Aggiungi un posto a tavola

Aggiungi un posto a tavola

In prima persona
Per Daniela, che da 35 anni fa la volontaria nella comunità di Sant'Egidio a Roma, nel quartiere Trastevere, aiutare le persone va di pari passo con le sue nuove relazioni di amicizia. Tanto che, in questi giorni, sta preparando gli inviti e il menù del pranzo di Natale che trascorrerà con marito, figlie e 450 invitati
Mi chiamo Daniela Moretti, ho 52 anni, sono nata e vivo a Roma e da quando ho 15 anni lavoro come volontaria nella Comunità di Sant'Egidio, praticamente da quando frequentavo la seconda superiore in un istituto tecnico commerciale.
Tutto è cominciato perché ero rimasta molto colpita dalle attività della comunità in Mozambico, ex colonia portoghese, dove allora c'era una guerra civile e a scuola ci eravamo attivati per raccogliere materiali e aiuti. Sempre in quella circostanza è nata la mia passione per le lingue straniere, infatti poi all'università mi sono laureata in portoghese e rumeno.
Sono sposata con Paolo, che ho conosciuto in un campo rom, così ci piace ricordare il nostro primo incontro, entrambi eravamo giovani volontari, e abbiamo due figlie, Chiara di 19 anni e Eleonora di 15. Lavoro part time per un'azienda privata nel settore delle telecomunicazioni e da dieci anni sono responsabile della scuola di lingua e cultura italiana per migranti e rifugiati della comunità di Sant'Egidio di Trastevere. A Roma abbiamo circa venti scuole gestite da volontari: tra questi ci sono anche persone non cristiane e non credenti che sentono il desiderio di aiutare, per un'attenzione all'umanità che prescinde dall'appartenenza religiosa.
lo sono impegnata tre mezze giornate a settimana per la scuola, poi sotto Natale collaboro all'organizzazione del pranzo del 25 dicembre che offriamo a Trastevere, nella scuola, alle persone di strada e a coloro, stranieri o anziani, che non hanno una famiglia o ce l'hanno lontana e che vogliono viverlo con noi. Saremo in circa 450 e quindi la macchina organizzativa è complessa, dagli inviti, alla raccolta dei prodotti alimentari, per poi passare alla preparazione delle portate (lasagne al forno, polpettone con lenticchie e dolci natalizi sarà come sempre il menù) e poi ancora impacchettare tutti i regali...
Perché faccio questa cosa da così tanti anni? La risposta è molto semplice: ho capito, vivendolo in prima persona, che fare volontariato e aiutare chi vive in povertà o in solitudine mi fa stare bene, mi aiuta a essere più felice. Mi rende consapevole dei privilegi che ho e mi serve a relativizzare le mie difficoltà nella vita di tutti i giorni. E poi c'è un altro aspetto per me fondamentale, il rapporto che stabilisco con chi incontro. È un rapporto di amicizia, non di assistenzialismo, tanto che li ho invitati tutti al mio matrimonio, per me sono come cugini e fratelli.
Mi chiedono spesso: ma non hai paura di metterti in situazioni pericolose? No, rispondo, e faccio un esempio. La distribuzione dei pasti alla stazione di Roma: noi volontari non siamo mai da soli, ma affianchiamo chi opera in quella situazione da vent'anni e conosce i nomi e le vite delle persone a cui si offre il panino o la cena, e questo fa la differenza. Secondo me la vera risorsa del nostro volontariato è creare una relazione, che a volte induce le persone che aiutiamo a diventare volontari a loro volta.
Voglio fare un altro esempio, con l'amicizia che si è creata con una giovane donna marocchina che veniva alla scuola per italiani. Lei era analfabeta anche nella sua lingua d'origine, ma era sempre presente; non interveniva mai, e io facevo lezione comunicando con gesti e disegni. Dopo due anni, è passata a ringraziarmi e mi ha detto: «Adesso che so parlare italiano ti confesso che non afferravo ciò che mi dicevi, ma nello sforzo che tu facevi per me capivo che avevo una possibilità per farcela».
E poi... anche gli immigrati hanno paura di noi, di un mondo che non capiscono! Avere i volontari come persone amiche toglie una serie di barriere, offre una seconda chance. In tutti questi miei 35 anni di volontariato ho visto le periferie romane trasformarsi, oggi c'è un maggior benessere in termini di aspettativa di vita e di istruzione, ma è cresciuta una solitudine profonda e trasversale, che è la povertà di relazione. Io credo che la nostra presenza sul campo sia allo stesso tempo un atto umanitario e politico, perché crediamo che i migranti vadano integrati, che la società debba essere a misura dei più deboli, che una società si misuri su come tratta i più poveri.
Pochi giorni fa mi hanno chiesto se mettere le mani nella sofferenza, vedere bambini vivere in condizioni disagiate non mi rattristi e se riesco a dare un senso alle ingiustizie del mondo. Ecco, io penso che il dolore faccia parte dell'esistenza e non è corretto voler rimuovere queste esperienze dalla nostra vita. La malattia e la morte restano un mistero ma esiste un sentimento per affrontarle, che è vivere la compassione. C'è una frase di papa Francesco che amo particolarmente: "Chi non vive per servire non serve per vivere" e me la ripeto spesso. E se poi non tutti coloro a cui diamo il nostro tempo e la nostra amicizia sono riconoscenti non disperiamoci, anche con i figli a volte succede la stessa cosa.
lo mi appiglio a quella sensazione che ho provato per la prima volta,a 15 anni: fare bene mi fa stare bene. E non vorrei mai sperimentare il contrario. I
 
UN BANCHETTO PER 240 MILA PERSONE
Nata come Scuola popolare nel 1968 per iniziativa di Andrea Riccardi, allora studente liceale, era un doposcuola gratuito per bambine e bambini delle baraccopoli romane. Con il tempo si è trasformata in Scuola della Pace, con iniziative rivolte a minori in istituto, persone anziane, senza dimora, migranti, disabili, malati terminali, detenuti, rom, malati di Aids e negli anni, la rete della comunità di Sant'Egidio è arrivata in una settantina di Paesi nel mondo. Per la comunità il giorno di Natale è una ricorrenza davvero speciale, soprattutto dal 1982 quando, per la prima volta, alcuni poveri furono accolti nella basilica di Santa Maria in Trastevere; oggi il banchetto si è allargato raggiungendo oltre 70 Paesi nel mondo, in luoghi come chiese, case, scuole, istituti per anziani, carceri e ospedali. Quest'anno l'obiettivo degli organizzatori è quello di mettere a tavola 80.000 persone in Italia e 240.000 nel mondo grazie alle raccolte di generi alimentari nei supermercati e nei centri commerciali, oltre a donazioni e offerte di beni da parte di imprenditori e ristoratori e al prezioso lavoro dei volontari, in Italia circa 20.000. Per partecipare questa iniziativa è stata attivata la campagna solidale A Natale aggiungi un posto a tavola, attiva fino al 26 dicembre 2023: basta chiamare da rete fissa o inviare un sms al numero 45586 per fare una donazione. Durante tutto l'anno, invece, la Comunità si sostiene attraverso le donazioni di privati cittadini; in alcuni Paesi può contare sui finanziamenti pubblici per i progetti che svolge, così come può ricevere aiuti economici da fondazioni, enti filantropici e altre organizzazioni che si dedicano al sostegno delle iniziative sociali e umanitarie. In alcuni casi riesce a accedere a finanziamenti da organismi internazionali per progetti che riguardano la pace, i diritti umani, lo sviluppo e l`aiuto umanitario. santegidio.org

 


[ Anna Bogoni ]