In coda tra i disperati c'è il manager di un'azienda estera «Tanti volti inattesi»

In coda tra i disperati c'è il manager di un'azienda estera «Tanti volti inattesi»

Il caro affitti ha fatto esplodere il problema: alla ricerca di un tetto ci sono padri separati, ex badanti, operai stranieri licenziati
Sant'Egidio: Sono all'addiaccio anche persone con il reddito di cittadinanza o la pensione di invalidità
Il popolo degli invisibili è fatto di vite, esperienze, scelte di vita e porte sbattute in faccia diverse. Ci sono licenziati che non hanno più cercato lavoro, padri separati, persone malate, fisicamente e psicologicamente, altre dipendenti da droga o alcol, molti stranieri, espulsi dall'Italia, oppure usciti dal programma di accoglienza perché non hanno più i requisiti o che hanno perso il posto e quindi il permesso di soggiorno. Ci sono ex detenuti a cui nessuno ha concesso una seconda possibilità e che ripetono: «Era meglio stare dentro, letto e pasti caldi sono garantiti».
Tra i casi più recenti seguiti dalla Ronda della Carità di Verona spicca la storia del responsabile commerciale di un'azienda con sede all'estero, che arriva da fuori Verona e da qualche mese, dopo la separazione dalla moglie, vive per strada per problemi economici. «Ha perso la residenza e quindi anche il passaporto, non può più viaggiare ma ha mantenuto il lavoro, perché non ha detto nulla della sua condizione ai vertici dell'azienda - racconta il presidente della Ronda, Alberto Sperotto - Da qualche mese ha un letto al dormitorio e di giorno lavora con il computer in biblioteca, grazie al collegamento Wi-fi. Non avendo la residenza in città non può nemmeno iscriversi in graduatoria per le case popolari. E non è l'unico costretto in strada pur percependo regolare stipendio, perché trovare anche solo una stanza a basso costo è impossibile. Soprattutto per gli extracomunitari. Pur dotati di permesso di soggiorno, impiegati in imprese della zona, operai turnisti e dipendenti che guadagnano 1700 euro al mese, devono dormire in case abbandonate. Rischiando una denuncia e la conseguente perdita del diritto a restare in Italia e del posto di lavoro».
«È un problema emergente e molto preoccupante che vediamo anche noi - conferma Mirko Sossai, vicepresidente della Comunità di Sant'Egidio Veneto - tante persone, italiane e straniere, hanno un reddito ma non trovano casa e finiscono all'addiaccio. Sono impiegate nella logistica, nel settore manufatturiero, nelle aziende, in fabbrica. La penuria di alloggi segnalata dopo la pandemia da Covid-19 dagli studenti in realtà esiste per tutti. Ci siamo mobilitati per trovare una soluzione ma non è facile, non sempre ci riusciamo. La poca offerta verte su prezzi esorbitanti per la paga di un operaio, o di chi percepisce il reddito di cittadinanza o la pensione di invalidità. Perché in strada ci sono anche loro».
Per la maggioranza i senzatetto sono uomini, ma ci sono anche le donne. Come la signora rumena giunta due anni fa a Padova su richiesta di una famiglia bisognosa di una badante per una parente. Quando l'anziana è morta, lei è stata liquidata velocemente e si è trovata senza più un tetto sopra la testa e con pochi soldi in tasca. Non è riuscita a trovare un altro impiego e ora vive in stazione insieme a un'altra donna, una senzatetto orientale molto esile, che scrive e scarabocchia tutto il giorno. Non parla, non vuole aiuti, sta seduta o sdraiata sul suo pezzo di cartone, con una coperta addosso, Ha sempre un foglio e una penna o dei colori in mano. Impossibile darle un'età, ma è lì da anni, non ha amici, è sempre sola e dalle associazioni accetta solo i pasti, acqua, la coperta e qualche vestito. «Le due donne hanno trovato una sistemazione stabile in stazione - dice Carmelo Lo Bello di «Medici di strada» Padova -. Si può dire che ormai siano "autorizzate" a starci, perché ogni volta che sono state allontanate sono regolarmente tornate. Sono invisibili, non parlano, non chiedono elemosina, non interagiscono con nessuno, stanno fuori, attaccate alle porte di ingresso, e quando fa freddo entrano. L'unica richiesta che ci ha rivolto la signora romena è di poter avere il caffè invece del the che distribuiamo e che lei non beve».
Sono diverse le richieste rivolte ai volontari. Non pretese esagerate, piccoli gesti di conforto. «Tanti vogliono solo scambiare due parole - confida Sossai - essere chiamati per nome invece di venire inquadrati in una categoria. Restituisce loro dignità. Uno dei clochard più noti a Padova una volta mi ha detto: la vera malattia della vita di strada è la solitudine. E infatti tutti vogliono uscirne, non è mai una scelta, tanto è vero che più di qualcuno ci chiede aiuto per ripristinare il contatto con i parenti. E succede anche il contrario».
Stando al freddo h24 l'altra costante è il bisogno di cure mediche. E allora ci pensa la Croce Rossa. «Le nostre squadre a piedi escono dalle 19 alle 23 - spiega Giampietro Rupolo, presidente della sezione di Padova - e due volte la settimana esce il camper-ambulatorio, con medico e infermieri. Padova conta 230 senzatetto e una trentina non trova posto nei dormitori. Il 25% è italiano, gli altri sono africani, bengalesi, pakistani e afghani. Ci occupiamo anche di chi è dipendente dalla droga, insieme al Sert». 
 

[ M.N.M. ]