Vite sospese sul filo dell'attesa

Migliaia i profughi bloccati sull'isola in attesa di un futuro
L'attesa: sicuramente è questa la cosa più logorante per un migrante che riesce a raggiungere Cipro dopo un viaggio fortunoso. L'attesa che si consuma nei tre campi profughi dell'isola - Kofinou, Pournara e Limnes - sperando che la richiesta d`asilo venga accolta e che si possa ricominciare a vivere e a costruirsi un futuro in un Paese dell'Unione europea. Ma l'attesa si consuma in modo drammatico: gli ospiti dei centri di accoglienza sono in numero nettamente superiore alla capienza effettiva, perché con circa 2.000 arrivi all'anno, Cipro è tra i Paesi dell'Ue con la percentuale più alta di richiedenti asilo rispetto alla popolazione: circa il 5 per cento. E i dati sono in aumento: solo nel 2022, rilevano le Nazioni Unite, le richieste sono state più di 2.500, molte delle quali si sono poi concluse con un rifiuto.
Le condizioni di vita nei campi profughi dell'isola non sono facili: 30.000 persone presenti complessivamente nelle strutture di accoglienza significano lunghe file per qualsiasi cosa. Per mangiare, per lavarsi, per reperire l'acqua, per trovare un filo d'ombra in un Paese in cui, durante l'estate, le temperature superano i 30 °C.
A Pournara, in particolare - campo istituito nel 2019 con 800 posti disponibili e costruito in un'area industriale a circa 10 km dalla capitale, Nicosia - i migranti sono più di 2.000, provenienti in gran parte da Afghanistan, Siria, Pakistan e Bangladesh, ma anche da molti Paesi africani come Somalia, Nigeria, Repubblica Democratica del Congo e Camerun. La struttura è divisa in settori: da una parte, la zona riservata agli uomini soli che vivono in tende spartane, senza servizi igienici. Dall'altra parte, il settore dei container, riservati alle fasce più vulnerabili della popolazione immigrata, ovvero donne, bambini,
anziani. Sono i più "fortunati" perché riescono addirittura a farsi la doccia in un container adibito a bagno.
I profughi non possono uscire dal campo finché non sono state completate le loro pratiche amministrative, il che rende la struttura una sorta di "prigione" a cielo aperto. Ma anche chi ha espletato tutto l'iter burocratico, in realtà resta sospeso in una sorta di "limbo": per avere l'autorizzazione a lasciare Pournara, infatti, bisogna fornire un indirizzo ufficiale di residenza. Ma al di fuori del campo, i migranti hanno pochissime possibilità di trovare un appartamento in affitto e, di conseguenza, un lavoro per mantenerlo. Il risultato è che, sebbene la permanenza nei campi profughi non debba superare i tre mesi, alla fine i migranti vi restano per un periodo di tempo indefinito. In attesa, appunto.
Fortunatamente, gli aiuti non mancano: sul terreno, oltre all'Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) che si occupa di fornire le tenso-strutture abitative, operano molti organismi di volontariato, come l'Associazione Papa Giovanni XXIII e la Comunità di Sant'Egidio. Quest'ultima, in particolare, da due anni organizza proprio a Pournara un'iniziativa solidale estiva, allestendo nel campo tre tende: una denominata "Ristorante dell'amicizia", dove i migranti possono consumare i pasti tutti insieme e abbattere, così, il muro dell'esclusione e della solitudine; una seconda tenda detta "Scuola per la pace", ovvero uno spazio-giochi per i più piccoli, dotata persino di una piscina gonfiabile piena di palline colorate; e una terza struttura, la cossidetta "English school", per insegnare a tutti a parlare una lingua comune. «La scuola di inglese accoglie circa 50 studenti - spiegano i volontari della Comunità -: è la lingua di sopravvivenza, la lingua che aiuterà i migranti a trovare un posto in Europa».
L'iniziativa di Sant'Egidio mira anche a coinvolgere gli stessi migranti come parte attiva di un processo che restituisca loro la dignità, il sentirsi utili e parte di qualcosa. Non a caso, «diversi giovani provenienti da Camerun, Repubblica Democratica Congo, Siria, Pakistan e Afghanistan - continuano i volontari - si sono uniti agli operatori della Comunità per il servizio ai tavoli del "Ristorante dell'amicizia" o per accompagnare i più piccoli» nelle attività ricreative. Perché prima di essere profughi, coloro che arrivano a Cipro sono innanzitutto persone.
Ma anche al di fuori dei campi, la vita dei migranti giunti sull'isola è complicata: all'inizio di settembre, ad esempio, a Limassol circa 500 persone sono scese in piazza, al grido di «Rifugiati non benvenuti». Violenze e danneggiamenti hanno contrassegnato le proteste, concluse con un bilancio di cinque feriti, alcuni arresti, e l'intervento delle forze di sicurezza che hanno utilizzato gli idranti per disperdere la folla. A motivare il dissenso, la decisione dell'autorità cipriota di sgomberare un edificio abbandonato a Paphos, occupato da alcuni migranti siriani. Ne sono seguite tensioni e scontri che hanno portato all`arresto di venti persone.

[ Isabella Piro ]