Da Clarisse a Juno, i sogni parlano italiano «Un futuro qui grazie alla scuola di lingua»

L'evento ai Magazzini del cotone: 300 i neodiplomati ai corsi di Sant'Egidio. Provengono da 26 Paesi diversi
La storia
La scuola di lingua e cultura italiana, come primo passo dell'integrazione. «Qui riflettiamo con uno sguardo diverso sull'immigrazione, fenomeno che viene descritto come ingovernabile, dimenticando invece la grande opportunità che rappresenta per il nostro Paese che soffre per la denatalità e la mancanza di forza lavoro in alcuni settori». Andrea Chiappori, responsabile della Comunità di Sant'Egidio per la Liguria parla del ruolo fondamentale della scuola, della capacità di comunicazione e comprensione («e vale anche per gli italiani») e di un messaggio di pace e integrazione necessario più che mai, in questo tempo di flussi migratori sempre più consistenti e di fronti di guerra e morte. «La Costituzione italiana ripudia la guerra, non dimentichiamolo mai - riflette, Chiappori - la strada è una sola, è quella del dialogo».
Sono tutte occupate le poltrone della sala Grecale ai Magazzini del Cotone per la consegna, da parte della Comunità di Sant'Egidio, di 300 diplomi (su 900 persone iscritte) donne e uomini, provenienti da 26 Paesi - che hanno frequentato la scuola di lingua e cultura italiana. Una realtà che esiste dal 1986, la scuola di italiano in città e che ha visto più di 16 mila immigrati iscriversi (e, in non pochi casi, diventare a volta mediatori e volontari). Alle sei sedi - in centro storico, a Sampierdarena, a Sestri Ponente, a Pra', a Bolzaneto, a Molassana - si è aggiunta proprio in queste settimane la classe all'interno della tendopoli di Voltri nata su espressa volontà di maestri e insegnanti del territorio.
Ogni diploma ha una storia, dietro. Un volto e una vita. Mohamad Orabi ha 53 anni, è arrivato dalla Siria «dove ancora abitano mia moglie e i miei figli di 23 e 12 anni, mentre uno più grande è qua a Genova con me. A dieci minuti da casa nostra hanno già bombardato, siamo molto preoccupati». Il viaggio di Mohamad Orabi verso l'Europa è costato «7 mila euro, passando dalla rotta balcanica. Sono stato picchiato, sì sia in Grecia che in Turchia».
Tania Khan ha 27 anni, è originaria del Bangladesh: suo marito, Janingir Mredha, classe 1985, operaio Fincantieri, ha imparato da autodidatta. «In ospedale, al mio ultimo parto, non capivo quello che dicevano i dottori - afferma Tania - lì ho capito che dovevo darmi da fare». Da lì, allora, la decisione di frequentare la scuola. Non solo: perché ora è intestato a Tania anche un negozio - parrucchiere per uomo - in via del Campo dove lavorano due persone.
Tramite i corridoi umanitari è arrivata prima a Roma e poi a Genova Clarisse Mbole, 43 anni, dal Camerun: «Non avrei voluto venire in Europa, sono scappata da casa mia da una situazione difficile e nel viaggio ho trovato cose più difficili ancora, dalle quale fuggire nuovamente». Ha una figlia piccola che le abbraccia una gamba e sorride. Un'altra, più grande, è in Camerun.
Juno Hamtg, 31 anni, è arrivato a Lampedusa, su un barcone, 8 anni fa dalla Nigeria. «A Genova sono contento, ho un'occupazione. E ora parlo anche bene in italiano». In sala ci sono giovani e anziani, radici diverse e una storia comune di spinta verso un domani migliore. «I ragazzi che conseguono il diploma, oggi, sono genovesi a tutti gli effetti - sottolinea il vice sindaco Pietro Piciocchi- la città ha bisogno di loro e con il loro impegno dimostrano la volontà di integrazione. La scuola è un primo passo fondamentale e di questo percorso siamo grati al lavoro eccezionale della Comunità di Sant'Egidio». 

 


[ Silvia Pedemonte ]