La "pena di morte a pezzi" I mille volti di una barbarie
PENA DI MORTE

La "pena di morte a pezzi" I mille volti di una barbarie

Scripta manent
Pena di morte e tempo di guerra. Ieri 2.450 città si sono unite a Roma, mentre il Colosseo diventava il testimoniai per la vita, per fermare la pena di morte nel mondo. È il movimento dal basso, dalle città, la contraddizione creata dalla comunità di Sant'Egidio anche in Stati che conservano la pena capitale. Un nuovo strumento di democrazia umanitaria dal basso, per una giustizia capace di rispettare sempre la vita, dal 1999. Da allora 50 Paesi del mondo hanno tolto dalle loro leggi la pena capitale.
È tra i pochi successi che la comunità internazionale può vantare nel XXI secolo: se pensiamo che nel 1976 erano solo 16 i Paesi che avevano abolito la pena di morte, e oggi ne contiamo 144 che non la usano più, 55 che la mantengono e 21 che la utilizzano davvero. È davvero una svolta della storia, anche se la pena capitale è però dura a morire. In Alabama una governatrice che si dice fervente cristiana ha programmato per la prima volta nella storia una esecuzione, quella di Kenneth Smith - già torturato con una procedura andata a male - per asfissia da azoto, una cosa che non si usa per ammazzare gli animali.
Noi sappiamo che la pena di morte è contro il magistero della Chiesa Cattolica e papa Francesco lo ricorda continuamente. I pontificati del Novecento, da Papa Giovanni XXIII a Paolo VI, da Giovanni Paolo II a Benedetto XVI, hanno distillato una pietra angolare che ha portato a una consapevolezza definitiva: «La pena di morte è sempre inammissibile». Da Roma è salito un nuovo appello per fermare questo meccanismo infernale, anche in Alabama. Da un orrore può nascere un cambiamento, ci si augura, come quando da Montgomery, proprio dall'Alabama, dalla terra dei linciaggi dei neri, del Ku-Klux-Klan e delle esecuzioni sommarie, è partita la battaglia che ha portato ai diritti civili e alla fine della segregazione razziale, almeno per legge.
Dal Campidoglio, con migliaia di sindaci, è stato chiesto al presidente Biden di commutare tutte le sentenze capitali nel braccio della morte degli Stati Uniti e di dichiarare una moratoria, perché è nella sua facoltà: non c'è bisogno del Congresso.
Il mondo sta tornando alla "normalità`: anche se il Covid 19 non è scomparso. È la normalità -sottosopra in cui siamo immersi, quella dove la guerra è tornata ad essere uno strumento normale per le controversie internazionale, facendo morire la politica e la diplomazia, dall'Ucraina alla Terrasanta, dal Sudan allo Yemen. Dove si chiamano emergenza le migrazioni forzate, che sono un fatto strutturale del nostro cambiamento d'epoca: 60 milioni di esseri umani dieci anni fa, 90 milioni a febbraio 2021, e 114 milioni oggi. E solo una parte piccola e marginale arriva in Europa e in Italia: nel vicino, piccolo Libano, oltre a 4 milioni e mezzo di abitanti ci sono 2 milioni di profughi palestinesi e siriani, come se i profughi fossero 20, 30 milioni in Italia.
C'è una pena di morte non dichiarata che riguarda i profughi, con il suo contorno di soppressioni della dignità umana: il non soccorso, la complicità con chi li detiene con sfruttamento e torture e percorsi legali a ostacoli. Il Mediterraneo, cimitero d'acqua e le vittime sulla rotta balcanica lo ricordano all'Italia e all'Europa.
Questa "normalità" significa anche che, dopo molti anni di contrazione progressiva del numero delle esecuzioni capitali registrate nel mondo, nel 2022 sono tornate a crescere, per il terribile contributo, soprattutto, di tre Paesi: da 314 a 576 le esecuzioni in Iran, da 65 a 196 in Arabia Saudita, 24 in Egitto tra 2021 e 2022. Ma anche nuove abolizioni in Kazakistan, Papua Nuova Guinea, Repubblica Centrafricana e Sierra Leone.
C'è una "normalità malata" che è quella dei pogrom urbani, come a Dublino, in agguato anche da noi se continua una rappresentazione dell'altro come nemico. Dobbiamo lottare anche contro la "pena di morte a pezzi" in mezzo a una "guerra mondiale a pezzi`: 

[ Stefano Pirgi ]