"Impegnarsi insieme è un antidoto al voltare lo sguardo altrove"

"Impegnarsi insieme è un antidoto al voltare lo sguardo altrove"

"Costruiamo insieme esperienze di affidamento"
Intervista a Monica Attias della Comunità di Sant'Egidio
«Non cediamo alla tentazione di disinteressarci degli altri, specialmente dei più deboli, non abituiamoci a voltare lo sguardo, ma impegniamoci ogni giorno concretamente per formare una comunità composta da fratelli che si accolgono reciprocamente, prendendosi cura gli uni degli altri»
Apro questa intervista con un estratto del messaggio di Papa Francesco, in occasione della 54° giornata mondiale della pace, per accogliere Monica Attias, Coordinatrice dei Corridoi Umanitari da Cipro e dall'Afghanistan per la Comunità di Sant'Egidio che ringrazio di cuore per la disponibilità.
Monica, descrivere cosa fa la Comunità di Sant'Egidio è difficile, tanti sono i progetti che portano il vostro nome, penso però che le parole di Papa Francesco riassumano bene ciò che siete: un impegno quotidiano per l'altro, un gesto di cura in funzione della pace. Posso chiederle che cosa rappresenta, per lei, Sant'Egidio?
"La Comunità di Sant'Egidio è per me un modo di vivere il Vangelo nel mondo contemporaneo; è la possibilità di vivere non come sonnambuli ma con la coscienza e la passione per ciò che succede nel mondo. Impegnarsi insieme è un antidoto al voltare lo sguardo altrove. Mi occupo da qualche anno dei corridoi umanitari. Questo servizio è una grande avventura: mi ha consentito di toccare con mano le ferite dei popoli e allo stesso tempo di dare risposte di speranza".
Leggendo la storia della Comunità di S. Egidio, fondata da un giovanissimo Andrea Riccardi nel 1968, mi ha colpito la ricorrenza di tre parole: Preghiera, Povertà e Pace. Pace come antidoto ad ogni povertà, Pace quale meta da raggiungere attraverso il dialogo, di cui voi siete stati e siete ancora oggi portatori. Come si costruisce un dialogo capace di dare frutto, soprattutto in un tempo, quello presente, in cui leggiamo di nuove guerre sempre più vicine a noi?
"La pace è una delle tre P che spiegano la vita di Sant'Egidio. La Preghiera arriva dove la nostra debolezza non riesce ad arrivare. I Poveri, prime vittime della guerra, ci indicano il bisogno di Pace. Io credo che la pace si costruisca anzitutto con un senso di ribellione all'impotenza, alla legge dell'ineluttabilità della divisione, della contrapposizione. La guerra si sta insinuando con normalità nel nostro mondo senza che ne siamo pienamente coscienti. Come dice il Salmo 49 "L'uomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che periscono". Il benessere intorpidisce la nostra coscienza e ci fa guardare solo al nostro piccolo. In secondo luogo c'è una dimensione quotidiana della costruzione della pace che non va sottovalutata. L'accoglienza attraverso i Corridoi Umanitari da parte di tante realtà e famiglie in Europa è stata dal 2016 sicuramente un tassello, per quanto piccolo, nel grande mosaico della pace. Parlo di mosaico come di un'opera collettiva, che si costruisce sia nei paesi di provenienza dei profughi sia nei paesi di destinazione. Nell'accogliere l'altro che viene dalla guerra stiamo riparando un pezzo di mondo".
La legge che a San Marino ha introdotto l'istituto dell'affidamento di minori stranieri non accompagnati ha le proprie radici nelle tante denunce sulle condizioni cui erano costretti a vivere tanti minori che vivevano all'interno del vecchio campo profughi dell'isola di Samos. Sono inoltre ancora vivide le immagini della Guardia Costiera greca che bastona dei migranti su di un gommone o che effettua manovre azzardate in prossimità delle loro imbarcazioni, sembra quasi a volerle rovesciare. Qual è oggi la situazione per le isole dell'Egeo? Quale l'impegno fattuale dell'Unione europea a supporto di questa regione?
"Purtroppo la situazione nelle isole dell'Egeo e nel mare che separa la Turchia dall'Europa è sempre allarmante. La questione dei respingimenti in Grecia è in attesa di un'indagine indipendente della Commissione europea che promette "misure appropriate". Al contempo però con il finanziamento dell'Unione Europea in Grecia è pienamente riuscito l'esperimento che ha come obiettivo la riforma del diritto di asilo europeo in un'ottica di maggiore chiusura e contenimento dei profughi negli hotspot. Per noi di Sant'Egidio in mare occorre innanzitutto soccorrere e salvare le persone ed è molto pericoloso attuare azioni di deterrenza".
Dal 2021 la Comunità di Sant'Egidio, insieme a Stili I Rise, è autorizzata dal Governo sammarinese ad operare in territorio nell'ambito della legge sull'affido di minori stranieri non accompagnati. Il vostro compito sarà di individuare i minori da proporre poi ai single o alle coppie che hanno già deciso o decideranno di intraprendere questo percorso. Su quali elementi si baseranno le vostre valutazioni nell'individuare i minori che beneficeranno dell'affido?
"Anzitutto vorrei dire che le nostre valutazioni si basano sulla realtà dei minori che ci troviamo davanti. Sia in Grecia che a Cipro si tratta di minori tra i 14 e i 17 anni, a volte con altri fratelli minori. A Cipro, nei centri di accoglienza per minori, ci siamo trovati davanti a grandi numeri di ragazzine minorenni provenienti dall'Africa: Somalia, Nigeria, Congo, Camerun. Poche di loro hanno compiuto un ciclo di istruzione completo ma hanno molta voglia di studiare. Alcune, orfane, fuggono da situazioni familiari, altre hanno rischiato di rimanere imbrigliate nella tratta. Nell'ultima missione nel dicembre del 2023, il campo profughi di Poumara, contava circa 200 giovanissimi siriani appena sbarcati, figli di una guerra che dura dal 2011. La guerra li ha segnati al punto da impedirgli l'accesso all'istruzione. Dal 2019 accogliamo insieme alla Comunità Papa Giovanni XXIII ed altre realtà minori e neo-maggiorenni dalla Grecia. Queste esperienze non vanno concepite come percorsi rigidamente preordinati. Si tratta di accompagnare questi adolescenti per un pezzo di strada finché non troveranno la loro. E' un avventura bella ma bisogna essere disponibili ad aggiustare il tiro in corso d'opera".
Può darci un'idea del minore tipo che potrebbe beneficiare dell'affidamento?
"Cercheremo di individuare i minori più piccoli, con i quali è possibile pensare un percorso di istruzione a lungo termine e per i quali la dimensione affettiva della famiglia è più necessaria. Saranno, possibilmente, minori che non presentano particolari fragilità dal punto di vista psicologico. Tuttavia non stiamo parlando di bambini piccoli, sia per l'età sia per il bagaglio di esperienze vissute".
La legge sammarinese, nonostante non sia formulata in modo rigido, così da evitare di porre sul soggetto affidatario un peso eccessivamente oneroso, richiede a quest'ultimo di favorire, laddove sia possibile, il mantenimento dei contatti tra il minore affidato e la famiglia d'origine. Secondo la sua esperienza, come potrebbe essere curato questo contatto da parte del soggetto affidatario?
"Quella del rapporto con la famiglia è una pagina delicata. Ci sono genitori che attraverso i figli chiamano la famiglia affidatala per ringraziare di essersi presi cura di loro e ci sono figli che a volte non vogliono riprendere contatto con i genitori per vari motivi. Sicuramente lì dove c'è un desiderio espresso dal minore è utile stabilire un contatto anche tramite videochiamate per raccontare come va, i progressi. Ci può essere a volte da parte della famiglia di origine un focus sul trovare presto un lavoro per aiutare i parenti in patria. Sono problemi da gestire con serenità e senza pregiudizi. Non è da escludere che i ragazzi vogliano chiedere un ricongiungimento familiare ma questo deve essere affrontato caso per caso. Questi delicati aspetti dell'affido, tuttavia, possono essere supportati dalla Comunità di Sant'Egidio, attraverso canali di dialogo e collaborazione".
Della sua esperienza di Coordinatrice dei Corridoi Umanitari può condividerci un ricordo particolarmente felice?

"Con piacere vi racconto una storia che si è dipanata tra Cipro, il Libano e la Siria. Abbiamo incontrato in un hotspot di Cipro un uomo siriano disperato. Arrivato in barca dal Libano con i familiari si è risvegliato in ospedale senza i suoi. A seguito di un grave malore, era stato fatto scendere in emergenza mentre la sua famiglia non era sbarcata a causa di un respingimento da parte delle autorità cipriote. Quest'uomo ha avuto fiducia in noi ed è venuto in Italia con il corridoio umanitario da Cipro. Dopo qualche mese abbiamo rintracciato la moglie e i bambini in Libano e con un altro corridoio li abbiamo ricongiunti in Italia. Immaginate la gioia?"
Quali consigli darebbe ad una persona che sta valutando se avvicinarsi all'esperienza dell'affido?
"Consiglierei di aprirsi a questa esperienza senza farsi troppe idee o aspettarsi dei risultati. Ogni minore è diverso. Alcuni hanno sogni grandi, altri hanno sogni piccoli. Mi diceva un minore pakistano a Cipro: "Vorrei venire in Italia per fare il rider e portare la pizza nelle case!" Come dicevo si tratta di accompagnare una fase della vita. I ragazzi potrebbero poi decidere di andare altrove, ma almeno gli abbiamo salvato la vita, oppure rimanere uniti ai genitori affidatari da nuovi legami di affetto. Due insegnanti di Milano, appena andati in pensione, con i figli ormai grandi hanno accolto in emergenza, perché i parenti non lo volevano più, un ragazzo egiziano di quasi 18 anni. Si sono ritrovati a fare la parte dei nonni. Quella che doveva essere un'esperienza ponte di massimo un anno si è tramutata in una nuova famiglia". 

[ Paolo Berardi ]