Sant'Egidio e il dibattito per abbattere diseguaglianze

Sant'Egidio e il dibattito per abbattere diseguaglianze

L'incontro

«Per costruire la pace bisogna prima immaginarla, smettendo di pensare che sia impossibile». Come? Per esempio «affrontando il problema più grave oggi, quello delle disuguaglianze». Pensando a una «alternativa alla globalizzazione del mercato, che non solo non ha risolto i drammi della povertà, ma spesso li ha creati». Smettendo di chiamare «emergenza» ciò che non lo è, come «le migrazioni: il più grande campo profughi del mondo è in Bangladesh e non mi pare alle porte di casa nostra».
Sintesi: «Inutile costruire muri, che prima o poi vengono abbattuti o superati con un tunnel. La sola risposta è nel dialogo. Come la Comunità di Sant'Egidio ha sempre fatto. Con ogni Paese e ogni governo». Sono solo alcune delle riflessioni che monsignor Ambrogio Spreafico ha portato ieri al pubblico della Fondazione Corriere nella veste di arcivescovo di Frosinone, ma soprattutto in quella di esperto impegnato, con Sant'Egidio, nel dialogo interreligioso.
A condividere il tema del dibattito «Ripensare insieme un mondo che cambia», con lui e con il direttore del Corriere Luciano Fontana, l'imprenditrice Marina Salamon e Patrizia Grieco, presidente di Anima Holding:
Al mondo di oggi - ha concordato quest'ultima - sono otto miliardi di persone e il nodo da risolvere sono le disuguaglianze». Partendo dal «ricucire». «Ho passato la vita a schierarmi, ma questa volta - ha detto Salamon, riferendosi a Gaza e Israele - mi è difficile». Il «sogno» di Sant'Egidio, rilanciato da Stefano Carminati, resta lo stesso: «Una famiglia mondiale, in cui il Burundi confina con l'Ucraina». Paolo Foschini

 

 


[ Paolo Foschini ]