Medici per le "malattie della strada"

Le patologie di poveri e senza dimora richiedono una professionalità (e un'empatia) specifica. Nasce all'Università Cattolica la Scuola di specializzazione
Le "malattie della strada" non possono essere gestite senza una opportuna preparazione. Per fornire assistenza alle persone con difficoltà economiche e sociali e a chiunque viva una condizione di fragilità serve l'empatia». Giovanni Addolorato, direttore di Medicina Interna 2 della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli, lo dice con convinzione e anche con entusiasmo. Dopo una vita trascorsa a prendersi cura dei più fragili, da quest'anno dirige la Scuola di Specializzazione in Medicina di comunità e delle cure primarie della Facoltà di Medicina e chirurgia al campus di Roma dell'Università Cattolica.
Le attività del nuovo corso di specializzazione, articolati in quattro anni e attive da pochi giorni, si svolgono in collaborazione con l'Elemosineria Apostolica della Santa Sede, la Asl Roma 1, l'Ospedale Fatebenefratelli Gemelli Isola Tiberina e la Comunità di Sant'Egidio.
Come è nata l'idea?
Da diversi anni abbiamo creato un percorso per l'accesso alle cure primarie per i più fragili, i senza tetto, coloro che sviluppano le malattie della strada e anche per le persone che vivono un profondo disagio economico e che normalmente non hanno accesso alle cure primarie di cui hanno bisogno. Lo avevamo inizialmente dedicato alle patologie alcol-correlate, ma ci siamo resi conto che non bastava. E abbiamo deciso così di estenderlo a tutte le problematiche di salute che queste persone avevano sviluppato negli anni.
Ma come si è accorto che serviva un'attenzione in più?
Prima lavoravo a Bologna, al Sant'Orsola, e lì già collaboravo con alcune associazioni umanitarie. Arrivato a Roma, ho iniziato a collaborare con la Caritas, e quindi sono venuto a contatto con pazienti molto fragili che dormivano per strada, alla stazione. E osservavo che non basta solo dare i farmaci. Pian piano abbiamo iniziato a prendere in carico queste persone, a seguirli. E così ci siamo resi conto che non è sufficiente fare il medico in maniera tecnica, perché la gestione di questi pazienti richiede empatia. Ricordo ancora che una delle prime persone che ho visitato in ambulatorio, e che viveva per strada, aveva remore persino a stendersi sul lettino. Poi mi ha spiegato, stupito: «Ma lei davvero mi visita? Sono anni che nessuno si avvicina"».
Rispetto ad allora, le sembra che le persone più vulnerabili siano cambiate?
Negli anni sono decisamente molte di più, e questo è sotto gli occhi di tutti: è cresciuta la povertà, sono aumentate le persone che, pur avendo un lavoro, anche se non stabile, non riescono ad arrivare a fine mese. E così basta che accada una difficoltà a livello lavorativo e personale, non riescono più a gestirsi e vanno a vivere per strada. Questo è uno dei motivi per cui è stata formalizzata la Scuola di specializzazione: attualmente, tutto ciò viene effettuato in maniera volontaristica, ma se ti manca la formazione per entrare in empatia con queste persone non riesci poi ad avere un impatto. Il medico, in sostanza, deve essere formato non solo nella capacità tecnica di curare ma anche su come comportarsi con chi sta vivendo una condizione di fragilità, su come stabilire un contatto efficace.
Quali sono le patologie più diffuse?
Le cosiddette malattie della strada si sviluppano su tutti gli organi: la maggior parte sono sottese ovviamente a un abuso di alcol e di sostanze. Non a caso, una parte importante di questa scuola è incentrata sulla gestione delle dipendenze. Questa è la prima scuola di medicina interna indirizzata alla gestione delle patologie acol-correlate. Sebbene la legge 125 del 2001 indicasse la necessità di formare medici per questa tipologia di persone, poi però di fatto la decisione è stata passata all'autonomia delle università. E nessuna l'ha attivata. In caso di disturbi mentali molti però rifiutano di farsi aiutare. Il nostro centro di psichiatria collabora già con il nostro team. E chi si iscrive alla Scuola viene formato anche per acquisire competenze trasversali, che vanno dalla medicina alla psichiatria. Nasce cioè una figura che lavora sul territorio e sa affrontare patologie particolarmente complesse. Assistendo questi pazienti, ci siamo resi conto infatti che un solo specialista, che sia l'epatologo o lo psichiatra, non basta. Per gestire le patologie della strada devi essere in grado di seguire i pazienti in maniera trasversale, acquisendo competenze di medicina interna, psicologia, psichiatria.
Ma se poi una volta dimessi non seguono le terapie, il vostro intervento non è "inutile"?
Questa è proprio la domanda che mi sono posto quando una volontaria di Sant'Egidio mi ha chiesto di iniziare a collaborare. Ma ho avuto una piacevole sorpresa: un giorno, pur avendo diverse visite in ambulatorio, ho trovato la sala di attesa vuota. Scoraggiato, ho chiamato la volontaria: «Abbiamo fallito, purtroppo non sono venuti». E lei pronta: «Scusa se non ti ho avvertito, dobbiamo cambiare il giorno delle visite, perché nei feriali lavorano tutti». Ecco, una parte importante delle persone che vengono prese in carico sono reinserite con l'aiuto dei volontari, insieme cerchiamo di trovare una soluzione abitativa e lavorativa. E molti di loro riescono a reintegrarsi nella società.
 

 


[ Graziella Melina ]