«I corridoi umanitari come risposta per liberare la speranza dalla morte»

Il libro di Roberto Morozzo Della Rocca viene presentato oggi a Genova
Il colloquio
«I corridoi umanitari sono nati per non morire di speranza, perché la speranza sia liberata dalla morte». Roberto Morozzo Della Rocca, ordinario di Storia contemporanea all'Università di Roma Tre, attento osservatore della realtà nelle sue dimensioni culturali e geopolitiche, riassume in un concetto la grandezza di quella che può essere considerata una forma di salvataggio, legale e sicura, di persone fragili, vulnerabili: persone che hanno bisogno di cure, che hanno subito traumi dalle guerre da cui fuggono e che vorrebbero arrivare in paesi accoglienti.
Nel libro "Corridoi umanitari. Una risposta a una crisi planetaria" (edizioni San Paolo), l'autore disegna il cammino, l'itinerario di donne, uomini, bambini alla ricerca di una vita nuova, in fuga da violenze, da territori divenuti invivibili: Libia, Libano, Eritrea, Sudan, Somalia, Afghanistan, Siria. Un libro che diventa strumento per conoscere la storia dell'Europa di questi ultimi decenni e spiega come siano percorribili strade efficaci per rendere possibile l'accoglienza e l'integrazione di chi bussa, con disperazione, alle porte dell'Occidente.
L'autore ne parlerà oggi pomeriggio durante un incontro ospitato a Genova, alle 17.30 alla Sala Quadrivium di piazza Santa Marta, dialogando con Albergo De Sanctis di Unige, Andrea Castanini vicedirettore de Il Secolo XIX, Enrico Ivaldi di Iulm Milano, modera Claudia Poggi di Sant'Egidio.
«I corridoi umanitari non sono un lasciapassare per chiunque» spiega Roberto Morozzo Della Rocca, «vengono realizzati sulla base di protocolli d'intesa con i governi. Sono in pratica una forma di sponsorizzazione della società civile italiana ed europea per i fragili, i vulnerabili che, se vogliamo, sono assimilabili ai rifugiati dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite. Sono le associazioni che praticano questo strumento con cui sono arrivati in Europa circa 7 mila persone dal 2016 a oggi, 5 mila in Italia. Diciamo che è una maniera di sottrarre famiglie, uomini e donne ai trafficanti dei barconi, alla tratta degli esseri umani che, ormai sappiamo, sta dietro a tutta questa immigrazione che non è regolare. Parliamo di persone disperate che non possono tornare nei loro territori d'origine e prima o poi, se hanno qualche possibilità economica, si rivolgono ai trafficanti».
Quasi settemila le persone "salvate", mitigando un'enorme tragedia che coinvolge oltre 102 milioni di "umanità in fuga nel mondo" a cui si somma quel folto popolo che non ha i requisiti per essere contenuto in questi numeri impressionanti. La collaborazione tra Comunità di Sant'Egidio, la Tavola Valdese e la federazione delle Chiese evangeliche in Italia segna l'origine dei corridoi, concepiti tra il 2013 e il 2015. «Prevalentemente gli ingressi sono avvenuti in Italia, ma anche in Francia, Belgio, Germania, in piccoli paesi come Andorra o San Marino» racconta «un modello che anche l'Unione europea ha ripreso, perché i corridoi umanitari non costano nulla allo Stato ma sono interamente finanziati dalle associazioni e dalle chiese, dalla società civile che li organizza e pratica l'accoglienza e l'integrazione. Per questo sono emblematici, avviano processi. E salvano vite». 
 

[ Milena Arnaldi ]