I 200 trasferimenti non bastano. Al Silos 160 migranti al freddo

I 200 trasferimenti non bastano. Al Silos 160 migranti al freddo

L'emergenza senza fine
Il villaggio fantasma pieno di profughi nonostante le partenze coordinate dalla Prefettura sotto Natale
Il Silos continua a rappresentare un'emergenza. Nel villaggio fantasma che costeggia la stazione ferroviaria vivono ancora 160 migranti, nonostante nei giorni scorsi – tra il 20 e il 21 dicembre – con il coordinamento della Prefettura siano state spostate 200 persone in altri centri di accoglienza del Paese. Ma i 160 stranieri rimasti tutt'ora al Silos, soprattutto afghani e pachistani, dormono sempre in capanne sudice. Tra fango, insetti, topi ed escrementi. Per rifornirsi di acqua, per bere e per prepararsi da mangiare, devono andare con le taniche in piazza Libertà. Il via vai è continuo. Come peraltro quello dei volontari delle onlus che, con la loro costante presenza tentano di sopperire al vuoto istituzionale.
Proprio ieri al Silos era presente un gruppetto di ragazzi della Comunità di Sant'Egidio. Giovani venuti da Padova, Treviso, Bologna e Parma, per affiancare i volontari triestini della Comunità, così da portare calore e vicinanza alle decine di stranieri in difficoltà. Ieri, oggi e domani i giovani organizzano ancne "pranzi dell`amicizia" nel centro diurno di via Udine. L'attività poi si sposta al centro di Campo Sacro, per la scuola di italiano e per alcuni momenti di incontro e festa. E oggi alle 18.30, nella chiesa di Sant'Antonio Vecchio (piazza Hortis), si terrà una preghiera per i migranti, in particolare per chi ha perso la vita durante i viaggi della speranza. Il raccoglimento, pensato dalla Comunità di Sant'Egidio, è presieduto da don Tommaso Opocher, sacerdote di Padova appartenente alla Comunità. Anche lui, ieri, era presente al Silos.
Trieste deve dunque dire grazie al mondo dell'associazionismo, in particolare quello di ispirazione cristiana, come appunto la Comunità di Sant'Egidio, alla stessa Caritas, alla Comunità di San Martino al Campo o a onlus come l'Ics, Linea d'Ombra e DonK Humanitarian Medicine (che offre assistenza sanitaria) per citare solo alcune delle realtà attive, se i migranti della rotta balcanica possono trovare un po' di conforto. Con pasti, vestiti, coperte. E con la presenza e lo sguardo umano.
Senza i volontari, dinnanzi all'assenza politico istituzionale, il Silos si trasformerebbe in qualcosa di facilmente immaginabile. Con potenziali esiti drammatici. Basti pensare al freddo o, ancora, alle condizioni igienico sanitarie in cui vivono le persone. Molti hanno la scabbia e si contagiano tra loro perché dormono vicini, proprio per sopportare le temperature notturne. Tanti soffrono di patologie respiratorie. Altri hanno infezioni ai piedi, dovute ai lunghi viaggi della rotta. Come testimoniato dalla associazioni umanitarie, c'è chi si ammala di polmonite. Non mancano le persone morse dai topi che si infilano nei sacchi a pelo. Per scaldarsi e per cucinare vengono accesi fuochi: pericolosi, perché le fiamme sono libere e talvolta intaccano i teli delle tende e i pezzi di cartone delle capanne. I cumuli di spazzatura sembrano aumentare dappertutto.
Il Silos tende a riempirsi quando il meccanismo degli spostamenti rallenta. O si blocca. Dai dati della Prefettura emerge che durante l'anno sono stati trasferiti 1737 richiedenti asilo da Trieste. «Sollecito il ministero di continuo – afferma il sindaco Roberto Dipiazza – ora la situazione si è alleggerita, ma lavoriamo per far portare via altre persone. E non dimentichiamo che in città gestiamo 500 minori stranieri». «I due grossi trasferimenti, di 100 persone ciascuno, del 21 e 22 dicembre – osserva il presidente dell'Ics Gianfranco Schiavone – hanno alleviato una situazione che rimane però grave. A Natale risultano senza accoglienza 160 richiedenti asilo con attese che partono da inizio novembre. I grossi trasferimenti estemporanei non sono una soluzione. Serve un piano ordinario settimanale con quote piccole ma costanti. Il numero medio delle domande di asilo, in calo in inverno, è di meno di 5 al giorno, quindi gestibile con una minima organizzazione della pubblica amministrazione. Come più volte sottolineato non c'è alcuna emergenza reale a Trieste, ma una emergenza voluta conseguenza di inefficienze. La reali finalità di questa emergenza artificialmente costruita – conclude Schiavone – è probabilmente quella di spingere i rifugiati a proseguire il viaggio verso altri paesi nonostante le norme Ue lo vietino»
 

[ Gianpaolo Sarti ]