Duecento in piazza Matteotti per dire no alla pena di morte

l sit-in con i cartelli organizzato da Sant'Egidio in 2.450 piazze italiane. La portavoce della comunità: «Chi sbaglia va sostenuto, non ucciso»
Non c'è giustizia senza vita. Not in my name, non in mio nome. Restiamo umani. Chi salva una vita salva il mondo intero. Cartelli sventolati verso il cielo, riflessioni ad alta voce e musica. Sono oltre duecento i genovesi che ieri sera hanno urlato il loro no alla violenza partecipando al sit-in di Cities for Life contro la pena di morte promosso in piazza Matteotti, e in altre 2.450 piazze italiane, dalla Comunità di Sant'Egidio.
In piazza anche il Comune di Genova rappresentato dall'assessore Matteo Campora: «Quello alla vita è un diritto inalienabile - ha ricordato - Chi sbaglia va aiutato e sostenuto in un percorso di cambiamento, non ucciso. Genova è una città con una forte tradizione democratica, come dimostra la medaglia d'oro per la Resistenza, oggi non poteva non essere in piazza».
La giornata internazionale contro la pena di morte nasce in ricordo del 30 novembre 1786 quando il Granducato di Toscana abolì, primo stato nella storia, la condanna capitale. «Da allora molta strada è stata fatta - spiega Simona Merlo della Comunità di Sant'Egidio - ma tanto si può e si deve fare ancora contro questo strumento altamente inumano. Questa mobilitazione ha 21 anni e negli anni è andata crescendo ma oggi, in un tempo di guerra mondiale a pezzi, assume un significato ancora più particolare perché la violenza sta crescendo sempre di più e sembra essere tornata uno strumento per risolvere i problemi e le controversie, politica e diplomazia stanno lasciando spazio all'uso della forza». Negli ultimi 18 mesi quattro paesi hanno abolito la pena di morte ma per la prima volta dopo anni nel 2022 è tornato a salire il numero delle esecuzioni che sono state 883, mentre nei primi otto mesi del 2023 sono 538. «Ma questi sono solo i dati conosciuti, di altri paesi come Cina e Vietnam non abbiamo numeri - sottolinea Simona Merlo - Senza contare che oggi nel mondo c'è anche una pena di morte non dichiarata, quella che colpisce i migranti e i profughi, tra soppressione della dignità umana e mancato soccorso in mare».
Al sit-in organizzato dalla Comunità di Sant'Egidio, che negli ultimi anni ha portato avanti una campagna in tutti i continenti per giungere ad una moratoria universale, è stato anche possibile ascoltare in collegamento la testimonianza di Gary Drinkard, per sei anni nel braccio della morte in Alabama per un crimine mai commesso: «Ho visto compagni di prigione impazzire, altri suicidarsi, altri ancora affrontare la pena con coraggio. Non mi ascoltava nessuno, tutti mi dicevano che non potevano aiutarmi. Io ero innocente, per fortuna dopo cinque anni ho vinto l'appello e il mio caso è stato riaperto. Ho vinto, ho studiato, mi sono anche laureato, ma il mio passato non mi permette di avere una vita lavorativa, intorno a me rimane il sospetto». -
 
 
 

[ Licia Casali ]