La lezione di pace di La Pira

La lezione di pace di La Pira

Con l'ottimismo dettato dalla fede, Giorgio La Pira sosteneva nel 1962 che «la terza guerra mondiale è ormai fisicamente impossibile». Invece, a distanza di mezzo secolo, la famiglia umana fa i conti con quella che papa Francesco ha definito la «terza guerra mondiale a pezzi». Non aveva visto lontano il sindaco "santo" di Firenze di cui è in corso la causa di beatificazione?
Se ci fermassimo al contingente, sì. Perché appena un mese dopo le sue parole sarebbe scoppiata la crisi di Cuba; poi la guerra in Vietnam. E oggi oltre cinquanta conflitti insanguinano il pianeta. Eppure l'intuizione di La Pira ha tutti i crismi di chi sa andare oltre. Come racconta il volume Fede, politica e profezia (InDialogo; pagine 216; euro 18) che, spiega il sottotitolo, intende far comprende l'«attualità di Giorgio La Pira in un mondo in cerca di pace». Di fronte a un nuovo «crinale apocalittico» - espressione dell'ex padre costituente citata dal capo dello Stato, Sergio Mattarella, nel Giorno della memoria - «al metodo della guerra bisognerà sostituire il metodo della pace: il metodo del negoziato, dell'incontro, della convergenza».
Quello che lui stesso ha praticato nei Paesi del Mediterraneo, fra il blocco occidentale e quello sovietico (arrivando fino a Mosca), in Vietnam (volando ad Hanoi). Dialogare con il lontano, con il nemico. Regola che oggi viene quasi rinnegata da un certo oltranzismo ideologico. Ma La Pira «ottenne dal presidente Ho Chi Minh la disponibilità a trattative di pace senza la precondirione del ritiro delle truppe Usa» anche se l'operazione venne vanificata dalla stampa americana, riferiscono Claudio Turrini e Giovanni Spinoso che hanno curato l'opera omnia di La Pira.
Una lezione da prendere a prestito, ad esempio, per l'Ucraina.
Il loro saggio è uno di quelli che compongono il libro curato da Alberto Mattioli. Il volume esce per il 120° della nascita del mistico prestato alla politica e viene presentato a Milano domani alle 18 a Palazzo Marino da Mattioli assieme a due degli autori dei contributi inseriti nella pubblicazione: Patrizia Giunti, presidente della Fondazione La Pira, e Agostino Giovagnoli, docente alla Cattolica. Con loro l'ex direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, e il presidente provinciale Acli, Andrea Villa.
Nel volume si alternano testi di La Pira ad analisi di studiosi del suo pensiero: dal postulatore padre Gianni Festa al "discepolo" Mario Primicerio. Un pensiero animato da quella «storiografia del profondo» citata nel libro da Andrea Riccardi che vede «la storia percorsa da tensioni unitive» che conducono «i popoli verso un destino di unità». Sapeva il parlamentare di essere considerato utopista, sia nella sua Dc sia all'interno della Chiesa. Ma ripeteva che «il senso della storia presente» porta all'«inevitabilità della pace universale», del «disarmo», della «promozione dei popoli». L'alternativa è la «distruzione del mondo». Era convinto che si dovesse iniziare dalla Terra Santa e dalla riconciliazione fra arabi e israeliani, uniti da un «comune destino». Spunti da riproporre adesso mentre le bombe cadono sui due popoli. Insieme con l'idea che l'Italia ha un suo ruolo da giocare purché non «si rannicchi nell'Alleanza Atlantica», avverte Riccardi. E insieme con lo stimolo al mondo cattolico che non bastano «le mura silenziose dell'orazione» ma serve sporcarsi le mani nella politica che «non è estranea al cristianesimo» ed è «impegno di umanità e santità».
 
 

[ Giacomo Gambassi ]