«Richieste d'aiuto salite del 30%. Molti i lavoratori sottopagati»

«Richieste d'aiuto salite del 30%. Molti i lavoratori sottopagati»

A Sant'Egidio bussano lavoratori sottopagati
Paolo Parisini della Comunità di Trieste: «Dal Silos agli anziani, disagio frammentato»

E' una «povertà frammentata» e un`'«umanità fragile» quella che Paolo Parisini, presidente della Comunità di Sant'Egidio di Trieste, incontra ogni giorno in via di Romagna 22. Al Centro di solidarietà della Comunità chiedono aiuto migranti del Silos e anziani soli, ma anche famiglie triestine che non riescono a pagare la bolletta del gas, e giovani che lavorano ma in condizioni contrattuali miserevoli. Una «povertà difficile da riconoscere»: una «fragilità che può entrare da mille finestre, e toccare tutte le fasce d'età, le nazionalità, le estrazioni sociali».
Trieste è la provincia del Fvg con il più alto tasso di persone sotto la soglia di povertà. La sorprende?
«E un fenomeno che va avanti da tempo. In questo momento ci preoccupa l'emergenza alimentare: sotto Natale abbiamo constatato quanti cittadini vivano con frigo e dispensa drammaticamente vuoti».
In trent'anni di attività nella Comunità come ha visto cambiare il volto della povertà in città?
«Negli anni Novanta lavoravamo soprattutto con gli anziani di San Giacomo o le famiglie operaie di Valmaura. Adesso la geografia della povertà è cambiata: è più frammentata. Il povero non è più soltanto l'anziano solo o il senza fissa dimora: andiamo dai migranti del Silos alla famiglia triestina di Borgo Teresiano, che ha un reddito troppo basso ma non rientra nei parametri per ricevere alcun tipo di sussidio, che non riesce a fare la spesa, pagare l'affitto, le bollette».
Che umanità incontrate al Centro di via Romagna?
«Abbiamo molte richieste di persone straniere, soprattutto dall'Europa dell'Est e dalla Colombia. Ma bussano anche tanti triestini. La pandemia è stata una mazzata: tra i residenti le richieste d'aiuto sono aumentate del 30%. La fascia più fragile è quella degli uomini di mezza età rimasti disoccupati: non riescono a trovare una nuova occupazione ma non hanno ancora diritto alla pensione sociale. In aumento le famiglie con minori, e i giovani, soprattutto le donne, causa il gap salariale che le penalizza».
Negli anni le loro necessità sono cambiate?
«Più che cambiate, sono sempre più drammatiche. Ci chiedono di fare la spesa, aiutarli con l'affitto ormai proibitivo, pannolini o libri per la scuola. Esempio emblematico, le utenze: fino a 4 anni fa ci portavano bollette da 100 euro, ora da migliaia di euro perché accumulano arretrati e rimangono senza luce e gas a casa. Cittadini, soprattutto italiani con alle spalle morosità, debiti, sfratti».
Avere un lavoro non basta più?
«Molti dei nostri utenti sono "working poor": giovani che lavorano e dichiarano di essere occupati, ma in condizioni contrattuali tendenti alla miseria. Camerieri, rider, operai con lavori in nero, part-time involontari, sottopagati o anche non pagati».
C'è un aumento dell'attenzione dei cittadini verso le persone più in difficoltà?
«La nostra comunità è cresciuta. Abbiamo sempre più volontari, anche giovanissimi: mentre parliamo, al piano di sopra stanno preparando i panini da distribuire a chi non riesce a comprarsi da mangiare».
E le istituzioni, ci sono?
«Se prima eravamo noi a intercettare situazioni fragili e a rimandarle al Comune, ora sono le istituzioni stesse a segnalarci casi di persone in grave povertà e chiederci una mano. Nei fatti spesso ci troviamo a fronteggiare richieste di aiuto aggiuntive, borse della spesa o sostegno economico a persone che sono già in carico ai servizi sociali. E un campanello d'allarme: la povertà è in aumento, e le risorse sono limitate». - 


[ Francesco Codagnone ]