimolando l'accoglienza della società civile.
 

[ Francesca Pedersoli ]